A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?
A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?
di Laura Tussi
Dopo 70 anni di esercitazioni militari senza valutazione ambientale,
l’Esercito presenta la documentazione per ottenere la VINCA a Teulada. Un
risultato ottenuto grazie ai ricorsi e alla mobilitazione delle associazioni.
Sud Sardegna - La Valutazione
di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e
i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti
così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di
Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto
ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore
naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.
La VINCA è infatti un processo preventivo
obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un
impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura
2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a
rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può
autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che
l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari
interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola
Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo
stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione
speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.
Eppure, come dicevamo, solo dopo due
ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di
Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione
militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria
per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta
dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.
C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto
che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro
approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato
l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale
dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte
in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il
poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del
Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in
Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?
Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento
che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le
conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se
rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa
formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che
restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo
con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa
davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.
Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un
territorio di cui è necessario avere rispetto
Due ricorsi al Tar
sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel
2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A
Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa
che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che
ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni
militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come
commentate questa vicenda?
Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto,
ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla
Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale
è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il
nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi
che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni
siano state fondamentali.
Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito
italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in
terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci
sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo
ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo
nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.
Dopo 70 anni
l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per
ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma
come è possibile ci sia voluto così tanto tempo?
Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente
non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un
territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i
propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di
esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei
territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come
dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori
stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non
può essere normale.
Quali sono le logiche
anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni
altamente impattanti come le esercitazioni militari?
Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse.
L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da
quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la
propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte
abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una
riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto
essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le
basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.
In un momento in cui
in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però
giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non
solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?
Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine.
Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare
passivamente riflettano su quello che vivono.
I vostri obiettivi
sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi,
bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni
interessate”. Come e perché farlo?
Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i
motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la
nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al
nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali
alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano
contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto
processo.
Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che
vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva
dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire
che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo,
con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.
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