Lombardo Veneto non è la Catalogna

Lombardo Veneto: il plebiscito che non c'è

Tiziano Tussi

23/10/2017

E adesso che ce ne facciamo di questi risultati? Referendum consultivi di domenica 22 ottobre sul tema, ovvio, che diceva, più o meno: vorreste avere più soldi nelle vostre regioni? Solo ad un estremista fanatico statalista poteva venire in mente di dire che non li voleva questi soldi nella sua regione oppure ad uno che ragionasse in termini di solidarietà, perequazione delle differenze sociali e regionali, dato che siamo ancora in uno stato nazionale e non nel Lombardo-Veneto di rinascimentale memoria, tra l'altro, allora, colonia austriaca. Nel Veneto, regione in cui era stato messo il quorum, solito, del 50% più uno degli aventi diritto ha votato in maggioranza relativa per il quesito; in Lombardia, dove il quorum non c'era, il risultato è stato inferiore alla soglia del 50% più uno. Ma tant'è.

Intanto perché in Veneto vi era la soglia da superare e in Lombardia all'opposto non c'era? Non si capisce bene e non risponde, la differenza, ad una chiara razionalità. È stato così. Il risultato ha premiato chi ha voluto "strafare", Zaia, presidente della regione veneta, anche se loro, i presidenti, si chiamano governatori, del Vento, mentre ha bollato in modo insoddisfacente Maroni, il lombardo della situazione. Poi ognuno ha vantato il suo risultato. Ma se si cercano, in "rete", dove c'è di tutto i dati effettivi la precisione sull'affluenza viene annacquata in considerazioni di vario titolo. Prendendo per buono Il Sole 24 ore, online, si legge che nel Veneto si è recato alle urne il 57,2% degli aventi diritto, con una preponderanza del Sì di circa il 98%, ma anche qui i dati differiscono da sito a sito, anche se di poco; mentre in Lombardia siamo al 38,5% con il sì al 95% circa. Calcoliamo un po' e si vede che sia in un caso che nell'altro non vi è stata un plebiscito attorno a domande così ovvie. E per arrivare a tale stratosferico risultato la Lega deve ringraziare il Movimento 5 stelle, che lo ha supportato, ed il cincischiamento del Partito Democratico che insomma, va bene, forse, ma andiamo o no a votare. Insomma un coacervo di posizioni così idiote, politicamente, è ovvio, che hanno permesso a due entità politiche un po' bollite e ribollite, come nel caso della Lombardia, di fare la voce grossa…per che cosa?

Come avevamo già scritto qualche settimana fa – il 12 ottobre, stesso luogo - si avvia un contenzioso politico-economico assurdo, e sarebbe il caso che qualcuno fermasse questo giochino inutile e dannoso subito dato anche il perverso esempio di quello tra la Catalogna ed il potere centrale spagnolo. Possiamo almeno sperare in un Rajoy nostrano che sappia stoppare le questioni sul nascere? Dobbiamo sperare in questo assurdo?

Pare che nel nostro Paese non ci si possa fidare veramente di nessuno. Intanto che le cose iniziamo a marciare, male, verso una situazione poco controllabile, abbiamo il leader maximo Renzi in giro in treno, il capo del governo che non si perita di fare sentire una voce salda e chiara verso questa questione – il rapporto regioni-stato centrale – dopo che il suo partito ha cambiato il titolo V della Costituzione anni fa, nel 2001, mettendo al suo interno un guazzabuglio di priorità su temi che si trovano in accavallamenti inestricabili tra regione e stato centrale.

L'idea che la centralità dello stato debba ben configurarsi con il potere locale non riesce a fare diventare statisti un gruppo di politici che si fermano di fronte a questioni ben reali – criminalità, esternalizzazioni, sprechi e corruzione. Questi appaiono temi importanti e significativi per ogni stato moderno. Temi che andrebbero affrontati e risolti ma che, per incapacità dei nostri dirigenti, vengono annacquati in considerazioni e giri di valzer attorno a questioni ben più importanti, ma per loro, in realtà di scarso significato strutturale. Quando non si riesce a fare nulla allora si butta l'attenzione della pubblica opinione su tematiche tangenziali, per carità importanti anch'esse, ma che poco hanno attinenza ad esempio con la scomparsa quasi totale di un lavoro retribuito, effettivamente retribuito. C'è voluto il solito Crozza, altro comico, per sentire consigliare al ministro Fedeli, per la riuscita dell'alternanza scuola-lavoro questa ovvietà: ministro faccia corrispondere al lavoro anche uno stipendio relativo. Questo appare come rivoluzionario pensate uno stipendio che stia dietro un lavoro.

Referendum pasticciati, voglie poltiche dette e non dette, un oscuro orizzonte politico spacciato per una riforma, portano solo a guai futuri di difficile entità e configurazione. Fermiamo gli incapaci finché le cose sono ancora così leggere. Alla luce di queste considerazioni è stata assolutamente una leggerezza essere andati ai seggi. Ed anche la misera percentuale, in Lombardia del 38,5% circa degli affluenti, è stato comunque un 38,5% di troppo.



www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 23-10-17 - n. 648

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