Il secolo dei giovani.
Il secolo dei giovani.
Cosa è rimasto del ’68? Di quel cambiamento epocale
certo la politica non se ne è accorta e nemmeno la storiografia
di Laura Tussi
Le giovani generazioni costituiscono
l'ago della bilancia dell'evoluzione sociale e politica di tutti i tempi e, in
particolare, nel 1900, con la Resistenza, il Sessantotto e i movimenti della
nuova globalizzazione, si delineano trasformazioni epocali e rivoluzionarie.
Il giovane è portatore di novità, di innovative conquiste e sempre attuali
rivendicazioni, in quanto simbolo di contestazione, rinnovamento, cambiamento,
all'interno di tutte quelle strutture comunitarie, sociali e politiche
sclerotizzate e sedimentate in gerontocrazie tradizionali, fondate su dogmi e
stereotipi di verità precostituite e superate, che si ripresentano ciclicamente
nella Storia, sotto varie forme e modalità istituzionali.
La Costituzione Italiana è una conquista giovanile.
La storiografia appare però modellata sul ruolo
dell'adulto.
Il rapporto tra i giovani e la storia è in genere mediato dalle categorie
concettuali degli adulti. Testimonianze, documenti, epistolari e archivi sono
sempre stati appannaggio degli specialisti, così la prospettiva e il punto di
vista dei giovani, come delle donne e dei bambini, è finito con l’essere
marginale o di contorno. Si avverte il sentimento della nostalgia negli
archivi, nei manuali, nei documenti, negli epistolari e nelle testimonianze. Si
presenta il problema di evitare l'esclusione dei più deboli, dei marginali,
degli emarginati, dei devianti: le donne, l'infanzia e la gioventù vengono
discriminati in una marginalità sociale e culturale. Il 900 vede e il
ruolo poligenetico della gioventù, delle nuove generazioni.
Nell'800 si spazia dalla Giovane Italia, ai partiti mazziniani, alla
Giovane Europa, mentre i giovani attraversano il '900 con resistenze, rifiuti,
tensioni e ribellioni, contro le verità precostituite e patriarcali della
tradizione sclerotizzata in dogmaticità obsolescenti. La giovinezza è uno
stadio di crescita che presenta riti di ingresso, di passaggio, come sogni
emulatori, sollecitazioni educative ed emulative, nella prospettiva di
autonomia, indipendenza e novità.
Lo scontro generazionale si verifica tra età diverse
con differenti saperi, diverse formae mentis e stili di vita, nel
passaggio di consegne del postsessantotto.
Il Sessantotto è l'ultima giornata rivoluzionaria del '900, l'anno zero di una nuova epoca di modernità, un
“sommovimento profondo”, come canterà Bob Dylan. La generazione non
prescinde dal dato cronologico. Secondo Ariés, le generazioni
costituiscono la misura del cambiamento nella storia contemporanea. Il rilievo
alle generazioni è dato dall'importanza della famiglia nella società, come tra
l'800 e il '900, mentre attualmente il ruolo della famiglia è decaduto e le
generazioni risultano meno presenti. Secondo Ortega, la storia è un
incontro/scontro tra generazioni, in epoche cumulative in cui si stabilisce un
rapporto con i padri ed epoche polemiche in cui subentra la contestazione e il
rigetto del passato.
Mannheim, nel saggio “Il problema delle generazioni”, tratta della
collocazione e del legame generazionale, per cui il tempo giovanile consta
nella rappresentazione del tempo prodotta dall'identità giovanile e dall’”unità
di generazione”.
Il prodotto di questo processo è la socializzazione con intenzioni di base
e principi formativi. Secondo Heberle la politica è comunanza di punti di
vista, di credenze e desideri. Schacter, con l'espressione “il passato che
si perde in lontananza”, identifica meccanismi di codifica e di consolidamento
mnestico nel nostro passato e di quello giovanile appunto. Borges denuncia
una perdita di senso complessiva per cui “pensare è dimenticare, ma la
differenza è astrarre”. Secondo Kern, il tempo e lo spazio subiscono
un'accelerazione nel 900 con una velocizzazione del tempo di vita a partire
dall'800 tardo. Dalì sottolinea la persistenza della
memoria. Halbwachs indica una memoria culturale giovanile con modi di
pensare, simboli, riti e dinamiche di gruppo. Serra, con l'esame di
coscienza, segnala il processo di ripresentificazione del tempo, per cui le
guerre, i conflitti bellici, le rivoluzioni, accellerano la destrutturazione
temporale, la rottura con i legami del passato, del presente e del futuro. Gobetti
commenta articoli di giovani revisionisti liberali vicini alle idee mazziniane
in favore del progresso europeo e della missione italiana. La terza generazione
rispecchia l'identità italiana, il fascismo e lo Stato nazione. Secondo
Ortega, il Sessantotto italiano è un'epoca polemica nella ricostruzione
complessiva dell'esperienza giovanile.
