Guerre e Pace ovvero la frammentazione mondiale

 

Guerre e Pace ovvero la frammentazione mondiale


Tiziano Tussi





Segnalo che l'intitolazione per questo scritto deriva dal titolo di una rivista degli anni '90 pubblicata dal movimento pacifista, direttore Walter Peruzzi, un doveroso omaggio a una delle tante imprese del movimento di quegli anni, e dal titolo di un libro di Roland Barthes; Frammenti di un discorso amoroso del 1977.

Per iniziare: un accenno a Gandhi. Quando lessi le affermazioni che poi dico mi erano sembrate un po' troppo ingenue.  Oggi mi sono ricreduto ed ho capito la loro validità. Gandhi in articoli del 1940, riportati nel libro Teoria e pratica del non-violenza (1973), ci dice che resistere con violenza ai nazisti era inutile e che comunque anche nel caso che questi avessero conquistato l'Inghilterra ed altri territori poi che cosa se ne sarebbero fatti? Rispondere con la non-violenza alla violenza appariva a Gandhi l'unica via da percorrere. Una sorta di messa in luce dell'inutilità delle conquiste imperialistiche.

Lo stesso si può dire per la Russia di Putin: dopo avere conquistato l'Ucraina, la Polonia, la Romania e che altro, ammesso e non concesso che lo voglia fare, come potrebbe usare tali conquiste? In effetti, anche quando un fenomeno di conquista cerca la sua soddisfazione cosa poi di ciò che conquista se ne fa? La domanda appare scontata proprio ora in una situazione così complessa a causa dei due momenti topici di scontro acuto: Ucraina ed Israele, ma dimenticandoci però degli altri combattimenti e tragedie militari nel resto del mondo. Piccola elencazione: Sudan, Rohingya tra Myanmar e Bangladesh, Yemen, Libia. Questi i più chiari nel loro accadere. Ecco venire alla luce la frammentazione.

Ogni guerra dimostra quel che è, in alternativa e/o in coordinazione con altre guerre. Un elemento unico come tentativo di risoluzione generale non c'è. Finito il periodo del colonialismo e del neocolonialismo ecco apparire l'unica motivazione senza senso che traspare da questi frammenti: il denaro o equipollente che trascina con sé il potere per produrlo. Pare quindi che avesse ragione Francis Fukuyama quando scrisse sulla fine della storia, in altro contesto. Il capitalismo internazionale non esprime più nessuna narrazione storica. Il suo essere nudo di fronte alla storia lo ha reso frammentato senza più un cervello pensante unico né un cuore che pulsa per tutti. Ogni frammento si comporta indipendentemente dagli altri e ne può trovare coordinazione casualmente, oppure può perderla sempre casualmente.

Parlare perciò di pace appare insensato, in questa prospettiva, ma è ad essa che noi dobbiamo mirare. Pare perciò che continuare a perseguire azioni di disturbo dell'equilibrio di pace, dove ancora esiste, sia ora lo sport preferito di alcuni Paesi più di altri. Adesso anche la Polonia si è messa a soffiare sul fuoco per arrivare non si sa dove.  Ricordo che prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale i polacchi per bocca del loro ministro della difesa dissero, a proposito della situazione che si stava formando: "Con i tedeschi rischiamo di perdere la nostra libertà, coi Russi la nostra anima." Andando così a ripescare gli scontri del passato e del trapassato storico tra polacchi e russi, sia per questioni di potere sia per questioni religiose. La Polonia è una eccezione cattolica in un mare di protestantesimo che le sta attorno. Ma sappiamo poi cosa accadde durante il secondo conflitto, morti a quantità industriale.

