Il reddito di cittadinanza non è il Salario Minimo sociale. Ma intanto cosa sta accadendo?

Ogni volta che si parla di salario minimo iniziano i fraintendimenti anche perchè non esiste una lettura univoca e da sempre esistono innumerevoli proposte diverse tra di loro e giustificate con argomenti spesso antitetici.
25 anni fa se ne parlava già all'interno del sindacalismo di base, c'erano poi i soloni teorici del marxismo che dedicavano articoli per motivare la loro contrarietà a questa proposta. In un caso o nell'altro la disputa rimaneva o ancorata a un approccio teorico e dogmatico (si tra gli assertori che tra gli oppositori del reddito) o diventava una proposta  politicista ma ben poco è stato fatto per trasformarla in istanza rivendicativa sociale e politica.

Solo pochi giorni fa il presidente francesce Macron ha annunciato il “Reddito universale di attività” accorpando varie forme di sussidio esistenti in alcune regioni del paese  e guardando soprattutto ai vari modelli europei di minimum income, misure di contrasto alla povertà già adottate in alcune nazioni. E cosi' il reddito diventa strumento non per ridistribuire parte della ricchezza prodotta a favore degli esclusi dal mercato del lavoro, acquista la caratteristica di un Reddito di inclusione,  simile a quello in vigore in Italia dal luglio scorso.
Il “Reddito di cittadinanza” cui sta lavorando il Governo dovrebbe essere altro  ma il vero nodo è quello delle coperture perchè i soldi mancanti Grillini e leghisti volevano recuperarli dai tagli al welfare, dalla cosiddetta spending review.  Vedremo intanto la prossima Legge di Bilancio se troverà copertura finanziaria per il reddito, in base ai soldi capiremo la platea dei destinatari.

Di sicuro esistono delle soluzioni all'orizzonte che vanno dall'incremento delle pensioni piu' basse fino a un reddito per chi non ha alcuna entrata economica, una manovra complessiva che dovrebbe assorbire e ampliare (ma non è detto fino a che punto) la platea dei benificiari dell'attuale reddito di inclusione sovvenzionato anche con i fondi Ue.

  La questione dirimente per noi resta un'altra, invece di un sussidio potremmo pensare  a salari in cambio di lavori socialmente utili, a potenziare il welfare e i servizi sociali per garantire servizi dignitosi e a tutti\e invece di proseguire sulla strada dei sussidi. Ma questa ottica prevede un ruolo dello Stato attivo, protagonista e propulsore del pubblico, l'esatto contrario di quanto avviene ormai da 30 anni.  In Francia o in Germania esiste già lo scambio tra salario e un impegno minimo di tot ore di attività settimanali.

Negli ultimi 10 anni sono cambiati in molti paesi gli strumenti e gli schemi di reddito minimo, il sussidio in Germania è pensato appositamente per chi si trova senza un lavoro ma intende trovarne uno nuovo, è una misura destinata  a quanti sono ancora forza lavoro attiva. L'esperienza tedesca, per quanto ne dicano gli attuali governanti italiani, è guardata con interesse perchè se arriveranno dei soldi sotto forma di salario minimo non saranno a fondo perduto, avranno una contropartita fuori da logiche di mero sussidio\elemosina.

 Per questi motivi,  il reddito di cittadinanza (5 milioni gli interessati per una spesa che oscilla tra 9 e 10 miliardi di euro) andrà a sostituire \ ampliare l'attuale reddito di inclusione legando la corresponsione di soldi a una merce di scambio che potrebbe essere quella di lavori socialmente utili che andrebbero invece pensati come lavori a tutti gli effetti , lavori utili e necessari per la comunità in cambio di un salario dignitoso . Il cantiere che darà vita al reddito di cittadinanza è ancora in fibrillazione, sarebbe il caso di comprendere bene gli scenari e di avanzare delle proposte.

A sinistra, si fa per dire, la tentazione è quella di emulare il governo social democratico tedesco di inizio secolo con i mini jobs, altri pensano che la merce di scambio sia quella di rendersi disponibili per attività sociali, tutte proposte che partono da un comune punto di vista: il ruolo passivo dello Stato, nessuna statalizzazione, nessun potenziamento del welfare, zero investimenti per costruire lavoro pubblico o per investire soldi nella ricerca di nuove tecnologie. Denaro da far circolare e da reinvestire sotto forma di bonus, del resto siamo o non siamo l'economia del bonus?

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