I beni culturali ai privati? Meglio di no visti i risultati

 Da anni ormai una lotta strenua dei professionisti dei beni culturali ha richiamato l'attenzione sulla cattiva gestione operata dallo Stato e dalla tendenza diffusa a sostituire personale contrattualizzato con figure di volontariato.

Cosi' facendo migliaia di lavoratori\trici sono stati inesorabilmente espulsi dalle loro attività professionali per sostituirli con personale Volontario a titolo gratuito o con semplici rimborsi spesa.

Dopo gli anni delle cooperative alle quali affidare gestioni dei beni culturali a costi irrisori (e salari da fame) si è passati a Fondazioni e associazioni ma i risultati ottenuti sono così deludenti da imporre non solo una autocritica ma una vera e propria inversione di tendenza.

Dei 13 immobili tra castelli, chiese e ville storiche, messe a bando anni fa, ben pochi sono quelli aperti. come riporta Il Fatto Quotidiano.

Vale la pena affidare dei beni di Stato a soggetti privati che potranno a loro volta imporre dei biglietti per accedere a luoghi pubblici? Lo Stato da una parte risparmia i costi di gestione ma dall'altra siamo certi che i beni culturali siano valorizzati e accessibili a tutti\e? La risposta è ovviamente negativa.

Quanti sono i beni demaniali in concessione e quanti sono aperti accessibili? Una domanda ancora oggi senza risposta.

E quale uso verrà fatto da Fondazioni private di questi luoghi pubblici? In certi casi non c'è valorizzazione alcuna e quindi a prevalere resta solo la logica della riduzione di spesa rinunciando a investire in figure indispensabili per la salvaguardia e il rilancio dei beni culturali. Sarà allora il caso di rivedere la politica delle concessioni e della riduzione di spesa se vogliamo non solo valorizzare i beni culturali ma rilanciarli anche in un'ottica di investimento economico e turistico

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