Tra rallentamento economico, crisi industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando l’Ue e la Nato?

 

Terza tranche degli atti del dibattito del 15 agosto alla Festa Rossa 2025:

Conflitti, sanzioni e riarmo

Tra rallentamento economico, crisi industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando l’Ue e la Nato?

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La scellerata politica sanzionatoria dell’Unione Europea

La rottura dell’ordine internazionale

Come abbiamo riportato in chiusura della parte precedente di questa relazione, gli eventi di fine febbraio del 2022 hanno determinato uno storico spartiacque nelle relazioni intraeuropee e internazionali a causa della creazione di una profonda frattura geopolitica nell’Europa Orientale. Conseguentemente si è aperta una nuova fase geopolitica caratterizzata da: forti tensioni, instabilità, aumento dei conflitti anche armati, politiche di riarmo e sensibile incremento delle spese militari.

Oltre all’ambito geopolitico-militare, significative ripercussioni si sono registrate anche nella sfera economica ed in particolare: nelle relazioni geoeconomiche internazionali, nella dinamica e nella struttura produttiva dell’economia mondiale.

Ripercussioni si sono verificate anche nel ciclo economico, nell’andamento delle produzioni industriali e nei bilanci statali degli stati coinvolti direttamente nel conflitto, dei cosiddetti “cobelligeranti” ed anche di quelli che hanno mantenuto una posizione neutralista, non comminando sanzioni alla Russia, sovente ricavandone benefici.

In questo quadro generale sono risultati i paesi dell’Europa centro occidentale, a causa dell’effetto boomerang della scellerata politica delle sanzioni contro Mosca, ad aver registrato le più significative ricadute economiche negative a seguito dell’elevata interconnessione dell’economia di Bruxelles con quella di Mosca, con bassa crescita generalizzata e recessione della Germania nell’ultimo biennio, crisi industriali, ripresa dell’inflazione, rialzo dei tassi di interesse, perdita di potere d’acquisto dei salari e ulteriore, significativa spinta alle politiche riarmiste e all’esborso militare[1]. 

La frattura geopolitica e geoeconomica

Nel contesto delle relazioni geopolitiche si è determinata una marcata frattura interna all'Europa delimitata dai confini occidentali di Russia e Bielorussia provocata, non tanto dalla votazione dell'Assemblea Generale dell'Onu del 3 marzo 2022 di condanna dell'invasione russa dell'Ucraina, approvata da 141 Paesi su 193, quanto dall'introduzione delle misure restrittive promosse dagli Stati Uniti ai danni di Mosca e adottate da parte di altri 36 Paesi (pari a solo il 19% del totale) appartenenti al cosiddetto Occidente globale, vale a dire i Paesi Nato e i loro più fidati "alleati" nello scacchiere Asia-Pacifico (carta 1).

Carta tematica 1: i 37 Paesi che hanno imposto le sanzioni alla Russia

https://images2.corriereobjects.it/infografiche/2022/dataroom/04/banche/01_paesi_DESK.png

La rottura dell’ordine precedente si è quindi concretizzata fra i Paesi dell'Occidente globale, da un lato, e Russia e Bielorussia, dall'altro, con i restanti Stati del panorama mondiale che hanno mantenuto i rapporti politici ed economici con Mosca, espandendoli ed approfondendoli in non pochi casi. In particolare Cina, India, Iran, Arabia Saudita e la maggior parte dei Paesi africani, mediorientali e latinoamericani.

Il boomerang delle sanzioni alla Russia sul ciclo economico dell’eurozona

L'Unione Europea Martedì 20 maggio scorso, nonostante il parere contrario di Trump, aveva approvato il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia accompagnato dalle solite dichiarazioni enfatiche dei suoi vertici in merito alla loro efficacia.

L'ennesimo atto coercitivo adottato contro Mosca ha, tuttavia, sollevato perplessità e critiche, fra le associazioni imprenditoriali e nell'opinione pubblica europea, ancora maggiori rispetto ai 16  antecedenti, sia per motivazioni di carattere economico che di strategia geopolitica.

Le precedenti tranche di sanzioni introdotte da Bruxelles, su pressione dell’amministrazione Biden, hanno, infatti, determinato, secondo il Fondo Monetario Internazionale[2], un forte rallentamento dell'economia dell'eurozona nel 2023 e nel 2024 (+0,4% e +0,9%) e spinto in recessione (-0,3% e -0,2%) quella tedesca, mentre Mosca è cresciuta in entrambi gli anni del +4,1%. Gli Stati Uniti, i promotori delle sanzioni, avevano mantenuto un buon tasso di crescita nel biennio considerato (2,9% e 2,8%), anche grazie all’aumento dell’export di Gnl proprio verso l’Unione Europea.

La crisi industriale di Germania e Italia

A ciò va aggiunta la pesante contrazione della produzione industriale dell’Unione Europea, in particolare di Germania, Francia e Italia, principali tre economie dell’Eurozona, che accusano nell’ordine oltre -9%, -5% e -3,5% fra il 2029 e il 2024, con il Portogallo a -7% (cartogramma 1)[3].

