Le verità scomode che furono di Don Gallo
In tempi di guerra pensiamo utile riproporre una vecchia intervista a Don Gallo per alcuni spunti ancora oggi utili
Intervista a Don Gallo l'anno stesso della sua morte il giorno
22 Maggio 2013
Le Verità scomode.
Intervista con Don Andrea Gallo, prete di
strada e di marciapiede
A cura di
Laura Tussi
Don Gallo, per molti lei è un personaggio
“scomodo”. C’è un fondo di verità? Da cosa nasce questa “scomodità”?
È vero sono un personaggio scomodo. Forse perché ho compiuto 84
anni e come tutti i personaggi, mi accompagno ad uno staff un po’ particolare:
una, la più brava è una transessuale; poi un gay, un drogato, un ergastolano
che comincia ad uscire e a frequentare gli ambienti normali. Ed anche perché
spesso mi sento dire che sono un vecchio, che non è più conveniente per me
andare in giro, ma io imperterrito continuo a farlo lo stesso. Altri cercano di
impedirmi di girare. Certo che a proposito della ‘scomodità’ del mio
personaggio, qualcuno potrebbe avere anche ragione. Capita spesso, di fatti,
che io mi alzi all’una dopo mezzogiorno. Tutto questo perché, per andare e
stare con i miei amici, i miei ragazzi vado al nightclub dove rimango fino alle
4-5 del mattino.
Don Gallo, ci può parlare un po’ della sua
vita iniziale?
Inizialmente, come tanti genovesi, ero un marinaio; poi sono
stato partigiano e a 20 anni ho incontrato, Don Bosco, i ragazzi poveri e
abbandonati. E Don bosco che mi ha convertito. Lui parla di Gesù Cristo, di
Vangelo. E’ il suo messaggio che mi ha convertito. Ed a questo proposito,
quando i cardinali mi chiamano perché vogliono parlarmi, vogliono avere un
contatto con me, spesso mi trovo a dire: “Oh, Eminenza, lo sa lei che io ho
incontrato Gesù!” E loro mi guardano come straniti. Io continuo: “Eh sì! Mi ha
perfino dato il suo biglietto da visita. Lo vuole vedere, Eminenza? Lo guardi.
Gesù ha detto: sono venuto solo per servire e non per essere servito”. Ed essi
rimangono un po’ così…
È dal 1949 che io ho una missione da compiere ed è quella che mi
ha indicato un vecchio salesiano che aveva conosciuto Don Bosco, morto nel
1888.
Parliamo ora della situazione politica
italiana
Dire che sono indignato è poco. Siamo nel caos totale. I media,
specialmente i giornali, dicono continuamente che bisogna costruire i rapporti
umani, creare un tessuto nuovo, culturale, etico e civile. Ma tutti noi siamo
stati investiti da un ventennio di “berlusconismo”. Siamo diventati schiavi
della società dello spettacolo. Tutti stravaccati davanti al televisore, al
punto tale che ci sentiamo obbligati a dire che tutto ci è dovuto. Non è vero
niente: si deve ricominciare, ciascuno di noi deve fare singolarmente, per
arrivare all’obiettivo del bene comune, dei cambiamenti strutturali. È
necessario che ognuno si chieda cosa può fare personalmente nel proprio
piccolo, nel proprio gruppo, nella propria famiglia, nel proprio condominio.
Deve cominciare da qui la partecipazione, l’appartenenza alla famiglia umana;
l’impegno per il proprio quartiere, per la città; per la regione e per il mondo
intero.
È un discorso utopistico, o a qualcosa di
reale?
Ci sono molti testimoni che danno corpo
a questo messaggio. Vedi, per esempio, il mio amico Vittorio Arrigoni. Dall’età
di vent'anni nell'Europa dell'est, in Croazia, Russia, Ucraina, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca e poi anche in Perù e altri paesi, opera nella ristrutturazione di sanatori, nella manutenzione degli alloggi per disabili o senzatetto e nell'edificazione di nuove abitazioni per profughi di guerra. Poi in Africa si
occupa della creazione di centri di socialità e centri sanitari. Per finire poi
vittima della sua scelta della non violenza sulla Striscia di Gaza. Il suo
messaggio era: “Restiamo Umani!”
Ma penso anche a Fabrizio De André, chi mi chiedeva di leggergli
il passo d’un libro sulla vita di Einstein, ebreo, fisico, quando era stato
costretto a lasciare la Germania perché appunto ebreo. Ad Einstein, giungendo
all’ufficio immigrazione di New York, l’ufficiale dell’immigrazione gli chiede
di che razza fosse e lui, sorridente, ben disteso, lo guarda e gli dice:
“Umana!”.