La frenesia per la guerra la si può vedere nella politica che Zelensky porta avanti in questo momento critico per l'Ucraina. È da circa tre anni che cerca armi ad ogni occasione e che ha mandato al fronte sempre più classi di età per cercare di rimpinguare il suo esercito e le morti nello stesso, morti, feriti, prigionieri. Certo che l'inizio del conflitto è stato causato fisicamente da Putin, al di là delle motivazioni anche giuste che poteva avere, dal suo punto di vista, ma almeno lui non ha problemi di quantità di uomini da mandare al macello.  Seppur scappatoie verso la guerra sono presenti in Russia, in Ucraina sono endemiche. I giovani e gli adulti ucraini quando possono scappano dall'arruolamento. La leva è stata portata dai 25 anni sino ai 60. E gli uomini da 18 ai 60 anni non possono lasciare il paese. Nella nazione ucraina vige un controllo da parte del gruppo di centro politico con apporti da formazioni di destra, sulla situazione politica e sociale. Alcuni partiti di sinistra sono stati espulsi dal parlamento. O dichiarati illegali. Insomma, un irrigidimento di posizioni che ci dimostrano come la guerra sia una continuazione della vita sociale. Questo comportamento è accettato nel mondo liberale e conservatore a livello internazionale.

Un episodio inquietante. Si è svolto a Ventotene, considerata patria sacrale dell'Europa unita, un simposio in cui alcune rappresentanti ucraine, che hanno ottenuto tramite la loro associazione Centro per le libertà civili, nel 2022, il premio Nobel per la pace, hanno proposto analisi, ancora una volta, per alzare in ogni modo lo scontro con Putin. Quindi armi, e soldi, e sanzioni per la Russia. Siamo al 19° pacchetto sanzionatorio. Una delle partecipanti era vestita in tuta mimetica, sottolineo, a Ventotene culla dell'Europa di pace. Parole dette: Putin ha minacciato l'Ucraina e l'ha attaccata, adesso invece è il turno della Polonia - l'Ucraina deve diventare un esempio di democrazia -  l'attacco alla Polonia è un test per capire se poi fare di più - Putin capisce solo la forza ed allora anche gli USA dovranno usarla - bisogna utilizzare i 300 miliardi russi nelle casse delle banche europee per obiettivi come la difesa, risarcimenti per le  vittime e ricostruzione in Ucraina - se non si ferma Putin ora, gli europei saranno le prossime vittime - forse dopo la guerra Zelensky avrà lo stesso destino di Churchill, che vinse la seconda guerra mondiale ma non le elezioni successive - abbiamo il più grande esercito in Europa.

Dette tutte queste cosa a cosa servono? Si potrebbe invece rispondere come fece Gandhi per i nazisti - lasciateli fare e vedremo cosa ne faranno dei territori conquistati, oppure mediando un poco sulla radicalità del pacifista indiano, cercare veramente di uscire dai conflitti dimostrando di volerlo fare con grande razionalità. Cosa fare e cosa non fare per produrre un comportamento repressivo e violento verso un altro pese. Putin deve anche lui capire che con la violenza si arriva a non molto. Vivere in pace è meglio che vivere in guerra.

E se non si vuole che il solo afflato religioso tenga in piedi una qualche interpretazione umana, sia dal lato cattolico-cristiano, sa da quello islamico, per citare solo le religioni più seguite, occorre cercare di uscire dalla frammentazione, avendola ben presente, dato che la frammentazione generale impedisce un discorso razionale o quantomeno banale. La spinta è verso l'accaparramento di posizioni di profitto. E quindi chi vuole opporsi a tale deriva deve capire di dover purtroppo agire in estrema solitudine. "Il discorso amoroso è oggi d'una estrema solitudine." (Roland Barthes, 1977) Così come lo scontro con la profonda bestialità dell'imposizione capitalistica è anch'esso di una estrema solitudine. Ma non dobbiamo fare della permanenza capitalistica un ostacolo insormontabile. L'uscita dalla bestialità è un imperativo categorico, per chi lo riconosce. "…trascinato nella deriva dell'inattuale, espulso da ogni forma di gregarietà, non gli resta nient'altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di una affermazione." (Roland Barthes, 1977) Barthes parla del discorso d'amore ma l'annotazione va bene anche per l'uscita dal capitalismo.


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