Razzismo tra guerra e lotta di classe

Il razzismo in Italia si diffonde insieme a miseria, rassegnazione e sfruttamento. Tanto maggiore è la impotenza delle classi sociali meno abbienti, quanto piu' aumenta il disprezzo verso i migranti. E' accaduto anche in altri paesi europei, la lotta tra poveri rappresenta la strategia per dividere i proletari e sfruttarli, il divide et impera con cui da sempre si governa.
Venuto meno, o meglio ghettizzato in cerchie ristrette, il sostegno alle lotte operaie e sociali cresce anche la chiusura culturale e non si guarda con la dovuta attenzione alle lotte degli immigrati (dentro \ fuori i luoghi di lavoro) come parte significativa della lotta di classe che, anche nei momenti di minore conflittualità ,non viene mai meno manifestandosi con forme differenti. 
In numerosi ambiti, dalle lotte della casa alla logistica, dalla raccolta nei campi alle metropoli, non mancano momenti e percorsi unificanti di proletariato autoctono e straniero, queste realtà vanno comprese, sostenute e valorizzate senza ometterne i limiti e le contraddizioni ma , lo ripetiamo ancora una volta, la pratica quotidiana di lotta e conflitto resta la sola strada percorribile.
E' tuttavia innegabile che la comprensione di quanto accade in Italia non puo' eludere le questioni di fondo ossia capire le trasformazioni sociali e del mercato del lavoro, i flussi migratori e i cambiamenti che investono la società. Servono dati ma anche una lettura non generica e improntata solo alla cronaca. Ci sono istanze, come quelle legate alla raccolta di frutta del bracciantato migrante nel centro sud, che dovrebbero rappresentare uno dei temi qualificanti del conflitto sindacale e sociale, al contrario vengono relegati ad ambiti locali
Pochi hanno studiato i fenomeni migratori, scarne informazioni arrivano dall’Africa e dal Sud est asiatico ove le lotte operaie e contadine non mancano ed esprimono anche livelli di conflittualità elevata. Con anni di ritardo abbiamo acquisito informazioni sulle lotte operaie in Cina, lo stesso accade per altri paesi. Di sicuro gli investimenti occidentali in Africa e nel sud est asiatico sono destinate allo sfruttamento delle risorse locali e sono causa di conflitti interni e flussi migratori che vengono gestiti e organizzati dalle stesse potenze imperialiste che dislocano multinazionali per sfruttare le risorse
La rimozione della guerra ha giocato un ruolo dirimente nell'immaginario collettivo, scomparsa la guerra imperialista e le sue cause è difficile comprendere i cambiamenti dei flussi migratori che aprono nuove contraddizioni nel mondo occidentale. Per queste ragioni diventa dirimente anche in Europa la questione guerra a partire dalla lotta contro la militarizzazione dei territori, contro le fabbriche di armi per la loro riconversione. Il movimento contro la guerra deve partire dai territori, costruirlo non è facile ma le servitu’ militari sono sempre piu’ diffuse. In Italia esistono numerose e meritevoli associazioni antirazziste ma la nostra logica deve essere diversa, non limitarsi a fornire servizi e informazioni, assistenza medica e legale, forme di aiuto e di supporto indispensabili ma spesso gestiti in termini caritatevoli e fuori da ogni logica conflittuale per la conquista dei diritti sociali
La propaganda razzista ha preso corpo in un corpo sociale devastato da anni di privatizzazioni , privazioni e austerità, non a caso la xenofobia si va diffondendo in tutti i paesi europei ma è partita dai paesi piu’ colpiti dalle crisi  economiche , dall'abbassamento delle tutele collettive, dalla riduzione del potere di acquisto e di contrattazione, paesi nei quali i tagli al salario e al welfare vengono visti sovente come sottrazione di risorse e diritti a favore dei migranti. I paesi a capitalismo avanzato hanno potuto selezionare i flussi migratori, scegliersi la manodopera piu’ qualificata da inserire nel mercato del lavoro. L’esercito industriale di riserva odierno è costituito da manodopera in fuga dalla guerra e con scarsa scolarizzazione, per questo disposta a lavorare per pochi euro al giorno
La corretta informazione gioca quindi un ruolo importante ma da sola non puo' bastare , serve investire la sfera degli interessi materiali.
