Riflessioni sulle "memorie"
Riflessioni sulle "memorie"
di Laura Tussi
La memoria rappresenta per colui che racconta la ricerca del senso di un
fatto accaduto nel passato in base alle indicazioni del presente: questo è di
grande stimolo dal punto di vista della didattica della storia.
Sono le domande del presente che portano ad
evidenziare certe situazioni e condizioni vissute nel passato. Sempre più gli insegnanti sono chiamati
alla responsabilità della scelta dei contenuti da sottoporre ai ragazzi,
perché più si allarga il campo della storia, più la cernita responsabile,
critica, storiograficamente accettabile e pertinente risulta importante ed
insostituibile. Quando i giovani si rivolgono ad adulti
o ad anziani per sentirsi raccontare dei fatti accaduti in un passato prossimo
o remoto della storia del nostro secolo, essi stessi cercano e vogliono
attribuire senso alla propria vita ed esistenza trovando radici, matrici di
significato in ciò che è stato ed è accaduto, attribuendo significato agli
eventi della storia individuale e collettiva che li ha causati direttamente, a
tutti gli effetti.
Questo è il grande dono di colui che ha esperienza
consolidata, rispetto a chi si deve costruire da solo un proprio senso
dell’esistenza, per ragioni individuali e personali: molto spesso non si
consolida tale utilizzo ed impiego proficuo, saggio, della memoria nella
società contemporanea occidentale, in quanto si cerca di vivere in un eterno
presente e probabilmente si sperimenta la difficoltà di attribuire senso anche
alle singole esistenze e di costruire personalità strutturate, il che consiste
di conseguenza nel compito precipuo dell’educazione, della pratica pedagogica
volta alla formazione della persona ed all’istruzione di cultura.
Jedlowskji sottolinea la memoria come esperienza, come saper fare, ed
esperienza di sapere. Spesso nella scuola il “saper fare” non è
sufficientemente sottolineato nel lavoro generale, nelle mansioni quotidiane,
nei compiti propri dell’insegnante.
Jedlowskji è un sociologo, ma compie una riflessione sostenendo che la
forte accelerazione della nostra vita porta ad una crescente
intellettualizzazione dei contesti artistici e culturali e per converso a non
valutare, non assorbire e metabolizzare le emozioni su cui la memoria si basa
soprattutto, come sugli affetti, sugli aspetti emozionali, nell’ambito dei
sentimenti, delle passioni che comportano gli eventi. Quindi può avvenire una
divaricazione tra memoria collettiva, sedimentata e memoria individuale, per
cui il singolo individuo si manifesta in difficoltà, non riesce ad intrecciare
ad interagire la propria esistenza con le altrui esperienze di vita. Se
rapportiamo tale riflessione al mondo degli studenti, osserviamo che essi
stessi non riescono ad attivare un interesse con la storia insegnata ed a
rapportarsi con colui che la tramanda (insegnante, storico, studioso,
testimone, operatore culturale).
La memoria è la storia commentata dell’esperienza
dell’uomo, come sostiene la Yourcenar, che fa dire ad Adriano: “ho ricostruito
molto e ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di
passato, coglierne lo spirito e modificarlo, protenderlo quasi verso un più
lungo avvenire e significa scoprire sotto le pietre il segreto della
sorgente”.
La testimonianza a scuola porta l’uomo e la donna in carne ed ossa, come
protagonisti esistenti e viventi della storia passata, con sentimenti, passioni
e scelte di vita con un impatto emotivo diretto ai ragazzi nei confronti degli
eventi storici di elevatissima efficacia didattica, nei cui racconti e
narrazioni sottesi all’impercettibile filo rosso del sentimento, del ricordo
emotivo, si scopre “la sorgente sotto le rocce” sedimentate del tempo. La
testimonianza riconsegna al legittimo attore degli eventi ed all’attento
ascoltatore il senso dell’essere nella storia, in sé stessi
e per sé stessi, nell’immanenza dell’attualità del
momento presente.
Le parole testimonianti di Giovanni Pesce, Comitato
nazionale dell’ANPI, rese note nelle
scuole di ogni ordine e grado, scandiscono le date salienti della storia
italiana, coincidenti con le scansioni, gli eventi, gli avvenimenti, le scelte,
i cambiamenti della sua vita di militante, narrando i fatti storici collettivi,
comuni che lo hanno visto protagonista, senza parlare di sé, in prima persona,
risparmiando la testimonianza della ricchezza della personale, unica ed
irripetibile esperienza di vita, volendo però ricordare date collettive, ma in
cui Pesce stesso c’era, era presente e militante, nella contemporaneità
immanente di quegli eventi.
Lo psicologo Mantovani considera la memoria una mappa per orientarsi tra
passato, presente e futuro. Senza la memoria non esiste scansione storica, non
ci si connette al passato ma neanche al futuro, non esiste il prezzo del senso
della vita e questo fenomeno accade nelle società in crisi che cambiano
radicalmente i parametri della vita collettiva.
A proposito del processo di pacificazione del Sud
Africa dove si è attuata un’esperienza diversa ed originale rispetto ad altri
paesi, perché il governo ha presieduto una commissione dove sono stati chiamati
a presenziare vittime e carnefici della guerra civile per
raccontare le ingiustizie subite, sofferte o perpetrate. La ragione di tale
fatto è che memorie così diverse, conflittuali, di forte contrasto venivano
così a creare il variopinto ed astratto mosaico della memoria collettiva di un
Paese che doveva uscire da una storia tragica. Questo processo di
pacificazione, tramite il filo sublime e nobile della memoria, della giustizia
e del perdono non è accaduto in molti Paesi europei, anche se la Germania, per
quanto riguarda la Shoah ed il nazismo, ha elaborato e praticato forse un
lavoro più approfondito e capillare rispetto a quello che è avvenuto in Italia
o in altri Paesi successivamente.
La memoria è soggetta all’oblio del tempo, a cancellazione e rimozione: è
continuamente manipolata.
Chi plasma oggi la memoria collettiva? Si oscilla tra
l’opinione che non esista memoria o che è partorita dai media.
Anche se più che memoria i media generano un senso comune condiviso. La
costruzione di memoria richiede necessariamente un intreccio interpersonale,
mentre i mezzi di comunicazione di massa compiono un’operazione autoritaria,
perché il messaggio risulta univoco e con cui non si può interferire ed
interagire: è un contenuto non partecipato dialogicamente, dialetticamente, attraverso l’interazione relazionale e
razionale tra soggetti.
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