Penso al mio grande “amore” Gino Strada e a tutti quelli di
Emergency, forse l’unico che ha un concetto della pace veramente umano. Credo
che neanche il Papa ce l’abbia.
Gino strada ci ricorda delle tante guerre
inutili che si combattono nel mondo per motivi spesso occulti. Cosa ne pensa
lei da prete di queste guerre?
Voglio portare un esempio: per la tragedia di Nassirya, si
voleva scrivere una lettera al Papa perché desse un segno come Chiesa. Non si
può che definire tragedia quella di Nassirya, ed il contesto è di guerra
aperta, non ‘missione di pace’. Il segnale che mi aspetterei dalla Chiesa è
quello di prendere posizione nei confronti delle armi e togliere i cappellani
militari dall’esercito. Altro che ‘missioni’! Un mese dopo Nassirya,
l’Arcivescovo, l’Ordinario Militare, Arcivescovo col grado di Generale di Corpo
d’Arma addiritura dichiara: “Cari soldati, l’Italia vi ringrazia per la vostra
gloriosa presenza di missione di pace!”.
Quando incontro i cappellani militari, che con una curiosità mi
salutano, io chiedo sempre da dove vengano. La risposta è: da Aviano,
dall’Afganistan, dall’Iran, dal Libano… Chiedo allora: “Cosa dite ai soldati
quando vanno a tirare le bombe su tutto e su tutti? Cosa gli dite di
Gesù?”. Rimangono così … basiti, senza risposta.
E invece?
Tutti dobbiamo metterci in discussione.
Io lo faccio continuamente. Se voglio bene alla mia gente, all’umanità, se
voglio che le città siano più umane, più giuste, devono vivere nel rispetto e
il mondo deve essere della e nella pace. Mi ricordo, a proposito di pace, un
particolare che voglio narrare. Stavamo traducendo dal latino, insieme alla
scrittrice Fernanda Pivano e a Fabrizio De André, una enciclica di Papa
Giovanni, Pacem in terris. Nel testo c’è
un passaggio in cui si dice, nella traduzione della CEI, che chi pensa di
portare la guerra con le armi, sappia che è ‘sconveniente’. Fernanda, da brava
latinista, sbottò: “Ah, ma non sanno neanche tradurre in latino! Il testo di
Papa Giovanni del 1962 va tradotto invece così: chi dice
di portare la democrazia con le armi è pazzo”. Infatti, come volete
che si traduca l’espressione latina alieno a ratione!
La prima religione originaria,
vecchia di milioni di anni, è la pace. Quindi bisogna operare una svolta
epocale, quella della Nonviolenza.
Ecco, nel loro piccolo, questi due esempi, ci dicono cosa vuol
dire partecipare, appartenere, impegnarsi.
È la condizione dei giovani?
Siamo in una situazione di crisi
politica che ormai riguarda non solo l’Italia, ma tutto il mondo. È una crisi
di sistema, di sbandamento. I giovani hanno profondamente ragione di
lamentarsi. Il 30% di loro è disoccupato. Si tratta di giovani scoraggiati,
inattivi, che non cercano più lavoro, neanche quelli che si specializzano.
