“Il fascismo negli Stati Uniti"
“Il fascismo negli Stati Uniti"
Siri Hustved, scrittrice, saggista e poetessa
statunitense
"Le Monde" 9 aprile 2025
traduzione di Rodrigo Rivas
Le parole contano.
Alterano la percezione ed eccitano le emozioni.
Saranno cruciali per influenzare il corso degli eventi politici.
Come diceva mio padre, "quando il fascismo
arriverà in America, lo chiameranno americano".
Gli elettori americani hanno portato al potere un
governo fascista?
Nel mio quartiere di Brooklyn tutto appare come
sempre.
I negozi sono aperti e le persone camminano dedite
alle loro cose.
Tuttavia, nella nostra routine s'insinua la
paura.
Dall'altra parte del ponte, nell'Upper West Side di
Manhattan, c'è la Columbia University, dove ho studiato e ottenuto il dottorato
in letteratura nel 1986.
Ora ha grosse difficoltà con il nuovo governo.
Anche il mio defunto marito, Paul Auster, era uno
studente alla Columbia nel 1968. È stato tra quelle centinaia di persone che
hanno occupato un edificio; hanno preso calci e pugni dalla polizia e hanno
trascorso qualche notte in gattabuia. Mio cognato, l'artista John Kessler,
insegna ancora alla Columbia Arts School. Insomma, è un'università che mi è
molto vicina.
Dopo le manifestazioni di appoggio alla Palestina
della scorsa primavera, il governo Trump le ha ritirato milioni di dollari di
fondi federali col pretesto dell'antisemitismo. La punizione ha funzionato:
l'università ha capitolato, cedendo a richieste draconiane.
"Le università sono il nemico" era il titolo
di un discorso pronunciato nel 2021 da J. D. Vance, oggi vicepresidente degli
Stati Uniti, ironicamente laureato in giurisprudenza alla facoltà di legge di
Yale.
Le parole contano.
Alterano la percezione umana, eccitano le emozioni e
influenzano il corso degli eventi politici.
Dall'ascesa di Trump nel 2015 sono stati pubblicati
innumerevoli articoli su diversi media sollevando una domanda: "Make
America Great Again", MAGA, è o non è uno slogan fascista?
Jason Stanley, professore di Yale e autore di
"How Fascism Works: The Politics of Us and Them" (Come lavora il
fascismo: la politica del noi e loro, 2018), e Ruth Ben-Ghiat della New York
University, autrice di "Strongmen. Mussolini to the present" (Uomini
forti. Mussolini oggi, 2020), hanno identificato molti parallelismi tra il
trumpismo e il fascismo europeo.
Robert Owen Paxton, professore della Columbia
University, autore nel 1972 di "VIchy France, Old Guard and New Order,
1940-1944 (La Francia di Vichy: vecchia guardia e nuovo ordine, 1940-1944),
dopo osservare gli atti di violenza del 6 gennaio 2021 (attacco al congresso da
parte dei seguaci di Trump n.d.r.), giunse alla conclusione che il MAGA aveva
evidenti tratti e caratteristiche del fascismo.
I principali media (e molti accademici) rispondono:
"Fare questi confronti è irresponsabile ...
Solo gli allarmisti di sinistra associano Trump a
Hitler.
Gli Stati Uniti del 2025 non sono la Germania del
1933".
Il pensiero convenzionale ribadisce in continuazione
che non si può impiegare la parola "fascismo" per parlare del Partito
Repubblicano.
Nel frattempo il discorso esagitato dell'estrema
destra diventa sempre più di uso comune in politica.
Alla ricerca di una "confort zone", nelle
loro teste una sorta di terreno intermedio, i cosiddetti mezzi di comunicazione
tradizionali - legati agli interessi imprenditoriali, spaventati dalla
sola idea di perdere il loro accesso al potere, vogliosi di mantenere un
tono di apparente moderazione e continuità - ricorrono alle parafrasi.
Quindi, nelle loro trasposizioni le bravuconate
razziste, xenofobe, misogine e incoerenti di Trump, diventano dichiarazioni
fluide e razionali.
Questa tecnica ha un nome, "sanewashing",
diventato popolare con la rieelezione di Trump nel 2024.
In astratto significa minimizzare gli aspetti radicali
percepiti di una persona o di un'idea per farli apparire più accettabili a un
pubblico più ampio.
Nella pratica significa concedere a ciò che è soltanto
una follia, un'aria bonaria e persino sensata.
Diversi giornalisti, tra cui il Premio Nobel Paul
Krugman, ex-columnista del giornale, hanno accusato il "New York
Times" di esserci cascato in pieno in questa pratica.
C'è una gran varietà di elementi presenti in tutti i
movimenti fascisti del XX secolo e neofascisti del XXI secolo in tutto il
mondo, che i discorsi trumpiani riassumono: il razzismo che si dispiega
sfacciatamente quando si tratta di trovare capri espiatori tra i non bianchi e
gli immigrati; la demonizzazione delle femministe e delle marxiste;
l'evocazione di un'età dell'oro vincente ma illusoria che - ecco la promessa -
potrà essere recuperata pienamente grazie al grande maschio "leader"
la cui virilità teatrale e belligerante incarna una volontà parareligiosa del
"popolo"; la falsificazione e la cancellazione della storia; il
licenziamento dei professori; la messa all'indice di libri; la limitazione dei
diritti delle donne e l'insistenza sul fatto che i ruoli sessuali
"tradizionali" siano "la natura"; l'allarme per il calo del
tasso di natalità; il discorso eugenetico sui "geni cattivi" e
sulla magica trasformazione del gruppo che domina una società in una vittima.