E qui entra in gioco il rapporto ormai perduto tra l'analisi e la prassi, tra le enunciazioni di principio e pratiche concrete.
Prendiamo ad esempio la manifestazione milanese, una piazza che ha messo insieme il Pd e le realtà antirazziste, un matrimonio innaturale che rischia di portare acqua al mulino di politiche non molto distanti da quelle della Lega, del resto molte delle esternazioni di Salvini ricordano quelle di alcuni ministri Pd che si vantano di avere precorso le politiche dell'attuale Governo.
Ma Lega e 5 Stelle che fanno per restituire dignità alla nostra esistenza ? Non cancelleranno la Fornero, non elimineranno il jobs act, non colpiranno i capitali finanziari, non pubblicizzeranno aziende privatizzate da Prodi e d'Alema, non chiederanno i dati ai managers pubblici poi transitati con gli stessi incarichi alle aziende nel frattempo privatizzate.
Il Governo utilizza ogni giorno la propaganda per indirizzare l'odio della piccola borghesia, di ceti proletari impoveriti verso i migranti, meglio che se la prendano con gli ultimi che acquistino consapevolezza sui reali responsabili del loro immiserimento.
Le fake news e la disinformazione imperante neoliberista è stata determinante, la stessa nozione di sicurezza ha subito trasformazioni profonde se pensiamo che un tempo sicurezza era sinonimo di welfare, diritti sociali, lavoro dignitoso, case popolari. Oggi la sicurezza viene declinata in termini razzisti e di esclusione dei ceti popolari migranti, anzi la lotta contro gli ultimi (vedi i Daspo urbani) non ha confini e viene alimentata contro italiani e stranieri. L'appello generico di alcuni intellettuali (silenti verso l'Europa della guerra contro la Serbia o delle leggi di austerità) contro il razzismo diventa strumento utile per rimettere in campo il Pd e quella sinistra che per anni ha spianato la strada alla Lega, il razzismo di oggi ha origini e cause lontane, alimentato da politiche e culture avallate e mai contrastate, se vogliamo restituire forza all'antirazzismo non va separato dalle lotte sociali e di classe, evitare che diventi un fatto etico, di costume, una espressione culturale alimentata dall'oblio verso il “Pacchetto-Sicurezza” di Maroni nel 2009 e il decreto Minniti  o verso le condizioni materiali in cui autoctoni e migranti lavorano nei campi, nella logistica, nel terziario.
L'antirazzismo per acquistare forza e credibilità deve parlare dei problemi reali, essere accompagnato da pratiche coerenti, guardare agli assetti urbanistici, non pensare di potere vivere solo sulla carta stampata, comprendere anche la natura dei flussi migratori alimentati dalla guerra, quella guerra che nessuno contrasta piu' in Occidente subendo la militarizzazione dei nostri stessi territori come fatto ineluttabile.
Non si puo' essere antirazzisti e allo stesso tempo accettare il lavoro nero se fatto dagli italiani o pensare che il lavoro gratuito e senza tutele sia preferibile alla disoccupazione.
Lotta di classe e antirazzismo si intrecciano e assumono la valenza di una forte opposizione culturale, sociale, politica al modo di produzione capitalistico, alla struttura e sovrastruttura che lo caratterizza. In caso contrario andremo poco lontano.
La contraddizione capitale e lavoro, le questioni urbanistiche e ambientali, la lotta contro la guerra e la militarizzazione dei territori sono parti integranti della lotta al razzismo le cui origini affondano nella sconfitta della classe operaia e dei movimenti. Dopo 30 anni di abiure, apnee, rievocazioni ipocrite e nostalgie è arrivato il momento di riprendere un ragionamento complessivo e pratiche sociali coerenti

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