Purtroppo viviamo una crisi di lunga durata e non s’intravede una soluzione. Io
lo sento: ho le antenne per captare ciò. Ma mi sento dentro anche che se
qualcosa deve cambiare, protagonisti devono essere soprattutto i giovani. Chi è
al potere, compresa la Chiesa, si permette di ritenere come ingiustificabile la
violenza, ad esempio durante le manifestazioni degli indignados di Roma. Non sono loro, cioè non sono
né i potenti né i rappresentanti della Chiesa a parlare e giudicare, perché
spesso sono proprio loro, con le modalità di gestione del potere, ad essere
violenti. Meglio restino zitti. Per portare un esempio potrei riferirmi a quel
che accade ultimamente in Val di Susa per la TAV. I cantieri lì spesso sono
finti. Molti miei amici che hanno un terreno lì, non glielo hanno neanche
espropriato, quindi quelle reti, quelle transenne sono false, sono illegali,
mentre quel campo alla collettività costa € 90.000 al giorno. E poi si tagliano
i servizi…
Ancora sui giovani per capire il dove e il
quando nel loro impegno…
Si! parliamo per esempio dei giovani del ’68. Il ‘68 è stata una
svolta mondiale non solo per loro, ma per la società tutta. Parliamo dei primi
giovani che cadono sotto il piombo della polizia e non solo a Milano, a Parigi
ma incredibilmente, i primi cadono a città del Messico: trecento studenti
uccisi. Cadono, cioè, nella nazione definita come la più democratica del mondo,
ma dove c’era stato anche l’assassinio di Martin Luther King, premio Nobel
della pace nel ‘64, e di Robert Kennedy, candidato alla Casa Bianca. Ecco se
non si dà apertura ai giovani, se non li si ascolta, si continua a
bastonarli… Vedi anche l’esempio ed il caso italiano di Mario Capanna e
di tanti altri giovani che hanno lottato a Milano, a Roma, ecc. Il ’68 inizia a
Milano, alla Cattolica. I vescovi superiori della Cattolica hanno dovuto dire:
“Guarda questi cristiani, hanno capito sulla spinta di Gesù, di andare con gli
altri studenti, per una scuola nuova, per una città nuova, una patria nuova,
Dunque… cacciateli!” E a chi riteneva che il potere fosse forte, Mario Capanna
invece ha detto: “Non è vero che è forte”. Capanna aveva ragione: i poteri, il
potere economico, il potere mafioso, il potere del dollaro nel mondo, il potere
del moralismo della Chiesa, possono essere abbattuti.
E, a proposito di potere mal gestito e di emarginazione dei
giovani, soprattutto quelli con cui ho a che fare spesso io, cioè gli attuali
ed ex tossicodipendenti, penso a quel che ha fatto Giovanardi nel 2006. Quando
è uscita la sua legge sulla droga, quella ha rovinato completamente i giovani.
Pensate che non ci fu alcuna discussione in Parlamento. Invece, tutto il
Parlamento discuteva su una legge riguardante i giochi olimpici di Torino.
Giovanardi presenta la sua legge e per accontentarlo, per poi andare in
campagna elettorale e continuare a ingannare… questa legge passa, ma come
emendamento nell’ambito dell’anti-doping della legge generale appunto dei
giochi olimpici di Torino. Chi ha protestato? Pare che l’unico ad averlo fatto
è un docente dell’Università di Farmacologica di Perugia. Una legge sulla
tossicodipendenza, detta poi legge Fini–Giovanardi, approvata così, senza
discussione... Pensate: anni ed anni di tragedie familiari sorvolati, passati
sotto silenzio, senza discussione parlamentare… Una legge che non ha
assolutamente nulla di scientifico.
La verità è che tutti dobbiamo cercare
di essere sovrani a tutti i costi.
Diventare, cioè, cittadini e cittadine. Soprattutto le donne. Bisogna
tirare su la testa.
Soprattutto le donne…
Sì, perché da secoli, anche se una volta era più evidente e
grave, la donna vive in una condizione di discriminazione. Le donne non hanno
priorità. Qualche mese fa a Piombino abbiamo fatto una ricerca con gli studenti
sulla Costituzione. Dalla ricerca chiaramente si evince l’assoluta parità tra
uomo e donna riguardo al lavoro ed al salario. Ma nella realtà non è così, non
c’è parità.
Non parliamo poi di questa parità di diritti nella Chiesa. Nella
Chiesa le donne non contano. Se le donne vogliono farsi voler bene davvero dal
parroco devono andare in parrocchia con l’aspirapolvere! E’ il massimo grado
che si può dar loro. Se io fossi in voi donne, andrei in tutte le chiese a
spaccare le grate dei confessionali. Ai maschi questo non capita. Arrivano, si
confessano… Ma ve lo immaginate Gesù nel tempio o altrove che vuole parlare con
la Maddalena e inizia chiedendo a lei di pulire per terra. E a Pietro di
portargli un po’ di grappa! Insomma di servirlo. O magari parlando di sé, del
suo grande amore per l’umanità, del suo essere il Salvatore, il fratello di
tutti, il Figlio di Dio, poi aggiunge: “Per le donne però un po’ meno…”. Anzi,
per Gesù era tutto il contrario. Eppure nei secoli ne abbiamo visto di caccia
alle streghe, di roghi. E non solo nella religione cattolica. L’umanità si è
persa nella sua benedizione originaria.
Chiaramente in Italia, con un Premier
che per anni, partendo dai suoi orientamenti sessuali, ha premiato le donne per
altro che per le loro qualità politico-amministrative, si è toccato il fondo.
