La memoria condivisa non fa i conti con il revisionismo storico
Sono trascorsi 3 anni e mezzo da quando, Settembre 2019, il Parlamento Europeo votò a stragrande maggioranza, una risoluzione sulla importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa.
A parte le ripetizioni, non nostre, è importante soffermarsi sulla continua affermazione di unità europea, di condivisione della memoria come pilastro portante del futuro. Perchè solo nel 2019 la Ue ebbe bisogno di una Risoluzione del genere? Le risposte sono molteplici e non ultimo è il calcolo politico, di tenuta degli equilibri interni per scongiurare la crisi tra i paesi più forti e quelli deboli nei quali il vento del sovranismo soffia con particolare forza. Un mero calcolo politico e a farne le spese è la storiografia e la stessa verità storica.
Nella memoria condivisa non troviamo traccia del passato coloniale europeo , del suo ruolo economicamente s storicamente importante ma per nulla progressivo. Siamo certi che il passato coloniale, se non conosciuto o banalizzato, diventi una sorta di retroterra ideologico per il moderno e spicciolo razzismo dei nostri giorni, per affermare alla occorrenza una visione del mondo europeo centrica o allineata con gli Usa.
Quando la memoria è condivisa, noi tutti\e diventiamo meno radicali ed estremisti ma questa sorta di pacificazione imposta dall'alto ci rende ciechi, incapaci di distinguere l'odio razziale da quello di classe equiparati invece dentro una lettura parziale e storiograficamente errata. Il brodo di coltura dei luoghi comuni è proprio il terreno della memoria condivisa, delle semplificazioni e del mondo senza ideologie che annuncia la fine della storia.
La idea di equidistanza dai totalitarismi ha finito con il creare un altro falso mito riparatore delle ingiustizie, il cosiddetto mercato. Davanti alle crescenti disuguaglianze e contraddizioni della società capitalistica è venuto meno uno sguardo critico e antagonista, la memoria condivisa ha contribuito, come la fine della storia, a cancellare ogni aspirazione a una società diversa da quella capitalista.
Al contempo non vogliamo tuttavia banalizzare importanti contributi sulla nozione di totalitarismo come quelli prodotti, in decenni di studio, da Enzo Traverso , ci limiteremo solo a ragionare sull'utilizzo politico e mediatico della nozione stessa di totalitarismo.
L'anticomunismo è stato il miglior biglietto da visita per entrare nella comunità europea, basti vedere alcune nazioni occidentali (Ucraina, Romania, Croazia per dirne alcune) e la loro nuova identità nazionale costruita sulla esaltazione del passato nazionalista e filo nazista.
Le narrazioni revisioniste sono pur sempre partite dalla descrizione del comunismo come impero del male fondendosi alla occorrenza con le pratiche economiche del neo liberismo. Se ascoltiamo i discorsi del presidente dell'Ucraina non possiamo che ritornare con la mente a qualche anno fa e alle teorie sulla fine della storia, al collante ideologico di un Occidente perennemente in guerra per conquistare il controllo di ogni area del Globo. Rievocare ataviche paure (l'Oriente e l'Islam ad esempio) è sempre utile e funzionale ai disegni imperiali.
Se chiedessimo ad uno studente tra i 15 e i 20 cosa sia il totalitarismo avremmo una risposta forse confusa ma soprattutto non corretta dal punto di vista storico e storiografico. Sia ben chiaro la responsabilità non è dei giovani ma di quanti hanno perso memoria, di una classe intellettuale passata armi e bagagli al nemico, di una società che ormai bandisce ogni informazione estranea ai format urlati della Tv.
Tuttavia dovremmo partire da noi stessi e chiederci se abbiamo fatto tutto il possibile per alimentare una visione critica della società odierna o se invece il ripiegamento sul passato non sia una sorta di preoccupante segnale che cela estraneità rispetto al mondo reale e alle sue tante contraddizioni.
Da almeno un ventennio è attiva la riscrittura dei libri di testo soprattutto di storia, geografia e italiano, del resto il revisionismo storico in matematica o fisica non troverebbe terreno fertile, è venuta meno l'autonomia dell'insegnante e dell'intellettuale dal pensiero dominante anche se, in mezzo a tanto caos, già da qualche anno, sta prendendo corpo una nuova generazione di storici intelligenti e preparati, attivi anche in dibattiti pubblici, autori di pubblicazioni rinnovate che provano ad inceppare la macchina bellica del revisionismo.
