Valutazione o performance del dipendente pubblico

La riforma della valutazione dei dipendenti pubblici è in arrivo e con essa vengono accantonate le famose griglie della Legge Brunetta , quelle per intenderci che escludevano il 25% del personal da ogni forma di salario accessorio

Nei prossimi mesi, con i nuovi contratti nazionali, ne sapremo di più.

Ma sarebbe stupido cantare vittoria perché il superamento della Brunetta è dettato da altre ragioni, prima tra tutte la difficile praticabilità di una riforma costruita a tavolino e in astratto.

Ora con i sindacati stanno preparando nuove regole che tuttavia si muovono nell'alveo della stessa Legge Brunetta , in nome della cosiddetta premialità.

I «premi» di produttività a detta del Governo, e dei sindacati, non devono trasformarsi in una componente fissa della busta paga. il che fa presagire scenari ancor peggiori di quelli della Brunetta con attacchi al salario e una distribuzione dello stesso ad escludere sempre e comunque parte del personale.

In attesa di conoscere i dati, si annuncia una valutazione legata ai risultati dell'ufficio e della direzione , quindi molto dipenderà dal dirigente, da come i vari SIndaci e direttori sanitari gestiranno il piano del personale, i carichi di lavoro.
Un ufficio potrà essere penalizzato se ritenuto non strategico, la stessa pesatura delle direzioni è funzionale ai programmi di mandato e pertanto discrezionale

Tutto da vedere se varrà di piu' la valutazione dell'ufficio o della direzione rispetto a quella individuale, puo' anche verificarsi che dei dipendenti possano pagare colpe non loro

Le nuove pagelle dovranno quindi strutturarsi in base a parametri dei quali ancora si sa ben poco e che saranno calati dall'alto, dai contratti nazionali che sanciranno la fine della erogazione del salario accessorio secondo criteri improntati ad equità, a uguaglianza del trattamento, certi che l'obiettivo sarà quello di ostacolare le progressioni di carriera che come sappiamo portano salario aggiuntivo

Si annuncia quindi la ennesima riforma a perdere con obiettivi «generali» indicati dal governo (d’intesa con gli amministratori) e legati alle cosiddette priorità strategiche che spesso e volentieri sono la riduzione dei costi, della spesa e del pareggio di bilancio (i riflessi del fiscal compact si sentiranno anche in questi ambiti)

Poi ci saranno i secondi livelli, quelli propri di ogni amministrazione decisi vertici politici e amministrativi. E i contratti nazionali?

Invece di accrescere diritti, tutele e salario recepiranno il concetto base della cosiddetta riforma, ossia la «significativa differenziazione» dei giudizi, a cui dovrà corrispondere una «effettiva diversificazione dei trattamenti economici».

Come vediamo , per usare un proverbio, dalla padella alla fossa dei braci, si resta dentro una logica improntata a forti differenziazioni salariali con la novità che queste disparità saranno non solo demandate al secondo livello di contrattazione ma saranno ben definite nel primo livello, nei contratti nazionali.

Non c'è da essere fieri di questa ultima "conquista" dei sindacati rappresentativi

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