Che esempio è stato quello di un responsabile politico che ha fatto
prevalere la politica del bunga bunga sugli
interessi della nazione, col silenzio quasi totale delle donne stesse?
Le donne sono le custodi dell’educazione sessuale ed è questo il
momento in cui la società e la Chiesa finalmente la smettano con questa
sessuofobia.
Don Gallo, restiamo in Italia, rimaniamo a
parlare della nostra democrazia così tanto tormentata.
Perché ve lo deve dire un prete che l’Italia è una Repubblica
Democratica. Tutte le volte che c’è un’ingerenza della Chiesa nelle questioni
politiche, la democrazia finisce. La certezza della democrazia è basata sulla
Costituzione. Ed a proposito di Chiesa e Democrazie, voglio raccontarvi questo
aneddoto. Una volta un cardinale mi disse: “Preghi?”. “Certo che prego,
Eminenza. Quando mi rivolgo al Padre, ho una preghiera speciale. Se Lei mi dà
il nulla osta, io la distribuisco”. E lui: “Intrigante!... Qual è, dunque,
questa nuova preghiera?”. E io di rimando: “I primi 12 articoli della
Costituzione… “.
Vi chiedo di pensare a tutte le scuole italiane, cosa avrebbero
potuto fare e ricordare veramente durante tutte le celebrazioni per il 150º
anniversario dell’Unità. Nella Costituzione Repubblicana ci sono testimoni
lontani, testimoni partigiani e poi via via tutti gli altri, tanti, tantissimi
testimoni, fino ai nostri giorni. Leggendo l’articolo 2: “l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; l’articolo
11: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli”, cioè la patria italiana in mezzo alle altre patrie. Ma questo è
Mazzini! Quando leggo l’articolo 8: “tutte le confessioni religiose sono
egualmente libere davanti alla legge”. Ma questo è Cavour! Quando leggo
l’articolo 5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali”. Ma questo è Cattaneo, il vero federalismo! Quando leggo
l’articolo 52, sulle forze armate: “l’ordinamento delle forze armate si informa
allo spirito democratico della Repubblica”. Esercito di popolo, cioè. Ma questo
è Garibaldi! Quando leggo l’articolo 27: “non è ammessa la pena di morte”.
Questo è Beccaria! Ma vi rendete conto… pensate che 150º anniversario si
sarebbe potuto celebrare!!!
Molti hanno dimenticato il senso e il valore della democrazia
che in Italia si è sostanziata attraverso la Costituzione. E quando penso alla
mancanza di responsabilità di molti di noi, non posso non ricordare di aver
conosciuto un padre costituente che a 39 anni era già diventato
sottosegretario. Parlo dell’onorevole Giuseppe Dossetti, cattolico e dopo si
farà prete, e diventerà vicario generale, poi monaco per tanti e tanti anni,
povero con i poveri. Questo prete eroe ha girato tutta l’Italia e a chi negli
anni ‘70 e negli anni ‘80 gli chiedeva cosa andasse a fare nelle varie città
italiane, rispondeva: “Sto girando l’Italia per convincere i cittadini e le
cittadine italiane ad istituire nuovi comitati in difesa della Costituzione”.
Dovremo ancora ricordarci il senso
dell’impegno civile dei partigiani, degli uomini della Resistenza da cui è nata
la Repubblica. Sinistra ad esempio, come
spesso ha ben sottolineato il mio compagno partigiano Giorgio Bocca, ha
voluto dire “valori”, perché per tanti anni, il termine si è tradotto con giustizia sociale, diritto, lavoro, dignità.
Oggi invece si inneggia al capitalismo.
Ma guardate quali disastri il capitalismo ha portato nel mondo: miliardi di
poveri che vivono in una condizione miserabile. Il primo obiettivo del
capitalismo si esprime col monopolio televisivo, ed è quello di distruggere le
distanze collettive, lo stare insieme. Invece ogni sera miliardi di persone si
isolano e stanno stravaccate davanti al televisore, impedendo che si discuta.
