Quanto l’Europa deve restituire all’Africa
Recensione:
Libro - Quanto l’Europa deve restituire
all’Africa
di Laura Tussi
Gli autori, Maurizio Marchi e Paola Caforio, sono militanti di Medicina democratica nel livornese. Il libro è edito da Campano Pisa.
Gli autori, dopo aver tracciato un quadro aggiornato e particolareggiato,
da un punto di vista economico, storico e culturale dell’Africa nel
colonialismo, nel neo-colonialismo e nei rapporti attuali con l’Europa,
abbozzano una sorta di “Processo di Norimberga” dei misfatti europei nei
secoli, arrivando a “tirare le somme” di quanto l’Europa deve restituire al
continente nero.
Una cifra enorme, ma realistica, fondata e perfino prudente, quantificata
in oltre 70.000 miliardi di euro: se gli africani ottenessero questo
risarcimento (è questa la “parola chiave” del libro), avrebbero diritto almeno
a 70.000 euro ognuno, uomo, donna, bambino, vecchio. La vita cambierebbe per
tutti, per gli africani per primi, ma anche per gli europei e per un mondo che
ha fatto finora dell’ingiustizia e della sopraffazione la sua linea guida. La
tratta degli schiavi, la colonizzazione storica, lo scambio ineguale di merci a
prezzi fissati dagli europei, i genocidi di interi popoli inermi o resistenti,
fino all’emigrazione forzata, un vero espianto degli organismi migliori (più
giovani e forti) dal tessuto sociale africano: sono questi i principali crimini
che vanno risarciti all’Africa, un continente ricchissimo di risorse umane e
naturali che è stato ridotto nell’estrema povertà dall'aggressione europea e
dal neoliberismo, recentemente dall’indebitamento e dalla militarizzazione.
Anche le guerre inter-africane sono da addebitare all’Europa, che tracciò a
tavolino nel 1884 i confini africani, del tutto arbitrari, “tagliati con il
coltello”.
Un libro indispensabile per chi vuole reagire all’ondata razzista e
xenofoba montante con la ragione e moltissime ragioni.
Questo libro nasce anche come contributo culturale alla rinascita di un
sinistra solidale e internazionalista che si è smarrita sulla strada del
neoliberismo e delle sue articolazioni, economiche e militari.
Allo slogan truculento e “di pancia” del “prima gli italiani” opponiamo
quello del “prima i proletari”, ovunque essi siano e qualunque sia la loro
cultura.
Settanta anni di neoliberismo, dalla seconda guerra mondiale ad oggi, di
dominio delle regole di mercato e della NATO, in concomitanza attiva, hanno
fatto a pezzi le culture, sia al nord che al sud, riducendoci tutti a
consumatori passivi ed acritici, privilegiati gli uni, esclusi i più, ma
desiderosi di entrare nel grande circo dei consumi; hanno fatto a pezzi
l’ambiente, con i cambiamenti climatici che rendono sempre più invivibili
interi territori dove vivevano centinaia di milioni di persone, tanto da indurre
l’ONU a definire la figura del “migrante climatico” ; hanno avvicinato
pericolosamente la fine delle risorse fossili del pianeta, consumate per la
stragrande maggioranza dal miliardo privilegiato dell’umanità, prospettando la
concreta minaccia che non ci saranno a breve risorse energetiche per l’altra
parte dell’umanità, quella che ne avrebbe più bisogno e diritto.
Settanta anni di neoliberismo hanno concentrato in pochissime mani la
ricchezza finanziaria nei paesi del nord-occidente, gettando nell’insicurezza e
nella precarietà centinaia di milioni di persone nel nord ex-previlegiato, e
nella disperazione miliardi di persone al sud.
A chi dice, anche nella “sinistra” super-pentita, che i proletari non
esisterebbero più, opponiamo la realtà che invece i proletari sono sempre più
numerosi e sempre più disperati, al nord come al sud. Tanto poveri, anche
culturalmente, da non avere più neanche una rappresentanza politica. A meno di
non considerare loro rappresentanza politica i “sovranisti” nel nord-occidente:
questi “sovranisti” senza sovranità esprimono tutti i giorni la loro
subalternità al neoliberismo, con la loro ostentata adesione al militarismo, al
“trumpismo”, e perfino al sionismo, riservando i loro strali “solo” (anche se
non è poco) alla Commissione europea e alle sue regole franco-tedesche; e
dall’altra parte ai migranti, la parte più debole della società generale.
Il perno della sovranità nazionale dovrebbe (deve) essere la Costituzione
repubblicana, in Italia, solidale e rispettosa dei diritti di tutti, anche e
soprattutto dei più deboli, migranti, bambini, donne. La Costituzione
antifascista, nata dalla resistenza con l’apporto alleato anche di marocchini e
senegalesi, è invece ridotta in un cantino, e l’Italia, come tutto il
nord-occidente si trasforma sempre più in un presunto fortino assediato, in cui
sarebbero messi in discussione i diritti dei residenti.
