Erosione potere di acquisto dei salari

 Da 40 anni i salari italiani perdono potere di acquisto, ancora una volta, in occasione della Legge di Bilancio, non si intravede una inversione di marcia.



La distribuzione dei salari e una equa ripartizione delle tasse (con il meccanismo della progressività) sono fondamentali per la ripresa dell'ascensore sociale, della mobilità ma anche per costruire una società con minori disuguaglianze, la questione non può essere più elusa vista la situazione sociale in cui ci troviamo con l'aumento della povertà relativa e di quella assoluta.
La manovra di Bilancio per il 2026 sarà in grado di raggiungere questi obiettivi e saranno sufficienti i rinnovi contrattuali al ribasso e le detassazioni del salario accessorio?
Risposta negativa se confrontiamo solo i dati della inflazione e quelli relativi ai rinnovi contrattuali, gli effetti della manovra fiscale con le detassazioni e le cifre effettive e nette nelle future buste paga. 
 
Il  lavoro povero si combatte in altro modo ossia
  • con aumenti contrattuali adeguati al costo della vita
  • con uno stanziamento straordinario e una tantum che recuperi la erosione del passato (se non tutta almeno in parte)
  • con finanziamenti che non siano a mero discapito dei servizi del welfare

Dove potremmo trovare i soldi? Dalla tassazione dei grandi capitali, dalla revisione della tassa di eredità (tra le più basse del mondo), dal forte ridimensionamento dei regali fiscali accordati alle imprese.

 
E invece? Pensano a nuova riduzione dell’aliquota sostitutiva applicata ai premi di risultato, dal 5% all’1%, Ci chiediamo come sia possibile che la Cgil, per bocca di Landini parli della detassazione come una buona notizia quando poi a pagarne il fio saranno i servizi pubblici. La tentazione di alcuni è portare a casa dei risultati parziali per poi cantar vittoria, ad esempio una legge sul salario minimo legale quando molti contratti applicati hanno paghe orarie ancora inferiori a 9 euro. Si vuole una legge che affermi un principio poi disatteso nella contrattazione sindacale?

Le regole vigenti sulla indennità di vacanza contrattuale hanno fatto slittare i tempi dei rinnovi per la miseria della IDV mensile , pochi euro con ritardi anche di 3 anni rispetto alla data di scadenza di un CCNL come per altro si evince dalle periodiche rilevazioni di ISTAT sulle retribuzioni contrattuali 
 
Tra i 46 contratti nazionali più grandi (quelli che si applicano a più di 50.000 dipendenti) solo 7 risultano già scaduti e 4 arriveranno a scadenza entro la fine del 2025. Tra questi ultimi figurano i contratti della gomma-plastica (codice B371), del settore socio-assistenziale (T141), del legno-arredo (F051) e delle cooperative sociali (T151), che interessano 465.328 lavoratori. Sono invece 2.645.705 i dipendenti coperti da contratti già scaduti: tra i principali figurano quelli dell’industria metalmeccanica (C011) e della piccola e media industria meccanica (C018), dei servizi ambientali (T011), delle imprese artigiane di pulizia (K521), delle farmacie private (H121), dell’industria della carta (G022) e delle assicurazioni (J121).
 
 
Se ci si muove nell'alveo della detassazione (creando per altro nuove disparità di trattamento tra i contratti già siglati e quelli destinati al rinnovo nei prossimi mesi oggetto di sgravi fiscali ulteriori) si va poco lontano e non si affrontano le cause strutturali. Serve un cambio di rotta per restituire dignità e potere di acquisto ai nostri salari senza sottrarre risorse al welfare

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