E' il mondo dell'università e della scuola dove questo sforzo analitico e storiografico sarebbe più utile, anzi indispensabile, eppure per quieto vivere e trasformismo ideologico e politico tanti insegnanti e ricercatori (molti dei quali anche con un passato politico a sinistra) non hanno mosso un dito in questi anni, o rinchiudendosi in ricerche settoriali per pochi eletti o tacendo opportunisticamente per accaparrarsi i fondi di ricerca.
Va detto con estrema chiarezza e senza remore: le scuole e le università si dovrebbero occupare per obiettivi concreti quali contrastare i baroni, il cattivo funzionamento dell'università, i mancati fondi per la ricerca dopo la laurea, il blocco dell'ascensore sociale, la precarietà lavorativa che mortifica anni di studio, la carenza di borse e fondi per il diritto allo studio in generale.
I luoghi comuni dominanti per essere confutati hanno bisogno di un esercito invisibile ma combattivo di soggetti pensanti e conseguenti, non ci si limiti alle parole ma si porti avanti iniziative coerenti con i principi enunciati. Pensiamo al ruolo di certi insegnanti cattolici che promuovono seminari o incontri contro l'aborto e con le Sentinelle in piedi, sulla fede e sul cattolicesimo, propongono campi estivi con associazioni e parrocchie, possibile che a sinistra ci si limiti alla difesa , pur giusta ma salottiera, dei diritti di genere o LGBT? Non abbiamo da dire e da fare altro?
La crisi di identità europea è il risultato del modello costruito con la Ue, una alleanza monetaria e finanziaria in subordine alla Nato e agli Usa come dimostra la recente guerra in Ucraina.
Le storielle sulla Europa dei popoli sono servite per imbellettare il patto di Maastricht, la libera circolazione di merci e di capitali ma anche la fine di ogni sovranità politica (e perchè no culturale) tanto che le riforme in materia di welfare, lavoro, sanità e pensioni avvengono in ogni paese con le stesse caratteristiche e a mero discapito della gestione pubblica.
Nel momento in cui il centro sinistra europeo condanna il sovranismo e il populismo finisce con l'assumere un punto di vista opposto, fa proprio il revisionismo storico ed equipara nazismo e comunismo in una Risoluzione tanto ambigua quanto storiograficamente debole.
Qualcuno pensava fosse sufficiente una risoluzione del genere per porre fine , o almeno circoscriverli, ai contrasti interni ai paesi membri della Ue, forse dovremmo guardare ad alcuni paesi prima del 2019 e poi riguardarli nei nostri giorni, comprendere le ragioni di certe politiche e posizioni, ci imbatteremmo sempre e comunque nella guerra, nei flussi migratori, nelle privatizzazioni più o meno selvagge, nelle regole comunitarie che impongono il pareggio di Bilancio e le politiche di austerità, in partiti di destra che alimentano xenofobia e razzismo ma al contempo sognano l' economia liberista dei Chicago Boys.
Già 10 anni prima, estate del 2010, il Parlamento europeo istituì la giornata commemorativa delle vittime di nazismo e stalinismo, il percorso arrivato alla Risoluzione è stato lungo ma alla fine ha contribuito a creare un solco da Occidente e Oriente, a rileggere i fatti storici in termini tanto semplicistici quanto di facile utilizzo per la guerra in Ucraina, per giustificare l'interventismo europeo in funzione anti Russa.
Non c'è solo da essere indignati per questa Risoluzione europea che farebbe impallidire perfino un convinto atlantista come De Gasperi che nel 1945 riconosceva l'apporto insostituibile dei comunisti nella lotta contro il nazi fascismo, occorre invece prendere atto di quanto osteggiata sia oggi la ricostruzione storiografica e la stessa storia come materia di studio.
Gli storici da social sono come quelli che pensano di curare le malattie con qualche placebo o sono certi di avere soluzioni per ogni male dopo avere ascoltato qualche apprendista stregone, eppure questa tipologia di storici è dominante nella opinione pubblica, non vuole contestualizzare e guardare le fonti, men che mai ricorre alla storia delle idee o alle pratiche sociali.
Quello che nel nostro piccolo stiamo provando a fare è restituire una complessità storica e un punto di vista critico e di classe, non si possono equiparare nazismo e comunismo anche perchè dovremmo negare i 25 milioni di morti sovietici nella guerra contro il nazi fascismo.
Piaccia o non piaccia senza i comunisti non sarebbe stato sconfitto il nazismo e il fascismo, senza i comunisti non sarebbe stata restituità dignità e forza alle classi subalterne. Ma allo stesso tempo se è indispensabile affermare una battaglia delle idee resta ancora più urgenze una presenza attiva e propositiva nel corpo sociale, il vecchio rapporto tra teoria e prassi resta indispensabile e insostituibile.
Ps si rinvia al testo di Davide Conti L'anima nera d'Europa 2022
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