Cartogramma 1: variazione della produzione industriale dei paesi Ue fra il 2019 e il 2024.

P.s: la didascalia del cartogramma realizzato dall’Ispi riporta “produzione manifatturiera” ma in realtà nel testo dell’articolo è riportato “produzione industriale” quindi da intendersi complessiva

https://ispionline.it/wp-content/uploads/2024/11/DATALAB-2024.11.04_0-1024x1024.jpg

Per quanto riguarda il nostro paese, dopo aver accusato il 26esimo mese consecutivo (da febbraio 2023 a marzo 2025) di riduzione calcolata su base tendenziale[4] con due picchi del -6,7% ad aprile 2023 e a dicembre 2024 (grafico 1), ha registrato una lieve variazione positiva ad aprile per poi tornare nuovamente in contrazione tendenziale a maggio (-1%) e a giugno (0,9%), portando il totale a 28, seppur non consecutivi, da febbraio 2023. Addirittura, i mesi di riduzione tendenziale non consecutivi, partendo da settembre 2022 salgono a 32. In pratica la produzione industriale italiana si è contratta, anno su anno, tutti i mesi salvo gennaio 2023 (+2,6%) e aprile 2025 (+0,1%). Una vera e propria crisi strutturale la cui risoluzione non viene certamente agevolata dalla politica tariffaria imposta da Trump all’Ue, con dazi introdotti nella misura generalizzata del 15%, ma con acciaio e alluminio al momento ancora gravati da ben un più pesante 50%, nonostante le misure doganali accomodanti adottate proprio in queste giorni a favore dei prodotti statunitensi dalla Commissione Europea  e ora in attesa di approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio[5].

Grafico 1: variazione della produzione industriale mensile su base tendenziale dell’Italia negli ultimi 3 anni, giugno 2022 – giugno 2025. Fonte Istat.

La Germania segue da vicino il nostro paese con il 25esimo mese consecutivo, da giugno 2023 a giugno 2025 compresi (grafico 2), di riduzione tendenziale della produzione industriale con un picco massimo del -7,4% maggio 2024. Una crisi, quella tedesca, che sembra avvitarsi su se stessa[6], considerato che a giugno scorso, ultimi dati disponibili, hanno  evidenziato una caduta del -3,6%.

Grafico 2: variazione della produzione industriale mensile su base tendenziale della Germania negli ultimi 3 anni, giugno 2022 – giugno 2025. Fonte Destasis

Considerando che il comparto principale, quello manifatturiero, corrispondente peraltro al 79% della produzione industriale complessiva tedesca, per le caratteristiche intrinseche dei propri processi industriali, ha innescato significative ricadute sull’indotto e sul tasso di disoccupazione, salito infatti dal 5% del maggio 2022 al 6,3% attuale. Mentre i fallimenti aziendali, in sensibile crescita a partire dal 2023, che hanno raggiunto, a seguito di un trend rialzista triennale, le 11.900 unità nel primo semestre di quest’anno (grafico 3), interessando soprattutto le aziende medio- piccole tipologie che non casualmente caratterizzano proprio il settore dell’indotto[7].

Grafico 3: il numero di fallimenti aziendali nei primi semestri del periodo 2020-2025 in Germania

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Flessione e ripresa della produzione industriale russa

Le prime tranche di sanzioni adottate sin dal 23 febbraio 2022, hanno creato un immediato impatto negativo sulla produzione industriale russa, tant’è che dal picco di +9,1% di aumento tendenziale di gennaio dello stesso anno, è precipitata a -1,7% nell’aprile successivo, per restare in campo negativo fino a febbraio 2023. Mantenendosi, peraltro, sempre al di sopra della soglia del -2,0%, salvo dicembre (-2,2%) e gennaio (-2,9%) (grafico 4).

Tramite l’adozione di contromisure di natura monetaria, commerciale ed economica[8], Mosca, dopo la crisi economico-produttiva del 2022, è riuscita ad invertire la fase di contrazione e ad intraprendere quella espansiva, grazie ad un significativo incremento della spesa pubblica, soprattutto verso la produzione di armamenti e l’esborso militare in generale. Quest’ultimo, secondo il Sipri,  passato da una stima di 86,4 miliardi di dollari del 2022 a 149 miliardi del 2024.

La dinamica della variazione della produzione industriale tendenziale in Russia ha avuto un andamento opposto rispetto a quello italiano. Infatti, mentre il nostro paese scendeva in campo negativo a partire dal febbraio del 2023, Mosca usciva dalla fase di contrazione tendenziale proprio il mese successivo, per poi intraprendere senza soluzione di continuità una lunga striscia espansiva, arrivata a giugno 2025 al 28esimo mese consecutivo di incremento, con punte di +8,1% a febbraio 2014 e +8,2% a dicembre dello stesso anno.

Nonostante alcuni organi d’informazioni[9] continuino a ventilare una imminente crisi della Russia, la produzione industriale è cresciuta del +1,8% a maggio e del +2,0% a giugno 2025. 

