La Scuola per la Pace in opposizione al concetto di “identità nazionale”
La Scuola per la Pace in opposizione al concetto di
“identità nazionale”. Perché siamo tutti cosmopoliti, cittadini del mondo
di Laura Tussi
E’ davvero evidente che la demonizzazione del nemico
costituisce un meccanismo di difesa rispetto al negativo che rifiutiamo dentro
di noi, come persone, ma anche come gruppi sociali, in quanto l’altro e gli
altri si configurano come una realtà separata di deumanizzazione e
distruttività.
Anche la scuola ha dato inconsapevolmente, forse, il proprio contributo al
processo di deumanizzazione quando ha esaltato il concetto di “identità
nazionale”, dimenticando che siamo tutti cosmopoliti, cittadini del mondo. Il
riconoscimento dell’altro come simile a sé transita attraverso la condivisione,
lo scambio, la comunicazione delle emozioni e dei sentimenti. Per esempio
all’interno del gruppo classe è possibile aiutare il bambino a riconoscere nel compagno, con cui spesso litiga, il proprio stesso
vissuto, come questa comunicazione deve essere facilitata tra i gruppi sociali,
soprattutto in contesti che il bambino vive come nuovi, diversi e pericolosi.
Per combattere il processo di deumanizzazione occorre
facilitare le occasioni di condivisione, di scambio, di incontro, sottolineando
tutte le cose che uniscono, anziché ciò che divide. I mezzi di
comunicazione di massa negano implicitamente per i loro messaggi l’umanità dei
singoli e dei gruppi sociali, facilitando ostacoli che si frappongono
all’incontro tra i bambini, tra gli uomini, tra i gruppi sociali.
Un’educazione alla pace si deve proporre di facilitare l’acquisizione di
atteggiamenti cooperativi e non competitivi, oltre a favorire le condizioni per
un uso non lesivo, ma adattivo dell’aggressività nella sicurezza, la
possibilità di affermazione di sé, l’identificazione con l’altro. Gli studi
sull’acquisizione dei comportamenti cooperativi e non competitivi e sulla
genesi di atteggiamenti costruttivi indicano che queste caratteristiche non
lesive della relazione sono strettamente correlate con la capacità di allontanarsi,
sia emotivamente, sia cognitivamente, dall’impellenza delle situazioni
frustranti e conflittuali, al fine di trovare una risoluzione complessa e
mediata, tenendo presente l’esistenza e le esigenze dell’alterità.
La ricerca di una soluzione pacifica, cooperativa e
collaborativa comporta un impegno di decentramento cognitivo dalla situazione
emotiva che deve essere analizzata in un’ottica decentrata, appunto
dall’esterno, per ritrovare soluzioni ulteriori, più complesse e mature che richiedono
una ristrutturazione del campo cognitivo, ossia una rivalutazione degli
elementi complessivi della situazione, in una prospettiva globale, dove
emergano connessioni e collegamenti innovativi. La rapidità con cui si
intuiscono queste risoluzioni non deve trarre in inganno sulla complessità del
processo di ristrutturazione cognitiva e di distanziamento e decentramento
emotivo richiesto. Sussiste un diretto collegamento tra capacità collaborativa
e facoltà di simbolizzazione, attraverso cui il bambino realizza il distacco
dall’immediatezza della realtà, rendendo possibile la ristrutturazione
cognitiva.
Collaborare significa trovare un percorso comune complesso e
difficile, che tenga conto delle esigenze complessive nella soluzione di
situazioni di opposizione. Educare alla pace significa anche stimolare la
capacità di simbolizzazione del bambino. Una delle più importanti
manifestazioni della capacità simbolica è il linguaggio, per cui il primo
compito della scuola consisterà nell’aiutare i bambini ad esprimere personali
emozioni, sentimenti e stati d’animo come l’aggressività, in forma verbale,
tramite lo scambio verbale e la discussione, tramite cui risulta attuabile un
processo di pattualità e negoziazione che consente di vagliare ed esaminare i
punti di vista altrui, fino a giungere ad una soluzione cooperativa e
collaborativa. La scuola deve porsi l’obiettivo di insegnare
a dialogare anche quando sorge il conflitto, sostando in esso
come un valore, una risorsa che può giungere ad una pattualità
collaborativa
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