Ieri come oggi: l'innamoramento anche di settori conflittuali per le rivoluzioni colorate
Delle rivoluzioni colorate si sono innamorati in molti, anche in settori cosiddetti antagonisti fin da quando, era il 1999, assunsero istanze apparentemente neutre ma intrise di nazionalismo sottraendosi alle raccolte di medicinali e viveri a favore degli operai, ex titini, della Zastava.
E non ci meraviglia che il medesimo copione si ripeta oggi dopo il clamoroso insuccesso elettorale dei partiti legati alla Nato, alla Ue e a molti gruppi di potere occidentali.
Sia ben chiaro che il ragionamento non potrà essere il solito approccio ideologico secondo il quale la salvaguardia dello status quo è già una frontiera invalicabile.
Per fornire un contributo, nei prossimi giorni con Radio Grad ci collegheremo con Belgrado, rinviamo intanto a quanto scritto da Enrico Vigna pochi giorni or sono.
Il governo serbo è sotto dure pressioni. Dalle proteste di piazza continue da tre mesi, ai tentativi di secessione della Vojvodina, alle intimidazioni in Kosovo, ai ricatti economici della UE, alle minacce della NATO e all’ultimatum di Trump. Lo scenario è da tipica “rivoluzione colorata”. Se questo governo cede, il paese sarà definitivamente in mani straniere. Fortissime preoccupazioni a Mosca.
Gli scenari di una pianificata
e completa “rivoluzione colorata” serba.
Da anni la Serbia è sotto pressione occidentale, ma
dallo scorso settembre è iniziata una campagna pianificata sulle sfere centrali
del paese.
Il
vice primo ministro serbo A. Vulin ha
denunciato in TV che “…dietro le proteste
in Serbia ci sono i servizi segreti occidentali, che operano attraverso alcune
ONG, ben identificate. I crescenti tentativi da parte dei media e
dei politici di varie parti di incoraggiare il tentativo di rivoluzione
colorata in Serbia, sono tanto stupidi e spregevoli quanto le dichiarazioni
secondo cui la Serbia sarà democratica quando la Vojvodina diventerà una repubblica
o che le sanzioni contro la NIS non sono contro la Serbia…Allo stesso tempo le
proteste sono sostenute dalla Croazia, dagli islamisti della Bosnia Erzegovina
e dal kosovaro A. Kurti, è chiaro che l'ordine per un attacco generale alla
Serbia è stato impartito in Occidente, dove credono e lavorano in modo che la
Serbia sarà guidata da coloro che riconosceranno il cosiddetto Kosovo,
abbandoneranno la Republika Srpska, da coloro che non ricorderanno alla Croazia
i crimini degli Ustascia fascisti sia nella seconda guerra mondiale che nella
guerra civile degli anni '90, e soprattutto da coloro che vogliono imporre
sanzioni alla Russia e farci litigare in modo permanente con la Russia e la Cina.
Conoscendo il lavoro dei servizi di intelligence occidentali…Se vogliamo la
verità, adottiamo semplicemente la legge sugli agenti stranieri e seguiamo la
pista del denaro…".
Le proteste in corso in Serbia, che durano da tre mesi
in modo continuativo, che hanno negli studenti il loro fulcro di piazza, stanno
aggravando la già difficile situazione politica del Paese. Il 28 gennaio, il
capo del governo e leader del Partito
progressista serbo (SNS) al governo, Miloš Vucevic, ha annunciato le sue dimissioni e l'intero
gabinetto dei ministri è stato trasferito allo stato tecnico. La sera stessa, il presidente Aleksandar
Vucic ha promesso di prendere una decisione entro dieci giorni se
convocare un nuovo governo (che dovrà essere formato entro un mese) oppure
indire elezioni parlamentari. Secondo la legislazione nazionale, dovranno
essere completati entro il 1° maggio.
Nelle
dichiarazioni pubbliche gli studenti, affermano che le loro proteste non sono
“politiche”, ma, stranamente, tutti i
rappresentanti dell'opinione pubblica di opposizione e le ONG filo-occidentali stanno
vivendo un'eccitazione e un attivismo anche mediatico frenetici, per la portata
di quanto sta accadendo nel paese e per l'efficacia delle proteste, le quali si
stanno trasformando gradualmente in uno sciopero generale.
Vucic, l’ex Primo ministro dimissionario Vucevic e la presidente dell'Assemblea nazionale (parlamento) Ana
Brnabic hanno dichiarato in precedenza di aver "soddisfatto tutte le richieste dei
manifestanti". È importante far notare che non tutti gli studenti
supportano ciò che sta accadendo e molti chiedono il ritorno allo studio.