Il secondo obiettivo del capitalismo è più terrificante: distruggere l’essere
in sé, la coscienza critica. Il capitalismo ci ha distrutto tutto, ecco perché
io prevedo che esso sarà di lunga durata. Ricordo un articolo del 2003 di
Giorgio Bocca, pubblicato sul settimanale l’Espresso, dal titolo “Il fascismo perenne è in libera uscita”. Così
Giorgio raffigura la situazione italiana: “A cicli la società degli
uomini si prende le sue vacanze dalla legge e dalle tradizioni civili, dalla
disciplina e dall’educazione. Ed allora i neri di tutte le specie corrono alla
loro sabba: infamie diffamazioni, ricatti, viltà represse per anni irrompono
come un torrente melmoso e i ladri si vantano di esserlo, i servitori infedeli
dello Stato mostrano con orgoglio le prove dei loro tradimenti, i servi non
hanno più limiti all’abiezione, gli onesti quasi si vergognano di esserlo, gli
esitanti sciolgono gli ormeggi e si precipita nel baratro, perché gli conviene,
ma anche perché gli piace!”. Mi sa che la situazione è tale è
uguale ad adesso.
Approfondiamo il discorso della coscienza
critica.
Abbiamo letto più volte che bisogna riesaminare seriamente le
situazioni degli emarginati che il nostro sistema di vita ignora ed a volte
persino coltiva: anziani, handicappati, tossicodipendenti, disoccupati, dimessi
dal carcere, dagli ospedali psichiatrici: perché accrescere ulteriormente la
folla dei nuovi poveri? Perché la società attuale risponde così poco a
un’emarginazione clamorosa? Con gli ultimi e con gli emarginati potremo
recuperare tutti un genere di vita diverso; demoliremmo innanzitutto gli idoli
che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al
di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremmo i valori del bene comune,
della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della
corresponsabilità… questo discorso era contenuto in un articolo apparso su uno
quotidiano italiano circa 15 anni fa ed il cui titolo era “La Chiesa italiana e
le prospettive del Paese”. Forse il titolo avrebbe dovuto essere “La Chiesa
italiana e le sue prospettive”. Chiesa, infatti, vuol dire assemblea e quindi
vuol dire donne, uomini, ragazzi, insieme tutti, con la bussola della
Costituzione. Non c’è altro. Parlando con il procuratore generale antimafia
Grasso, a proposito di diritti e di malaffare, a chiusura della nostra
discussione, le sue parole furono: “Basterebbe applicare la Costituzione: si
sconfiggerebbero tutte le mafie”.
Ed a proposito della coscienza critica, vorrei ribadire il
primato della coscienza personale, premettendo quello che è un grande
pedagogista Paulo Freire, l’educatore degli oppressi, diceva:
“Nessuno si libera da solo. Nessuno libera un altro. Ci si libera tutti
insieme, con la partecipazione democratica e a volte bisogna fare dei passi
indietro, a volte bisogna ascoltare e non andare controcorrente”. Ma una
coscienza sulla terra a chi è subordinata? Al governo Obama? No! Al governo
D’Alema? No! Al parroco? No! Al sindaco? No! Al governatore? No! Ai vescovi?
No! Al Papa? No! È se uno volesse seguire la Chiesa? Sì è vero ascolto il Papa,
però poi sono io che penso. Vi rendete allora conto del come accrescere la
nostra sovranità se la coscienza non è subordinata?
A don Lorenzo Milani io una volta chiesi cosa fosse la politica.
“Oh bella! - mi rispose - la politica è uscire dai problemi tutti insieme, con
una priorità: ripartire dagli ultimi”. E’ vero, a partire dagli ultimi.
Ma guarda cosa succede stare con gli ultimi e partire dagli ultimi. Ricordo che
un giorno un cardinale mi riceve e mi fa vedere una pila di fogli sul suo
tavolo, tutte lettere: “Guarda cosa scrivono contro di te i fedeli - esordì il
cardinale. Stare con le puttane e i ladri, fare cortei con i ragazzi, i centri
sociali…” e continuava a gridare il cardinale. Ad un certo punto rispondo:
“Eminenza, secondo lei, Gesù come si sarebbe comportato? Quali sarebbero stati
i suoi “ultimi” da cui noi dovremmo ripartire, che dovremmo scegliere?”. E lui
che era già stizzito mi fa: “Ah!, ma se la metti su questo piano…”. Mi chiedo:
un cristiano come me su che piano la dovrebbe mettere…
Don Milani dava la voce a tutti e a tutto: “Se non incontrate
l’altro, incominciate dalla vostra famiglia…”. E certo a volte l’altro è
sporco, a volte nervoso, a volte ammalato, a volte è… L’incontro con l’altro si
può ancora fare tutte le volte che si vuole. È vero, è dura, è difficile. Credo
ci siano alcuni modi per incontrare: far la guerra ad esempio. Si può partire
dalla famiglia, erigendo muri, metaforici e reali. E a proposito di muri
reali, avete visto il muro che c’è tra il Messico e gli Stati Uniti d’America.
