La regione Lombardia si sta preparando all’emergenza nucleare. Ecco perché
Intervista
con Vittorio Agnoletto.
La Lombardia si prepara a fronteggiare un attacco nucleare?
La regione
Lombardia si sta preparando all’emergenza nucleare. Ecco perché
di Laura Tussi
Con l'attivista per la
pace Vittorio Agnoletto commentiamo una serie di provvedimenti che la regione
Lombardia ha adottato negli ultimi mesi per rispondere a una eventuale minaccia
nucleare.
La regione #Lombardia si sta preparando all’emergenza #nucleare. Ecco perché
A dicembre 2022, la Regione Lombardia ha
approvato una delibera che stabilisce le procedure di emergenza per il rischio
radiologico e nucleare.
Un atto che potrebbe sembrare una
semplice misura di prevenzione, ma che solleva interrogativi inquietanti:
perché proprio ora? Perché includere riferimenti a scenari di terrorismo o
incidenti industriali?
A due anni dall’approvazione, il piano
regionale ha portato alla creazione di depositi di ioduro di potassio e a corsi
di formazione per operatori sanitari.
Ma cosa c’è dietro questa strategia?
Di fronte a esercitazioni, protocolli di
emergenza e persino aziende pronte a vendere kit di sopravvivenza da oltre
mille euro, la domanda diventa sempre più urgente: stiamo davvero entrando in
un’era in cui il rischio nucleare non è più solo una minaccia astratta, ma una
possibilità concreta?
Lo abbiamo chiesto a Vittorio Agnoletto,
politico, medico e attivista per la pace: «Il testo – ci spiega – non nomina
ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere
particolarmente furbi per notare che questa delibera è stata approvata
esattamente dieci mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e riprende una
direttiva dell’Euratom che esisteva già da tempo: la numero 59 del 2013».
A pochi giorni dalla
apertura all'ONU della terza conferenza degli Stati parte del Trattato di
Proibizione delle armi nucleari TPNW dove si rifletterà sul gran numero di
vittime delle radiazioni anche in Italia, in Lombardia il pericolo di una
guerra nucleare viene avvertito e si adottano misure di mitigazione.
Il
28 dicembre del 2022 la regione Lombardia ha approvato una delibera che riporta
come titolo “Approvazione delle procedure regionali per le emergenze
radiologiche e nucleari.” In questa delibera la regione prende in
considerazione una possibile situazione di contaminazione diffusa e non
chiaramente circoscrivibile. Tutto questo che significato ha?
Queste sono le parole
presenti nella delibera e riporta degli esempi, tra i quali: atto terroristico,
lavorazione accidentale di sorgenti, incendio con coinvolgimento di sorgenti. Non
nomina ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere
particolarmente furbi per notare che questa delibera avviene esattamente 10
mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e riprende una direttiva
dell’Euratom che esisteva già da tempo la n. 59 del 2013.
Quindi
cosa significa che per nove anni non se ne è fatto assolutamente nulla?
Dieci
mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina la regione Lombardia approva questa
delibera ed è una delibera a 360 gradi. Tant’è vero che contiene quattro
allegati. Il primo allegato è relativo alla “Linee di indirizzo regionale per
la gestione delle emergenze radiologiche nucleari” e dà tutte le indicazioni
agli ambiti sanitari di come devono muoversi. Il secondo allegato tratta delle “Indicazioni
per il campionamento di matrici alimentare di origine vegetale e acque
destinate al consumo umano, nel caso di emergenze radiologiche e nucleari” e il
terzo contiene le “Indicazioni per la protezione e il controllo degli animali
produttori di alimenti e il controllo degli alimenti per animali e di quelli di
origine animale destinati al consumo umano.”
Il quarto allegato dà le
“Linee di indirizzo regionali per la gestione ospedaliera di persone esposte a irradiazioni
e/o contaminazioni acute in relazione ed eventuali emergenze radiologiche.”
Quindi
è proprio un quadro a 360 gradi?
Sì. Certamente. Vengono
presi in considerazione tutti gli aspetti che possono verificarsi in caso di
una contaminazione nucleare e sono fornite indicazioni precise alle ATS, alle ASST,
agli ospedali e all’ARPA; in ogni ATS si precisa chi deve coordinare l’azione
da un punto di vista sanitario e i diversi ruoli che dovranno svolgere gli
operatori di queste strutture.
Trascorrono altri dieci
mesi e alla fine di ottobre del 2023 subentra una seconda delibera.
“Approvazione di schema di intesa tra regione Lombardia e Ministero della
Salute per la custodia e messa in disponibilità di antidoti nei depositi regionali
di regione Lombardia”.
Viene
deciso di istituire 30 micro depositi sparsi nel territorio regionale dedicati
allo stoccaggio di milioni di compresse di ioduro di potassio. È vero?
E’ così. Lo ioduro di
potassio dovrebbe proteggere la tiroide dell’assorbimento di iodio radioattivo
emesso in seguito a un incidente nucleare, però chiunque sa che le conseguenze
sul corpo umano in caso di un’esplosione nucleare non si fermano certo alla
tiroide e non dipendono solo dallo ioduro di potassio: vi possono essere
problematiche che riguardano anche cesio, plutonio ed altri isotopi. Le
conseguenze causate da alcuni isotopi radioattivi possono coinvolgere anche uno
spazio situato a centinaia di chilometri di distanza da dove si verifica la
tragedia nucleare.
Come
procede in seguito la direzione generale del welfare della Lombardia?