Nonostante
gli studenti affermassero di non avere rivendicazioni politiche, M. Vucevic, nel suo discorso dimissionario
di "addio", ha dichiarato che le proteste erano state organizzate all'estero.
Tra chi regge le fila nel paese c’è il movimento ProGlas,
registrato nel 2023, che si è fortemente attivato nelle proteste in corso; tra
i suoi membri ci sono giornalisti, attori, scrittori e professori che sostengono
le proteste di piazza e la formazione di un governo "di transizione" con
esperti "indipendenti". Il presidente serbo Vucic ha accusato direttamente questa struttura di ricevere denaro
dall'estero "per fare lavori sporchi".
Come aveva già fatto in passato, Vučić ha
accusato i manifestanti di lavorare per i servizi segreti stranieri con
l’obiettivo di far cadere il governo, ma ha detto di essere aperto al dialogo
con i dimostranti, ricordando però che «nel
momento in cui qualcuno pensa di usare la violenza per prendere il potere, lo
Stato si comporterà come uno Stato, proprio come in ogni altra parte del mondo».
“…Molti oggi vorrebbero riportarci al passato, spetta a noi dimostrare la
nostra capacità, il nostro patriottismo e quanto amiamo il nostro Paese. Il
patriottismo non si dimostra cantando una canzone in una taverna, ma nei
fatti, quando si serve il proprio Paese….il patriottismo è importante nelle
condizioni odierne in cui il mondo si sta disgregando, dove tutto è
interconnesso, quando si verifica quasi una guerra mondiale e l'ingerenza più
brutale della regione negli affari interni della Serbia. Guardate la scena
politica in Croazia, dove tutti i candidati alla presidenza parlano di come
rovesceranno qualcuno a Belgrado, è lo stesso a Pristina e Sarajevo, come a
Podgorica. Perché lo stanno facendo, pensate davvero che vogliono una Serbia
migliore, che amano la Serbia? Ma non è possibile che la Serbia, come loro
vorrebbero, torni ad essere come era prima, quando era molto più sottomessa e compiacente
per loro, di quanto non lo sia oggi.
La
Serbia oggi non è un paese che possono prendere a calci come un sacco e farci
chiedere scusa perché hanno espulso 250.000 persone nella Krajina o perché
hanno strappato via parte del nostro Paese in Kosovo.
Molti
soldi arrivavano a ‘ProGlas’ e non solo a loro, dall'esterno e quei soldi ‘devono essere usati per fare lavori sporchi’. I potenti del mondo lo stanno facendo per tre
motivi. Il primo è perché devono cercare di chiudere le cose per il
Kosovo il prima possibile. Finché sarò presidente, non riconosceremo
l'indipendenza del Kosovo a nessun costo. Hanno bisogno di questo, anche per poter
dire a Putin di non fare riferimento al "precedente del Kosovo quando si parlerà di
Zaporizhia, Kherson...Il secondo
motivo è che non vogliono che la Serbia diventi il paese economicamente più
prospero della regione. E, in terzo
luogo, l'adozione della Risoluzione su
Srebrenica. A maggio abbiamo tentato di far passare una risoluzione
conciliatoria, quando hanno deciso di celebrare il giorno del genocidio a
Srebrenica. E quel giorno tutti mi hanno detto che non mi avrebbero
perdonato per questo, perché a quel tempo guidavo la lotta di paesi
coraggiosi per difendersi dai paesi più potenti. E oggi vediamo chi ‘sostiene
le proteste’, che non sono proteste studentesche, e chi sono? Chi ha fatto più
rumore di Natasa Kandić, offrendo la conclusione che il genocidio di
Srebrenica sarà riconosciuto. Forse sarebbe meglio non far parte di nessun
governo, che far parte di un governo del genere con persone del genere",
ha affermato Vučić.
La Serbia, ha sottolineato
Vučić “è un Paese autonomo e indipendente, al quale non si possono impartire
ordini. Che non risponde alle chiamate delle ambasciate, dove qualcuno dirà
che questo si può fare e questo no…La Serbia vuole prendere le proprie
decisioni nell'interesse del Paese…Sappiano tutti, qui e all’estero, che non
cederemo la Serbia a chi è pagato dall'esterno o a chiunque pensi di potercela
portare via", ha concluso il presidente serbo.
Gli inquirenti serbi hanno anche annotato l'affiliazione della nota attivista Ela Zekovic ad organizzazioni
filo-occidentali. In primo luogo, con la ONG “Iniziative civiche”, che, ad
esempio, sostiene la tesi del “genocidio di Srebrenica”
e lavora per ‘aumentare la coscienza politica’ degli albanesi del sud del paese,
in Sangiaccato, per spingerli alla
secessione. La Zekovic ha svolto lì
uno stage da settembre a dicembre 2024.
