E’ in corso una battaglia morale e politica: quella tra chi costruisce armi ed erige muri e chi continua a salpare
La nuova Flotilla verso Gaza: un corridoio umanitario, ma anche umano. E’ in corso una battaglia morale e politica: quella tra chi costruisce armi ed erige muri e chi continua a salpare
Laura Tussi5
Sta per entrare nella cosiddetta “zona rossa” del Mediterraneo la Conscience, la nave salpata una settimana fa dal porto di Otranto per unirsi alla nuova Global Sumud Flotilla diretta verso Gaza. A bordo, sei italiani tra cui il chirurgo Riccardo Corradini, confermando che l’arrivo in prossimità delle acque sorvegliate da Israele sia previsto entro mercoledì. “Il nostro obiettivo – dice Corradini – è portare aiuti e testimonianza, in una missione che unisce centinaia di persone da tutto il mondo nel nome della pace e della giustizia”.
“Vogliamo aprire un corridoio umanitario, ma anche umano”, spiega il medico che ha già lavorato nella Striscia e che è stato il primo e l’unico studente ad aver fatto l’Erasmus a Gaza nel 2019 (la sua storia ha ispirato il film ‘Erasmus in Gaza’) –. Noi ci mettiamo i nostri camici. Gaza è l’unico posto al mondo in cui io da medico non posso andare a dare una mano ai miei colleghi, che non solo sono stremati, perché lavorano senza sosta e senza mezzi, ma rischiano la vita ogni giorno perché li ammazzano, li arrestano, li torturano”.
Tra loro anche 13 cittadini brasiliani, tra cui la deputata Luizianne Lins del Partito dei Lavoratori (PT). Detenuti per alcuni giorni nel centro penitenziario di Ketziot, nel deserto del Negev, sono stati poi trasferiti in Giordania grazie all’intervento dell’ambasciata di Brasilia a Tel Aviv. “È inaccettabile – ha dichiarato la deputata – che Israele continui a violare il diritto internazionale impedendo ai civili di portare aiuti umanitari e punendo chi osa testimoniare la sofferenza del popolo palestinese”.
La vicenda ha suscitato reazioni forti da parte di numerosi governi e organizzazioni internazionali. L’ONU ha ribadito la necessità di “garantire la libertà di movimento agli operatori umanitari e il diritto di accesso agli aiuti”, mentre Amnesty International ha denunciato “l’uso sistematico della detenzione arbitraria e della deportazione come strumenti di intimidazione verso chi documenta i crimini di guerra”. Greta Thunberg, rilasciata da Israele assieme a 15 italiani della Global Sumud Flotilla, arrivando all’aeroporto di Atene ha raccontato la sua esperienza. “Potrei parlare a lungo dei nostri maltrattamenti e degli abusi in prigione, ma credetemi, questa non è la notizia. Quello che succede qui è che Israele, mentre continuano a peggiorare e aumentare il loro genocidio e distruzione di massa, ha violato di nuovo il diritto internazionale impedendo che aiuti umanitari arrivassero a Gaza mentre si fanno morire di fame le persone”.
Proprio l’attivista svedese – come ha raccontato ai microfoni della Cnn turca il giornalista Ersin Celik, che ha condiviso il viaggio su un’imbarcazione della Flotilla – è stata “maltrattata più di tutti gli altri e umiliata. Le hanno messo la bandiera israeliana addosso, la insultavano in ebraico, sputavano a terra vicino a lei, ma lei aveva un sorrisetto che li faceva sbroccare” ha concluso Celik.
“Israele mi ha rifiutato l’ingresso, non posso più rientrare a Gaza. Io – dichiara Guidetti nel video – ero uno dei pochi operatori internazionali a raccontare tutti i giorni quello che accadeva sul campo e quindi ero scomodo per Israele. Ricordiamo che la stampa internazionale a Gaza purtroppo non può entrare e la stampa locale palestinese viene uccisa e fatta fuori. Quindi, noi siamo gli unici operatori umanitari internazionali che possiamo raccontare quello che vediamo”.
“Adesso – chiarisce Giudetti – sono in Italia e sto andando da Nord a Sud per fare incontri e raccontare quello che ho visto con i miei occhi dall’inferno di Gaza”. Recentemente ha partecipato ad una manifestazione pro Gaza a Taranto, riferendo di aver trascorso nove mesi a Deir el Balah, nel Sud della Striscia, dove “bombardano – ha sottolineato – via nave, con carri armati, cecchini, droni, elicotteri, aerei. E di notte i bombardamenti si intensificano, perché la gente dorme nelle tende e puoi ammazzarne di più”.
La sua testimonianza, come quella dei tanti attivisti della Global Sumud Flotilla, riporta al centro del dibattito internazionale la questione palestinese, che torna a scuotere le coscienze dei popoli. Le navi che solcano oggi il Mediterraneo non sono solo cariche di aiuti umanitari, ma di un messaggio politico e morale: la solidarietà internazionale non può essere criminalizzata, e la voce dei popoli non può essere deportata.
In Italia, numerose organizzazioni non governative hanno espresso solidarietà ai partecipanti della Flotilla, denunciando l’uso della forza contro missioni civili e chiedendo un’inchiesta indipendente sull’operato israeliano in acque internazionali. Emergency, Mediterranea Saving Humans, Un Ponte Per e ARCI hanno diffuso una dichiarazione congiunta nella quale si afferma che “l’azione degli attivisti rappresenta la più alta espressione del diritto umanitario e della disobbedienza civile nonviolenta. L’assedio di Gaza è una ferita al diritto internazionale e alla coscienza del mondo, e chi lo sfida merita sostegno, non repressione”.
In questo senso, le reazioni delle Nazioni Unite, delle Ong e delle principali organizzazioni per i diritti umani assumono un valore simbolico e concreto: la Flotilla non è soltanto una sfida alle acque blindate da Israele, ma un atto di resistenza civile che rimette in discussione la legalità stessa del blocco su Gaza e la complicità silenziosa dell’Occidente.
Il Mediterraneo torna così a essere teatro di una battaglia morale e politica: quella tra chi costruisce muri e chi continua a salpare, portando con sé la speranza che la solidarietà non venga mai ridotta al silenzio.

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