Passa ancora un anno e
arriviamo al novembre del 2024, quando la direzione generale del welfare della
Lombardia organizza un corso intitolato “Procedure regionali per l’emergenza
radiologiche e nucleari” che è rivolto agli operatori di Regione Lombardia, dell’ARPA
e dell’ATS; inoltre la Regione invita tutte le ATS a organizzare un corso
simile. Non è un caso che il primo incontro venga organizzato dall’ATS di
Brescia attorno a metà dicembre, mi pare il 18 dicembre, rivolto sempre al
personale delle istituzioni citate prima.
Perché
non è un caso?
Perché in provincia di
Brescia vi è la cittadina di Ghedi dove sono stoccate delle bombe nucleari che
non sono, oltretutto, neanche gestite dall’Italia, ma dagli Stati Uniti nel
quadro di una collaborazione Nato.
Che
cosa vuol dire?
Questo significa che, in
caso di guerra nucleare, Ghedi diventa immediatamente un obiettivo.
Sono
state poi individuate le strutture capofila?
Certo.
E per quanto riguarda Milano, la struttura capofila per gestire soggetti
potenzialmente esposti alle radiazioni, nonché soggetti provenienti da zone
limitrofe, è l’ospedale di Niguarda. Questi i fatti.
Allora
chiariamo bene alcuni passaggi.
Primo, in questo caso,
non ho nulla da criticare rispetto all’azione dell’assessore al welfare. È
compito delle istituzioni provvedere alla protezione dei cittadini e di coloro
che abitano il loro territorio e quindi da questo punto di vista, la regione
sta prendendo le precauzioni che è in grado di assumere. Noi sappiamo che nel
caso di una guerra nucleare servono a poco, ma non critico la scelta della
regione di attivare questo tipo di interventi, perché sono interventi di
protezione. Siamo comunque di fronte ad un’indicazione nazionale proveniente dal
governo, non è una scelta unicamente della regione Lombardia.
Significa
che chi ci governa ha messo in considerazione che uno degli scenari futuri,
ossia del prossimo futuro, possa essere quello del conflitto nucleare? Giusto?
Certamente. Perché
altrimenti non si sarebbero mossi immediatamente dal dicembre del 2022. Infatti,
le armi nucleari a Ghedi ci sono da ben più che due anni.
Queste delibere lombarde
sono la conferma di quello che noi pacifisti continuiamo a dire, ossia:
attenzione perché, se andiamo avanti così, emerge un rischio di guerra nucleare
con tutto quello che comporta. Ricordiamo quanto diceva Einstein: «Non so con
quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà
combattuta con clave e pietre».
Quindi
questo che cosa vuol dire?
Significa che non siamo
solo noi pacifisti a dire: guardate che sussiste il pericolo di un conflitto
nucleare; chi ci governa ne è consapevole e mette in conto questo possibile
rischio. Solo che questo rischio è dovuto anche alle scelte che stanno facendo
e che hanno fatto e che faranno quelli che stanno governando; quindi, loro sono
una delle cause di questo pericolo e anziché fermarsi e modificare le loro
scelte politiche danno indicazioni per attivare precauzioni che, tutti
sappiamo, sarebbero comunque insufficienti.
In
questa situazione quasi contemporaneamente è avvenuto un altro fatto.
Il 16 dicembre 2024
un’azienda ha comprato una pagina intera del Corriere della Sera, quindi ha
pagato una bella cifra, per annunciare che, dal febbraio 2025, quindi adesso,
metterà a disposizione un kit per i rischi chimici, biologici, radiologici e
nucleari al modico prezzo di 1200 euro.
La paura della guerra
come strumento per moltiplicare i propri profitti attraverso una pubblicità
destinata a sua volta ad aumentare la paura del conflitto.
Dunque,
morte, profitto, paura sono tre elementi fondamentali dell’attuale narrazione
dominante?
Questo è lo scenario. Vi
è anche chi alimenta la paura per specularci sopra politicamente e/o
economicamente. Ho riflettuto molto se rendere pubblico tutto questo, perché io
non voglio diventare a mia volta uno strumento per creare paura.
Poi però ho pensato che
era un dovere civile spiegare quello che sta accadendo, perché questo può
aiutare il movimento pacifista per dire: “non accusateci più di raccontare
delle storie e non accusateci di creare falsi allarmismi, infatti la situazione
è talmente seria che voi stessi, che siete al governo, avete dato ordine di
fare tutto quello che ho raccontato fino adesso”
La mia scelta di rendere
pubblica questa vicenda ha come obiettivo quello di cercare di aumentare la consapevolezza
dei rischi che stiamo correndo e quindi di dare uno strumento in più al
movimento pacifista.
Aggiungiamo
che a Brescia si è formato ed è attivo da tanto tempo un comitato che lavora su
questi argomenti, che ha mandato una lettera al prefetto di Brescia per sapere
quali piani di prevenzione a livello territoriale sono stati presi per
proteggere la popolazione così come previsto dalla legge. Qual è la risposta?
Il comitato ha detto
mandateci i piani di prevenzione territoriale attuali e se non sono aggiornati,
mandateci almeno quelli precedenti. Non è arrivato nulla. Le istituzioni hanno
invece il dovere di preparare la popolazione su come si deve comportare in caso
di un incidente nucleare. Questo in generale; nella zona di Brescia a maggior
ragione per gli ordigni nucleari che sono presenti e quindi questi piani di
protezione e di evacuazione dovrebbero essere pronti da tempo.
Aggiungo che oggi è
ancora più importante dare queste informazioni di quanto lo poteva essere anche
solo un mese fa, perché oggi il nostro governo ha scoperto le carte e ha detto
chiaramente che ha intenzione di rilanciare il nucleare e i rischi, seppure differenti,
ci possono essere anche con un utilizzo del nucleare civile.
Il
governo vuole fare cartastraccia di un referendum?
Noi, società civile, ci
opporremo e useremo tutti gli strumenti necessari per evitarlo.
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