Le civiltà mortali

P. Valery scriveva che le guerre avevano dimostrato quanto mortali fossero le civiltà, se guardiamo agli ultimi due anni di pandemia ci rendiamo conto che la morte ha accompagnato le nostre esistenze con il sorgere di nuove, vecchie e recondite paure.

A distanza di 24 mesi le varianti hanno reso sempre più aggressivo il virus, mutazioni genetiche talvolta così profonde da spiazzare anche la comunità scientifica. E tanto i medici sono lontani da noi quando si tratta di accedere ai servizi della sanità pubblica, alla prevenzione e alla cura (ci riferiamo alle liste di attesa e ai soldi regalati alla sanità privata) quanto sono invece onnipresenti in tv.

Per alcuni filosofi alla fine del tunnel si ritroverà l'uomo dalla cui esperienza ripartire.

In questi due anni ci siamo resi conto delle innumerevoli trasformazioni in corso d'opera in ogni ambito economico e sociale.

La crisi economica sta portando i paesi a capitalismo avanzato a prendere atto della necessità di una riconversione verde dell'economia, giusto per battere sul tempo pericolosi concorrenti asiatici che per quanto tecnologici continuano a far leva sulle risorse energetiche non rinnovabili.

Che questa riconversione possa dimostrarsi meno verde del previsto è scontato visti i  pressanti richiami al nucleare pulito proveniente da paesi e settori economici.

La crisi avrà forse effetti medio lunghi su una economia in continua trasformazione fermo restando che il dominio del capitale sul lavoro, e sull'uomo faber, sta diventando sempre più forte e articolato e in questa ottica stanno anche travolgendo il primato neoliberista dell'individuo sulla collettività. 

Non è casuale che a guidare gli esecutivi nazionali ci siano uomini forti espressione dei poteri economici e politici dominanti, capaci di presentarsi in molteplici vesti:  innovatori, tecnocrati, garanti della coesistenza nazionale.

E questi uomini, se dall'uomo si vuol ri-partire, sono espressione degli interessi capitalistici dominanti che alla occorrenza assumono sembianze e operano scelte innovative se si tratta di salvaguardare i profitti dalla  loro stessa caduta.

Se dai bisogni umani bisogna ripartire per superare una crisi complessa che ormai riguarda molteplici aspetti (sanitari, umanitari, economici, ecologici e politici) sarà bene non dimenticare la tentazione dello Stato forte, dell'alleanza nazionale per superare l'emergenza a giustificare uno stato di eccezione che erode progressivamente le democrazia costituzionali. 

Stati di eccezione  a rappresentare una pericolosa involuzione democratica, leaders politici e sindacali nelle vesti di pater familias per imbonire l'opinione pubblica, la forsennata ricerca di alleanze innaturali nel nome del bene pubblico che poi di pubblico non ha proprio nulla.

Per superare la crisi sistemica bisogna riflettere a lungo su quale siano i prioritari obiettivi da perseguire, una sintesi diventa indispensabile davanti alla frammentazione in mille rivoli delle istanze di movimento. Ad oggi non esiste alcuna forza organizzata capace di fare una sintesi e di mettere tutti d'accordo, chi rivendica la lotta al patriarcato guarda sostanzialmente ai diritti civili e non a quelli sociali, la liberazione dalle culture retrograde e autoritarie non includono la critica allo stato di eccezione ma si piegano alle questioni di genere e non sembrano avere capacità unificanti, il movimento sindacale conflittuale resiste alla alleanza tra Governo Draghi e sindacati rappresentativi ma si sofferma sovente ad una lunga lista di doglianze senza letture e proposte complessive che non siano solo destinate a enunciazioni di principio ma a pratiche condivise e realizzate nella quotidianità.

Chi rivendica la difesa dei beni comuni ripropone una società della cura non riesce a vedere le direzioni intraprese dalla società coroniale tra tagli alla sanità,  copryright sui brevetti, respingimenti e stati di eccezione. Quanti rivendicano diritti civili dimenticano invece quelli sociali....

Se dall'uomo bisognerà ripartire per guardare in avanti, forse  è indispensabile guardare all'uso capitalistico delle scienze e della tecnologia, non basta dire che gli algoritmi sono guidati dall'uomo bisognerebbe piuttosto capire a quale scopo vengono creati e adottati, non ci convince l'idea che l'uomo sia schiavo di altri esseri umani, non siamo tutti uguali anzi le disuguaglianze si acuiscono giorno dopo giorno e le risposte istituzionali salvaguardano alcuni poteri a discapito di altri interessi.

Dopo due anni di morte, ripartire da una lettura della crisi economica e societaria è diventato indispensabile per non cadere nel complottismo o invocare il ritorno alla decrescita felice o una società pre capitalista, urge non restare subalterni alle ideologie autoritarie che sotto innumerevoli forme si stanno materializzando. Si tratta di comprendere il mondo per trasformarlo, le pratiche di resistenza sono tutte benvenute se non pretendono di avere potere assoluto su altre e soprattutto se  si distingueranno dagli struzzi evitando di mettere la testa sotto terra. 


Commenti