Grafico 4: variazione della produzione industriale mensile su base tendenziale della Russia negli ultimi 5 anni, giugno 2020 – giugno 2025. Fonte Federal State Statistic Service of Russia – Rosstat

Crisi economica e miopia geopolitica dell’Unione Europea

La crisi industriale dell'Eurozona secondo le organizzazioni datoriali, Confindustria in primis, è principalmente causata dall'aumento del costo dell'energia e del gas in particolare, provocata dalla decisione dell'Unione Europea di rinunciare alle convenienti forniture di gas russo via conduttura, sostituendole con quelle di Gnl, in primis statunitense, ben più costose.

In sostanza le sanzioni si sono rivelate un pesante boomerang pagato dai cittadini comunitari in termini di aumento del costo del gas e della corrente elettrica, di inflazione, di rialzo dei tassi di interesse, di riduzione dei salari reali e di crisi industriale.

Per quanto riguarda l'aspetto geopolitico, le recenti decisione di Bruxelles hanno assunto una linea divergente rispetto all’orientamento strategico di Trump che mira a porre fine al conflitto in Ucraina. Infatti, mentre l'amministrazione statunitense sta profondendo un significativo sforzo in tale direzione, sfociato nel vertice con Putin del 15 agosto in Alaska, in Europa è stata data vita alla sedicente “Coalizione dei volonterosi”, per proseguire la guerra ad oltranza, oltre ad esser stati pure adottati il 17° e il 18° pacchetto di sanzioni, non introdotte invece da Washington, e che in questi giorni ha annunciato il 19° per bocca della sua Alta Rappresentante per gli Affari Esteri, l’estone Kaja Kallas.

Una classe politica che affossa la propria economia e impoverisce i propri cittadini, tramite le sanzioni e che è intenzionata a proseguire il conflitto fino alla remota possibilità di sfinimento della Russia, mentre gli Stati Uniti stanno riallacciando le relazioni diplomatiche e commerciali con Mosca, mostra tutta la propria inadeguatezza al ruolo che riveste, anche alla luce dell’incapacità di interpretazione della fase geopolitica in atto.

Andrea Vento

30 agosto 2025

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

 



[1] Vedi saggi Giga della serie Economia di guerra oggi:

Parte X - Cronaca di un disastro annunciato. Le ripercussioni delle sanzioni alla Russia e del piano REPowerEU sulla dinamica economica, commerciale, sociale e salariale dell'Italia nel 2022

Parte XI: Le sanzioni funzionano..sì ma ai danni dell’Unione Europea

Parte XII La crisi industriale alla base della stagnazione economica della Ue

[2] I dati della dinamica del Pil citati nel testo sono tratti dal data mapper del Fondo Monetario Internazionale https://www.imf.org/external/datamapper/NGDP_RPCH@WEO/WEOWORLD

[3] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-crisi-tedesca-e-il-futuro-dellindustria-europea-189853

[4] La variazione tendenziale viene calcolata rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente, mentre quella congiunturale nei confronti del mese precedente

[5] https://www.ansa.it/canale_motori/notizie/istituzioni/2025/08/28/dazi-zero-sui-beni-industriali-usa-si-sblocca-nodo-auto-_39d52dbc-a230-431b-a574-8f837d5dc6c0.html

[6] Vedi Saggi Giga della serie: Economia di guerra oggi

Parte XIII - Crisi Germania: industria a picco, recessione possibile anche nel 2024

Parte XIV - La crisi industriale europea è legata al differenziale del costo del gas con gli Usa che ad inizio 2025 è ancora di 3,5 volte superiore . Confindustria: il costo del gas e dell'energia alla base della crisi industriale italiana

[7] https://scenarieconomici.it/crisi-germania-fallimenti-aziendali-esplodono-ai-massimi-da-10-anni/

[8] Vedi la serie dei saggi del Giga “Economia di guerra oggi”

Le politiche di gestione della valuta in un contesto di economia di guerra: il caso del rublo

Parte III - L’economia di guerra nei paesi direttamente coinvolti nel conflitto in Ucraina

Parte IV- 2023 l’economia di guerra parziale russa tiene mentre l’eurozona rallenta e la Germania scende in recessione

Parte XXI - Le diverse tipologie di economia di guerra di Russia e Ucraina

[9] Fra cui anche il Manifesto vedi articolo “Il minilateralismo e lo stallo delle trattative” del 25/5/2025, nel quale l’autore, un insigne docente di una Scuola di formazione superiore per eccellenze che plasma brillanti studenti universitari al pensiero neoliberista, e non si capisce quale sia la sua attinenza col pensiero di Pintor, Magri, Parlato e Rossanda, afferma che “In realtà, a ben guardare, il rublo e l’economia russa stanno accusando il colpo”. Il lettore tuttavia non sa dove “ben guardare” visto che l’improvvida affermazione non è supportata da alcun dato economico.

https://ilmanifesto.it/il-minilateralismo-e-lo-stallo-nelle-trattative

Commenti

  1. Eccellente approfondimento che mette a nudo l’inadeguatezza della classe politica Europea. Siamo riusciti nella difficile impresa di sanzionarci da soli! complimenti per l’articolo.

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