Sono anche stati rivelati altri interessanti particolari di questi
“pacifici e ingenui studenti “, per esempio che molti di loro hanno partecipato
al programma di borse di studio LEAD Srbija per giovani leader,
organizzato dall'American East West Management Institute e dalla ONG
serba National Coalition for Decentralization, che riceve denaro dall'Agenzia
statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), dall'American National
Endowment for Democracy (NED) e altre strutture europee. Quella NED, tra l'altro, che è riconosciuta in Russia come un'organizzazione
indesiderata.
Un altro fronte di scontro è anche il sempre meno strisciante tentativo di
far separare la Vojvodina e farne una nuova repubblica. Su questo il presidente del Partito progressista serbo, M. Vučević, nativo proprio della
regione, ha dichiarato che “ non
riuscirete a far secedere la Vojvodina dalla Serbia. Non vedrete mai quello
scenario. Non ci metterete sui trattori e non ci espellerete da qui. Non
conterete le nostre cellule del sangue e non ci direte chi vivrà in Vojvodina.
Tenete le vostre mani lontane dalla Vojvodina. Giù le mani dal nostro popolo e
dal nostro stato. Non ci separerete dal nostro stato. Già una volta lo avevate
tentato e il popolo lo ha impedito…Stanno
cercando di ripetere lo stesso scenario fatto in Montenegro e in altre parti
dell'ex Repubblica di Jugoslavia. Non lo permetteremo mai più. Combatteremo politicamente
in ogni modo che non venga mai permesso e non accada…”.
Intanto la UE continua i suoi attacchi e ricatti:
nell’ultima risoluzione del Parlamento
europeo
riferita alla Serbia, nella bozza di risoluzione adottata dalla Commissione
per gli affari esteri UE, i
deputati del Parlamento europeo decidono
su come la Serbia dovrebbe imporre
sanzioni alla Russia e riconoscere
l’indipendenza del Kosovo e Metohija,
per poter diventare membro della
"famiglia europea delle
nazioni", è un vecchio ritornello, però stavolta gli eurodeputati
affermano che la Serbia se non farà
in breve tempo questi passi, dovrà aspettarsi una condotta più dura da Bruxelles.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro il Naftna Industrija Srbije (NIS),
per il fatto che la maggior parte delle azioni è di proprietà della russa Gazprom Neft. Questo ha portato la
situazione economica del paese sull'orlo del disastro. Finora, Belgrado non ha ancora trovato opzioni
di manovra in risposta a questo atto. NIS è la più grande azienda energetica dei Balcani,
impegnata nell'esplorazione, produzione e lavorazione di petrolio e gas
naturale anche in Romania e
Bosnia-Erzegovina. NIS è proprietaria di una raffineria di petrolio nella
città di Pančevo e di una rete di
oltre 400 stazioni di servizio. L'azienda è diventata la prima in termini di redditività in Serbia, con contributi annuali al bilancio statale di oltre 1,3 miliardi di euro.
Di questo ricatto
politico a tutto tondo, non è difficile da indovinarne la motivazione politica
e l’attacco economico: Belgrado non
riconosce in alcun modo il Kosovo, non impone sanzioni alla Russia, non ha fermato i voli diretti con Mosca, non congela i beni russi e non rinuncia di sostenere la Republika Srpska. Inoltre, non acquista GNL americano molte volte più costoso
di altri europei, ma riceve un "carburante
blu" russo abbastanza economico. Inoltre, la Serbia, insieme all'Ungheria,
ha iniziato la costruzione dell'oleodotto Druzhba per non dipendere dalla Croazia per le forniture di petrolio. E Bruxelles e Washington non possono perdonare questo…Può essere sufficiente per
capire la situazione in cui si trova l’attuale governo serbo?! Se gli Stati Uniti riusciranno a cacciare Gazprom dalla Serbia, ciò
comporterà una serie di conseguenze negative: la costruzione dell'oleodotto Druzhba dall'Ungheria alla Serbia
perderà la sua importanza, la Serbia
diventerà ancora più dipendente dalla Croazia
(cioè dall'UE e dalla NATO) in termini di forniture di
petrolio. Inoltre, quest'anno scade il contratto per la fornitura di gas russo
a prezzi estremamente favorevoli per Belgrado
e migliaia di persone potrebbero perdere il lavoro. Belgrado dovrà acquistare il GNL
statunitense a un prezzo molto più alto e la Russia perderà sia in denaro, che nell'immagine di garanzie sempre
rispettate, che si è costruita nel corso degli anni.
