Catalogna e Lombardia


riceviamo e pubblichiamo un corsivo di Tiziano Tussi



Ora, nel pieno della questione catalana, si può trovare, proposta sulla stampa italiana, una avventata e pericolosa equiparazione tra quel referendum, appena fatto, ed i nostri due regionali del 22 ottobre prossimo. Alcuni politici a volte ammiccano a detta corrispondenza: in modo avventato perché non è assolutamente possibile avvicinare queste consultazioni; in modo pericoloso perché lasciare nelle mani di politici incapaci tale delicato discorso potrebbe dare come risultato derive sorprendenti.

La storia ed il tempo storico sono, se non si è accorti nel trattarli, armi che poi non si riesce più a gestire. Partiamo dalla Catalogna, a cui Orwell, durante la guerra civile spagnola aveva elevato più di un omaggio. Pare che poco vi sia rimasta di tanta decenza e civiltà.

Quanti hanno votato? Circa il 40% degli aventi diritto; i risultati: il 90% circa ha detto sì all'indipendenza, il 10% ha detto no. Quindi siamo, calcoli approssimativi, attorno al 38% di voti per l'indipendenza. Bastano per un passo così importante? Non pare proprio. Il governo centrale spagnolo si è comportamento politicamente in modo intelligente? Anche a questa domanda si deve rispondere di no. Ma per ora rimaniamo dalla parte di chi ha votato, della Catalogna. Probabilmente ora anche i leader del governo locale, tenuto assieme con un poco di colla, basti vederne la composizione, hanno fra le mani il risultato del referendum di domenica appoggiati da una minoranza del paese catalano non sanno bene cosa fare. Dire a chi ha votato sì, una forte minoranza, che insomma l'indipendenza forse non ci sarà? Pare difficile. Dire che invece si prosegue verso quella strada con il loro solo apporto, appunto con l'ausilio e l'appoggio di una minoranza pare possibile? Difficile. Ecco il famoso cul de sac.

Vogliamo infilarci anche noi in questo via senza uscita? Per di più con politici dalla chiara capacità di movimento quali Salvini e Maroni? Pare anche questo un pochettino avventato, troppo generoso.

Forse il capitalismo, in questo caso bancario, ci ha già pensato e farà sentire, già lo sta facendo, il suo peso. Il Sole 24 ore di domenica 8 ottobre ci fa conoscere come, al pari che per la Brexit, così per la Catalogna, le banche si stiano già riposizionando. A Londra persino il prezzo delle abitazioni sta scendendo a tutto favore di luoghi dove si pensa debba esserci una concentrazione significativa di banche e banchieri. Questi si trasferiranno, si stanno già trasferendo a Francoforte e Dublino. Come i topi appestati vicini alla morte escono all'aperto e che cercano il sole, anche le banche si spostano. E dalla Catalogna migrano in altre parti della Spagna.

Curiosi spostamenti che al di là di difficoltà per eventuali cambi di posizioni internazionali, dimostrano che le banalità e gli evviva per le potenze della rete che unisce, sul mondo ad una sola dimensione, di rete appunto, quando le strutture statali cambiano, come nel caso dell'Inghilterra e/o prospettano cambiamenti significativi, il capitale, finanziario in questo caso, subito cerca posizioni più comode e facili per mantenere i guadagni bancari. E' chiaro che con la rete è facile arrivare ovunque, ma è altrettanto possibile pensare che una più tranquilla situazione statale possa favorire tali profitti.

In ogni caso ciò che ci interessa è veder come nel capitalismo gli operatori finanziari capiscano presto cosa è meglio fare. Questo porterà difficoltà e rimpianti a chi vuole gestire, nel capitalismo, pratiche indipendentistiche a livello ideologico più o meno avventate che siano. Siamo pronti anche noi per tali evenienze?

La Spagna tornerebbe a prima del 1469, matrimonio tra Ferdinando ed Isabella che ha unificato i Paese. Il tutto appare sensato?

Da noi, per qualche acuto teorico leghista si avrebbe il ritorno al Lombardo-Veneto, o solo alla Lombardia senza il Veneto o viceversa (?!?), di risorgimentale struttura. A quando il Regno delle due Sicilie, il granducato di Toscana, e perché no, le Legazioni pontificie?

Finché la politica si limita a giocare con secchiello e paletta sulla riva del mare, a costruire formine di sabbia, poco importa. Ma quando le loro formine di sabbia ci cadono addosso, nella vita reale, possono farci anche male. Meglio evitare.


 www.resistenze.org

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