Il boom del fascismo in Europa e l'ascesa del Ku Klux
Klan negli USA e lo scoppio dell'isteria contro gli immigranti e l'aumento
della popolarità dell'eugenetica negli Stati Uniti, si sono verificati in
seguito ad una pandemia mondiale di influenza.
La sua seconda incarnazione, negli Stati Uniti il
MAGA, è emersa subito dopo il covid-19.
La propaganda collega i sentimenti collettivi di
disagio fornendo a spettatori e lettori oggetti comodi da incolpare e
odiare.
La propaganda trasforma un'irritazione collettiva
priva di una causa identificabile, in una diagnosi specifica: i colpevoli sono
gli ebrei e gli immigrati; è tutto ciò che è "woke".
Il termine di origine afroamericano "stay
woke" significava essere attento e consapevole sulle problematiche
sociali, il razzismo e la discriminazione, essere sveglio e non ignorare
le ingiustizie. Oggi, si associa all'importanza di affrontare questi problemi e
di promuovere inclusione e giustizia sociale ma, per trumpisti e
associati, è una odiosa forma del "politicamente corretto" limitata a
ciò che non appartiene agli uomini bianchi eterosessuali.
Va chiamata propaganda.
Propaganda è la lingua contenente una missione.
Scriveva Joseph Goebbels, futuro ministro della
propaganda nazista, in "Unser wille und Weg" (La nostra volontà è il
nostro modo, 1931):
"Non c'è nulla che confonda tanto le persone
quanto la mancanza di chiarezza o di prospettiva ... L'obiettivo non è
presentare all'uomo comune tutte le possibili teorie e contraddizioni.
L'essenza della propaganda non si trova nella varietà,
bensì nella forza e persistenza con cui si selezionano le idee del pensiero in
generale per inculcarle nelle masse con i metodi più diversi”.
Laureato in filologia, Goebbels ben capiva cosa si può
fare con il messaggio. Capiva che l'obiettivo può raggiungersi ripetendolo
ancora e ancora, una e un'altra volta.
Oggi, tale e quale faceva la macchina di propaganda
nazista, i media della destra americana ripetono e amplificano le frasi di
Trump.
Recentemente, ad esempio, ho sentito una emittente
radiofonica ripetere più e più volte la frase "FRODE E ABUSI", il
mantra col quale Elon Musk e i suoi seguaci giustificano l'assalto alle agenzie
governative e il licenziamento di decine di migliaia di lavoratori.
Un cittadino americano che non ascolta né vede altro
che non siano i media MAGA è tanto isolato quanto lo era il tedesco ariano dopo
che i nazisti avevano preso il pieno controllo dei media.
È trapelata una lista consegnata alla stampa con
le prime 199 parole che il governo definisce sospette, tra cui nero, diverso,
gay e donna.
Bianco, omogeneo, etero e uomo non ci sono.
Se non si considera la paura che inspirano,
probabilmrnte sarebbe una purga comica e assurda. Tuttavia, gli scienziati e
gli accademici che aspirano a ricevere sovvenzioni ufficiali devono
evitare di usarle.
E non bisogna dimenticare che l'elenco comprende anche
le parole donna e genere.
Certo: controllare il linguaggio non è una prerogativa
esclusiva del fascismo ma un male endemico di ogni regime autoritario.
Il filosofo russo Michail Michailovič Bachtin scrisse
"The dialogic imagination" (L'immaginazione dialogica), ai
tempi di Stalin, quando usare una parola che non corrispondeva poteva
portarti al gulag.
Il libro, un'analisi della struttura del romanzo, è
stato pubblicato soltanto nel 1981.
Secondo Bachtin, questo genere letterario si distingue
per una varietà di prospettive e di stili linguistici che lui chiama
eteroglossia. Viceversa, il discorso autoritario è unitario, inflessibile,
imposto dall'alto.
Afferma Bachtin: "Essendo indisolubilmente legato
alla sua autorità - il potere politico, un'istituzione, una persona - si
sostiene e crolla insieme a quest'autorità".
Al contrario, il potere del linguaggio democratico,
della libertà di espressione, si fonda sulla uguaglianza di tutti e la
disuguaglianza di ognuno, sulla varietà, sulla contraddizione,
sull'interpretazione e sul dialogo.
È una polifonia sostanziata da diversi oratori in
diverse situazioni tramite parole che si modificano senza sosta reagendo alle
parole con cui altri si esprimono.
La metà degli elettori di questo paese non ha scelto
il neofascismo e, pur se c'è sempre più paura, c'è sempre più
opposizione.
Insieme a mio marito e ad altri scrittori abbiamo
fondato nel 2020 "Writers Against Trump" (Scrittori contro
Trump). Oggi si chiama "Writers for Democratic Action" (WDA),
conta con oltre 3.000 membri ed è una delle tante organizzazioni di resistenza
che intraprendono azioni collettive.
Le parole contano.
Le parole sono azioni.
Parlare e scrivere pubblicamente, o in clandestinità
se la repressione si aggraverà, sarà fondamentale per contribuire al
mantenimento o alla estinzione della sua stessa autorevolezza in questa seconda
versione del trumpismo.
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