Altro che muro di Berlino! Dopo tutto quello che l’Occidente ha rubato al
Sud-America… abbiamo rubato tanto… dal 1400 rubiamo oro, argento. Ancora oggi
l’ENI ruba il petrolio e lo fa anche in Nigeria e in tante altre nazioni al
mondo. Rubiamo anche noi italiani, continuiamo a rubare. Se questi popoli
dovremmo risarcirli di tutto quello che abbiamo rubato non so quanto e cosa ci
costerebbe.
Per chiudere questa nostra intervista,
vorremmo che ci parlassi del tuo rapporto con Fabrizio De André che hai già
citato. Un rapporto particolare…
La mia storia penso sia un film e come ogni film ha la sua
colonna sonora. Io sono amico di tanti musicisti da Vasco ad altri. La mia
colonna sonora… Una volta un Cardinale mi disse, scherzando: “Tu che prete sei?
Sai quanti sono i vangeli Canonici?”. “Quattro, Eminenza”. “Quali sono?”.
“Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Visto che li so?”. “Sei bravo!”. “Però io –
aggiunsi - ne ho un quinto che mi serve per interpretarli”. “Ahi, ahi! Leggi i
vangeli apocrifi, vero!?” – aggiunse il Cardinale. “No!”. “E qual è allora
questo quinto vangelo?”. “È una poesia, è una musica, è un vento non violento,
è un vento anticapitalista, è un vento antifascista, è un vento anarchico nella
sua vera accezione. Rifiuto di qualunque sopruso: l’anarchia come atteggiamento
profondo, con la sola aspirazione alla libertà e alla giustizia”. Aggiungo:
“Caro Eminenza, qui io ho un quinto vangelo: il vangelo secondo De André”.
E per testimoniare del nostro, mio e di tutta la comunità,
legame con De André, voglio riportare la lettera che abbiamo inviato alla Dori,
dopo la scomparsa di Fabrizio:
“Canto con te e con tante ragazze e ragazzi
della mia comunità. Quanti Geordie o Miché o Marinella o Bocca di Rosa vivono
accanto a me, nella mia città di mare, che è anche la tua. Anch’io ogni giorno,
come prete, verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e per chi ha fame.
Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo.
Non solo tra le mura del Tempio, ma per le
strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione, nell’emarginazione, nella
carcerazione. E ho scoperto con te, camminando per la via del Campo, che dai
diamanti non nasce niente. Dal letame sbocciano i fiori.
La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa
fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua antologia dell’Amore: una
profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla
libertà. Ma soprattutto il tuo ricordo e le tue canzoni ci stimolano ad andare
avanti.
Caro Faber, tu non ci sei più, ma restano i
migranti, gli emarginati, i pregiudizi, i diversi. Restano l’ignoranza,
l’arroganza, il potere, l’indifferenza… La Comunità di San Benedetto ha aperto
una porta nella città di Genova, e già nel 1971 ascoltavamo il tuo album Tutti morimmo a stento. E in comunità bussano tanti personaggi derelitti, abbandonati,
puttane, tossicomani, impiccati, aspiranti suicidi, traviati, adolescenti,
bimbi impazziti per la guerra e l’esplosione atomica.
Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile.
In quel tuo racconto crudo e dolente, che era ed è la nostra vita quotidiana
nella comunità, abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come
dicevi nella canzone, dalla solitudine può sorgere l’amore come a ogni inverno
segue una primavera.
È vero, caro Faber, loro, gli esclusi, i loro
occhi troppo belli, sappiano essere belli anche ai nostri occhi. A noi, alla
nostra comunità, che di quel mondo siamo e ci sentiamo parte. Ti lasciamo
cantando la Storia
di un impiegato, e la Canzone di maggio, che ci sembra sempre tanto attuale. Ti sentiamo così vicino e
così stretto a noi quando, con i tuoi versi, dici: «E se
credete ora che tutto sia come prima,/ perché avete votato la sicurezza e la
disciplina,/ convinti di allontanare la paura di cambiare, / verremo ancora
alle vostre porte / e grideremo ancora più forte. / Per quanto voi vi crediate
assolti, / siete per sempre coinvolti».
Caro Faber, tu parli all’uomo amando l’uomo,
perché stringi la mano al cuore e risvegli il dubbio che Dio esiste. Grazie.”
Le ragazze e i ragazzi e don Andrea Gallo,
prete di marciapiede.
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