Nel 1984, in base ad una ricerca condotta dallo IARD, risulta nel mondo
giovanile una percezione del padre come maggiormente politicizzato.
Al contrario l'impegno politico, attualmente, in epoca odierna, crea e
determina una distanza dal padre.
Le ricerche sociologiche constatano il disagio giovanile in rapporto ed in
evoluzione con l'espansione dei consumi giovanili, con la ricerca di una
rimozione del passato.
Giovani, guerra e rivoluzioni.
La bandiera della pace è il simbolo
della “militanza pacifista”, espressione simile ad un'ossimoro per la sua
contraddizione implicita, a cui si contrappone un altrove, mostrato dai massmedia, che ci assedia nel
tempo. Così subentra il rifiuto della guerra. Questo è il continuum della mentalità popolare, nel rifiuto
della guerra, giustamente.
Il '900 vede il nesso tragico tra la giovinezza, la
difesa della patria e la formazione virile, con lo stereotipo del giovane
guerriero.
Secondo Bloch, esistono generazioni corte e lunghe, ossia i giovani che
partecipano alla guerra e al dopoguerra. Hobsbawm sostiene che il 900 sia
l'età degli estremi, del secolo breve caratterizzato da guerre, genocidi e
violenza. Il Vietnam è il simbolo del rifiuto della guerra, della protesta
giovanile, dell'epoca della contestazione, per cui il conflitto è inteso in
senso infragenerazionale. I giovani di colore nella guerra sono
socialmente svantaggiati. Un giornalista definisce come selective service il meccanismo della leva, da cui
scaturisce il movimento antimilitarista.
Nelle guerre del 1900 si presenta una diffusione di stati e sintomi
nevrotici e psicotici nei maschi e casi psichici di crolli mentali. Alcuni
articoli del Time riportano notizie sulla scarsa resistenza della psicologia
dei giovani con un tracollo massiccio di fronte alle atrocità della guerra e ai
postumi traumatici, nonostante le pratiche psicoanalitiche. Evidente in questo
senso risulta il film di Kubrick dal titolo Full metaljacket che presenta casi
di regressione infantile dei giovani in guerra.
Pavone, nella sua opera sulla resistenza, invita a non appiattire tutte le
guerre, a non classificare genericamente le rivoluzioni, le stragi e le
esecuzioni, per non scadere in un'inadeguata memoria storica e in un
revisionismo spietato. Le generazioni nell'arco della storia si scontrano
con i problemi della conflittualità, dell'emarginazione, dell'integrazione
sociale, attraverso riti di passaggio che sanciscono i rapporti tra padri e
figli e i processi di soggettivazione. Gillis individua la frattura che la
modernità ha prodotto nella storia dei giovani. Benjamin connota i giovani
come “quel centro da dove nasce il nuovo” per cui tra il 700 e l'800 le giovani
generazioni escono dalla marginalità e divengono protagoniste degli eventi,
della storia. Secondo Habermas, subentra una frattura fra le identità
dell’ io e l'identità e il ruolo del gruppo, per cui i giovani costituiscono un
nuovo soggetto storico nei processi collettivi e nell'evoluzione complessiva
della società.
Kosellek sostiene che la rivoluzione francese è il tempo nuovo di una
società senza padri dove non vi è nulla da imparare dal passato. Il
giovane Werther di Goethe rappresenta una seconda nascita all'età adulta in
antagonismo con la società dei padri; una seconda nascita che è rivendicazione
e rigenerante rigenerazione dell'intera società dominata dalle gerontocrazie
politiche. Dal 700 si verifica il conflitto tra generazioni, per cui giovinezza
è sinonimo di rivoluzione e il giovane è implicitamente ribelle, in un'endiadi
indissolubile di senso rivoluzionario. Della Peruta, nella biografia di
Mazzini, individua, nei documenti programmatici della Giovane Italia e della
Giovane Europa, gli ideali di libertà, indipendenza e unità, quali obiettivi
della giovane generazione italiana.