Al contrario i diritti degli italiani, come di qualsiasi altro popolo, sono
messi in discussione - anzi coscientemente estirpati - dal neoliberismo, dal
diritto al lavoro negato, dal precariato, dallo smantellamento dello stato
sociale, dalla privatizzazione dei beni comuni, eccetera.
In questo scenario catastrofico globale, sussiste a nostro modesto avviso,
il bisogno urgente di ridefinire principi di base per una ricostruzione
solidale e pacifica delle relazioni internazionali, a partire dal nostro
debito, italiano ed europeo, verso l’Africa, con un occhio anche a quanto
avviene nel resto del mondo . Un debito mostruoso, che risale ai tempi dello
schiavismo, del colonialismo e del neocolonialismo, per arrivare alle guerre
scatenate negli ultimi decenni in Africa, che perdurano.
Anche il dissanguamento delle migliori energie africane verso l’Europa è un
aspetto che non trascureremo e non sottovaluteremo: la tratta dei giovani
africani è un relativamente nuovo aspetto del neocolonialismo, in cui troveremo
coinvolti anche “benefattori” insospettabili.
Non crediamo, lo diciamo fin da subito, ad un complotto “Kalergi”: crediamo
al contrario che la migrazione sia un diritto inalienabile, sancito dall’ONU, e
come tale vada rispettato. Crediamo altresì che nessuno emigri dal suo paese “a
cuor leggero”, e chi lo fa, lo faccia per una somma di costrizioni, dalla
povertà ai cambiamenti climatici, ai meccanismi perversi del cosidetto
micro-credito, alla pubblicità ingannevole, e così via.
Ancora una volta quindi la responsabilità principale delle migrazioni di
massa è il neoliberismo e i suoi meccanismi micidiali. Mai nella storia recente
un argomento è stato più divisivo delle migrazioni: divisivo della politica,
delle opinioni pubbliche, perfino della cultura, che sta appunto sprofondando
nella incultura più bieca. Nonostante la storia recente abbia visto fenomeni
molto più gravi, come gli effetti dei cambiamenti climatici o della
“disperazione energetica” delle nostre società insaziabili.
I primi effetti delle migrazioni e della decolonizzazione ormai
irrimandabile si ebbero nel Partito comunista francese (PCF) negli anni ‘60,
partito di stretta osservanza filosovietica, che finì per schierarsi a fianco
della borghesia francese, per una decolonizzazione e una migrazione
“controllate” dall’Africa alla Francia. Il PCF è stato uno dei primi partiti
comunisti a sparire dal panorama politico europeo, nonostante i tentativi ormai
fuori tempo di correzioni “eurocomuniste”, che videro impegnati anche il PCI
italiano e il PC spagnolo, spariti anch’essi (anni 1960/80).
Questo processo di degradazione della sinistra è andato di pari passo con
l’abbraccio, sulle prime condizionato, poi con il tempo sempre più
incondizionato del neoliberismo, come pensiero unico occidentale, correlato con
l’adesione alla Nato. Passando dal crollo del muro di Berlino nel dicembre
1989, al crollo della stessa Unione sovietica nel 1991, si arriva in un soffio
mefitico al neoliberismo del PD, alle sue leggi contro i lavoratori, alle
aggressioni allo Statuto dei lavoratori, alle privatizzazioni nello stato
sociale e nei beni comuni, ecc. Ci chiediamo: come può, con quale credibilità
può un PD europeo (qualsiasi esso sia, italiano ,francese, spagnolo, tedesco,
ecc) atteggiarsi a difensore dei migranti, dopo aver gettato a mare i diritti
dei lavoratori, dei pensionati, degli utenti europei , e continuare a farlo?
Non è credibile agli occhi di decine di milioni di europei. È un tentativo
patetico di rifarsi una verginità di plastica. Infatti avanzano in tutta Europa
movimenti “sovranisti” e/o apertamente fascisti, insieme ad altri movimenti né
carne né pesce come il M5S in Italia, o Vox in Spagna che chiudono ai migranti,
ma spalancano le porte al neoliberismo e alla Nato. Siamo quindi in un vicolo
cieco, oltre che politico, anche e soprattutto culturale. È in questo quadro,
disperante, che ci accingiamo a scrivere questo libro come tentativo (una
goccia in mezzo al mare) di ricostruire una cultura della solidarietà e della
cooperazione di tutti i proletari, del nord e del sud del mondo, dilaniati dagli
stessi squali economici del neoliberismo.
Gli autori, Maurizio Marchi e Paola Caforio, sono militanti di Medicina
democratica nel livornese.
Il libro è edito da Campano Pisa, ma è rintracciabile anche su internet al
link
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/508904/quanto-leuropa-deve-restituire-allafrica/
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