Terrestrità non è semplice mondialità o altermondialità
Terrestrità
non è semplice mondialità o altermondialità
di Laura
Tussi
La parola
mondialità, di conio ONU-UNESCO, è invece usata in una accezione positiva da
organizzazioni cattoliche e pacifiste e rinvia all'idea di una unica famiglia
umana, fondata sul dialogo interculturale (specialmente inter-religioso) e la
solidarietà tra le persone, le comunità, i popoli. Suoi riferimenti sono la
pace, la giustizia, il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente.
Quello che
il concetto di terrestrità aggiunge alla semplice mondialità nasce
dall'introiezione ed assimilazione più coerente e profonda del pensiero
ecologista. Gli esseri umani non sono solo abitanti del Pianeta Terra, ma figli
e figlie di Gaia, la Madre Terra, cioè parte, membri di un unico super-
organismo vivente. Qui non solo si va ben oltre gli Stati-nazione e la stessa
comunità degli Stati-nazione.
La cultura della pace del XXI secolo viene resa coerente e può passare da una
visione strettamente antropocentrica ad una visione olistica biocentrica
includente la totalità degli esseri viventi (mondo vegetale, mondo animale,
mondo umano) Da qui l’importanza dello sviluppo dei diritti degli animali,
delle piante, della "Natura", composta da "ecosistemi" cui
si può pensare di riconoscere personalità giuridica.
L'Umanità
in quanto tale deve diventare un soggetto giuridico, e questa era la proposta
della Carta che Corinne Lapage, ministro dell'ambiente francese, non riuscì a
presentare alla COP 25 di Parigi perchè conteneva l'istanza antinucleare.
Ma nemmeno questo basta: bisogna, sottolineamolo, anche riconoscere i diritti
autonomi della Natura, da identificare come comunità globale di vita, e per
soprammercato come equilibrio tra ciò che possiamo definire vivente e ciò che
non lo è.
Lo aveva
intuito San Francesco d'Assisi: anche ciò che non è vivente, ma è alla base
della nostra vita, va considerato nostro fratello e sorella: l'acqua, il fuoco,
il Sole, le stelle, la Luna...
La diseguaglianza è inaccettabile, ma bisogna riconoscere il suo nesso con la
guerra contro la Natura, espresso dall'intreccio tra emergenza climatica ed
emergenza nucleare.
La pace tra Uomo e Natura, condizione della lotta alla disuguaglianza, postula
cambiamenti radicali, il rivoluzionamento dei principi fondatori dei sistemi
economici, politici, militari, ideologici dominanti.
La Terra è molto di più che il nostro "luogo di vita" (oikos), la
nostra "casa comune", per come ce la indica una metafora usata ed
abusata.
E' la
nostra Madre, è la Natura cui apparteniamo e quindi non ci può appartenere.
Nessun essere umano, nessuna organizzazione umana ne può essere proprietario/a.
Gli esseri umani, come tutte le specie viventi, sono il risultato
dell’evoluzione della vita della Terra, vita nata circa 3 miliardi di anni fa
su un Pianeta che ha 5 miliardi di anni.
Ogni comunità umana va allora considerata un membro vivo dell'unico ecosistema
terrestre: per questo l’escludere, il segregare, il mettere in pericolo di vita
gruppi, categorie o comunità umane devono essere trattati come atti criminali
da condannare senza compromessi. Ma questo stigma di comportamento criminale
andrebbe attribuito anche ai comportamenti che mettono a rischio gli ecosistemi
particolari che compongono l'ecosistema globale.
La cittadinanza globale deve prescindere dall'appartenenza ad un singolo Stato
"nazionale", ed anche dall'essere "risorsa" per l’economia
il cui valore è determinato in funzione al suo contributo alla creazione della
"crescita" calcolata in termini monetari.
La
cittadinanza per gli uomini e per le donne deve essere riconoscimento di
appartenenza alla comunità dei viventi, nel recepimento della visione moderna
(ricollegantesi anche ad alcune visioni ancestrali dei popoli indigeni) che ha
superato l'antropocentrismo con il biocentrismo.
Oggi, la distinzione tra la specie umana (l’umanità) e le altre specie viventi
resta ma abbiamo acquisito la coscienza di far parte integrante dell’insieme
della vita della Terra e della sua evoluzione. Esseri umani, facciamo parte
della "Natura", siamo "Natura". Insieme alle altre specie
viventi costituiamo la comunità globale della vita della Terra, ben piantata
sulla sua necessaria infrastruttura fisico-materiale.
La Terra, anche nel suo scheletro non vivente, dobbiamo concepirla come un
unico super-organismo di cui siamo "membri" organici.
Questa
nuova visione biocentrica, concretamente, sul piano organizzativo del vivere
insieme, ci conduce ad entrare in una prospettiva storica
dell’istituzionalizzazione giuridico- politica della «comunità globale della
vita», ossia dell'ecosistema globale.
Quando si
parla di "proteggere" o "salvare" la vita della terra, si
parla dell'equilibrio e della cooperazione di tutte le specie viventi nel
rapporto indissolubile con l'infrastruttura non vivente.
Pertanto se
l’economia, come dice la sua etimologia, è l’insieme delle "regole della
casa" è evidente che essa deve diventare un sottoinsieme
dell'ecologia, cioè che l’attuale economia mondiale deve essere modificata alle
radici perché essa non è altro che un insieme di regole fondate sul principio
dell'accumulazione illimitata a profitto di pochi, che, violentando la Natura,
genera esclusione, inuguaglianza, competitività, guerra.
Ma
altrettanto devono essere soggetti a cambiamento i sistemi politici e culturali
fondati sulle medesime finalità.
Un punto su cui, per finire, bisognerebbe riflettere è anche se il biocentrismo
possa rappresentare un antidoto alle rappresentazioni titaniche dell'uomo come
quelle implicate dal concetto di “antropocene”, cioè della convinzione che le
attività umane siano ormai diventate la forza determinante nello stabilire i
destini della vita e le leggi di sviluppo del Pianeta. Esiste la responsabilità
umana, una particolare responsabilità di "custodi" e coordinatori in
virtù dell'intelligenza, ma deve sottrarsi alle sirene implicite della
"deificazione", cioè alla idea che la vita in quanto tale, nelle
forme e negli sviluppi, dipende ormai solo da noi. Non dobbiamo pretendere di
indirizzare il divenire della Vita, ma solamente fare la nostra parte, con
intelligenza e saggezza, con l'uso ragionevole delle conoscenze scientifiche,
per garantirne l'equilibrio nel continuare lo svolgimento naturale dell'evoluzione.
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