Il villaggio globale, che presenta interdipendenze economiche e culturali
per gli abitanti dell'intero globo, costituisce una dimensione esistenziale
giovanile, intenta al cambiamento, al confronto e al dialogo interetnico,
interculturale ed intergenerazionale. Revelli analizza la politicizzazione
dei giovani negli anni '60 e '70 con il movimento di denazionalizzazione delle
masse per la multiforme integrazione del mondo e dell’intero pianeta.
La storia dei giovani è un approccio ermeneutico ed interpretativo vicino
al costruttivismo, nello spazio dell'esperienza, nell’ orizzonte di senso
dell'aspettativa e del desiderio di conoscere. Elias, dal processo di
civilizzazione, evidenzia e astrae gli habitus psicologici
del concetto di gioventù e di giovani generazioni.
L'adolescente si distingue e si identifica nella famiglia borghese, dopo le
rivoluzioni. Lo sviluppo capitalistico vede il giovane soggetto come
strumento e fine per il mercato dei consumi di massa. Il giovanilismo
viene assimilato all'anticonformismo e all'antiparlamentarismo, come reazione
ad un'integrazione sociale e politica incerta. Nel movimento ottocentesco
dello Sturm und Drang si sviluppano cenacoli intellettuali di artisti e
letterati dove si manifestano contrasti con costante conflitto generazionale.
Con il fascismo e il manifesto del futurismo di Marinetti, Boccioni e
Carrà, i giovani, la gioventù sono considerati audaci e attivi per la pulizia
del mondo, tramite la guerra, sola igiene del mondo, come in D'Annunzio che,
nei suoi poemi, canta i riti e i simboli dei giovani come inno alla giovinezza
in una concezione complessiva di un giovanilismo forte e sportivo. Gobetti
fonda una nuova rivista “Energie nuove” incoraggiata dall'Unità di Salvemini
con studenti, ex combattenti, reduci ed intellettuali. Togliatti nel 1944
denuncia gli errori e orrori del fascismo per cui i giovani sarebbero stati lo
zimbello di un regime tirannico e antinazionale, che propugna il parallelismo
ideologico tra famiglia e nazione.
L'educazione in famiglia consiste nel ritenere perfetto ciò che sussiste,
che preesiste, nell'infallibile opinione del padre e dell'organizzazione
politica e sociale esistente, in cui i giovani conducevano una vita disagiata
con doveri e docilità, nell'ottica di una morale che rifugge tutto ciò che è
contraddizione e contestazione di verità precostituite. Infatti come si
legge nell'opera “Lettera al padre” di Kafka, il figlio è schiacciato dalla
figura autoritaria del padre ed è teso a reagire e a contrapporsi ad
esso. Pirandello in “Sei personaggi in cerca d'autore” analizza i
sentimenti di distanza e l'incomunicabilità del figlio con la famiglia. La
famiglia allargata dei ceti rurali presenta principi e valori di paternalismo,
filantropismo e beneficenza.
Il sistema ideologico e culturale della famiglia/nazione risulta collegato
idealmente ad un capo, un padre collettivo, come la Sarfatti cita nella
biografia mussoliniana, esaltando Mussolini, il padre collettivo, per
antonomasia, appunto. Secondo Horkeimer e Fromm, l'autorità paterna
risulta interiorizzata e identificata con l'autorità sociale. Cooper, nel
saggio “La morte della famiglia” individua ed analizza la critica, da parte dei
giovani del 68, contro la famiglia patriarcale, quale forma sociale di non-incontro,
come infrastruttura che blocca il dialogo ed il confronto dialettico. Eco
individua, nel movimento giovanile del '68, la manifestazione della
molteplicità e della complessità, in cui tutti possono prendere parola con il
passaggio ad un'esistenza affettiva. Nell'opera di Pasolini “Teorema” del
1968, in una famiglia borghese, arriva un giovane ospite che seduce e possiede
tutti, con una sessualità ed una sensualità primitive, giovani, elementari e
rivoluzionarie, all'interno degli schemi patriarcali della società preesistente
e tradizionalista.
Bachtin individua, tra Medioevo e Rinascimento, un
cambiamento antropologico rivoluzionario in cui il corpo grottesco del giovane,
dell'individuo, è in un continuo divenire, aperto sul mondo producendo materia
vitale, creatrice, fallica che introduce una nuova prospettiva interpretativa
del mondo e delle strutture sociali.
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