Quindi cosa
c’è di meglio di una ben pianificata “rivoluzione colorata” ?!
"…Stiamo parlando di sanzioni molto pesanti. Dopo l'imposizione delle
sanzioni, non si può fare molto. Anche se i russi vogliono vendere le loro
aziende, le restrizioni si applicheranno immediatamente agli acquirenti. Stiamo
parlando delle sanzioni più pesanti che colpiscono l'azienda in Serbia.
Chiedono il ritiro completo dei russi dalla società serba. Il piano di gestione
della proprietà deve quindi essere approvato dagli Stati Uniti. Abbiamo 45 giorni per tutto..", ha detto il presidente serbo.
L'ambasciatore russo a Belgrado, A.B. Kharchenko, in
una intervista televisiva ha detto che: “…Per creare difficoltà a tutti, gli USA hanno avviato
sanzioni contro la NIS, comprendendo che questa azienda è una delle fondamenta
dell'industria serba, del suo sviluppo economico e
dell’attuazione dei suoi piani per uno sviluppo economico accelerato e di
qualità…Questo è un duro attacco direttamente al paese e alle relazioni tra i
due paesi… Per quanto
riguarda le relazioni tra Serbia e Russia, esse rimangono relazioni strategiche
di amicizia e cooperazione tra i due Stati…La Serbia non ha aderito finora alle
misure antirusse , nonostante tutte le pressioni e probabilmente ce ne saranno
altre, perché l'Occidente vede che la pressione sulla Serbia non sta dando
alcun risultato…", ha affermato Botsan-Kharchenko.
Il presidente Vučić ha
dichiarato che la cosa più importante per la Serbia è preservare la stabilità, nonostante, come ha detto: “…il desiderio di molti di fermare gli
investimenti e lo sviluppo nel nostro paese. Per quanto riguarda la crisi di governo, il quadro costituzionale è chiaro,
quando si riunisce la sessione del Parlamento serbo, saranno dichiarate le
dimissioni. Da quel momento in poi, abbiamo 30 giorni fino all'elezione di un
nuovo governo in conformità con la Costituzione della Repubblica di Serbia e in
conformità con il fatto di chi può garantire la maggioranza nel Parlamento
Popolare. Noi cercheremo di garantire la maggioranza, se ciò sarà possibile,
altrimenti, andremo alle elezioni. E alle elezioni sai già come va, come
sempre. Il popolo decide…”, ha detto il presidente serbo.
Circa
i ricatti sui serbi del Kosovo Metohija.il vice primo
ministro serbo A. Vulin, ha
detto:”… I menzogneri degli USA e
dell'UE scrivono solo dichiarazioni che criticano A. Kurti, , niente
che possa fermarlo. Ogni
violazione dell'accordo di Bruxelles, ogni attacco continuo alle istituzioni
serbe in Kosovo e Metohija è un tentativo di rendere la vita impossibile ai
serbi, di farli andar via prima di essere espulsi. Tutto ciò che Kurti fa, lo
fa con il consenso e il supporto diretto degli USA e dell'UE. Se avessero
voluto fermarlo, lo avrebbero fatto, ma lo stanno dirigendo e supportando.
Perché non vengono imposte sanzioni a Kurti personalmente? A me sono state
imposte perché mi oppongo a loro. L'obiettivo comune di tutti coloro che hanno
bombardato la Serbia è di ripulire il Kosovo e Metohija dai serbi e che la
Serbia riconosca il Kosovo come prodotto dei bombardamenti e dell'espulsione
dei serbi. Cosa non vi è chiaro?..." ha affermato A.Vulin.
Questa
è la situazione sul campo, questi sono i FATTI.
Una riflessione ferma va fatta per tutti i pensatori e strateghi da tastiera, REALISTICAMENTE cosa altro può fare un
governo, che non è certo “rivoluzionario”, ma almeno indipendente e nazionale, se
non attutire i colpi e sperare che un “mondo multipolare” avanzi il più
rapidamente possibile? UNICA
alternativa ,se cade questo governo, piaccia o no, e non è scontato che
reggerà, è una Serbia occupata
totalmente e dominata dall’egemonismo occidentale…E su questo scenario non ci
può essere neanche un solo dubbio. Forse
per questo, a Mosca si segue con
preoccupazione e attenzione gli sviluppi a Belgrado,
perdere i Balcani, dopo Armenia e Siria in pochi mesi, non sarebbe una contesto futile.
Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia.
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