L'abominio delle restrizioni di non concorrenza

In Italia non se ne sa molto ma quanto accade negli Usa  dovrebbe indurre a qualche riflessione sulla realtà del Mercato e della società capitalista.



Recentemente sono state sanzionate alcune società Usa che avevano imposto restrizioni di non concorrenza ai lavoratori impedendoli di cercare-accettare un lavoro diverso o gestire qualche attività con società concorrenti anche dopo la fine del rapporto di lavoro.

Una sorta di contratto a vita che ricorda quell'obbligo di fedeltà aziendale che spinto alle estreme conseguenze determina una sorta di schiavitù della forza lavoro.

Detto in altri termini una azienda potrebbe far sottoscrivere, insieme al contratto, l'obbligo di non lavorare in futuro per una azienda concorrente che magari offra condizioni salariali e contrattuali migliori. Il lavoratore diventa così proprietà del suo padrone che potrà deciderne il futuro a proprio piacimento.

Chi oggi esulta per le sanzioni imposte al principio di non concorrenza per anni ha ignorato il problema, poi c'è chi invocava una sorta di obbligo morale del singolo dipendente verso la sua azienda accettandone magari i bassi salari, i ritmi pressanti e condizioni lavorative precarie e pregiudicandosi al contempo un futuro migliore.

Non si tratta di concorrenza sleale ma di ben altro, a pensarci bene si capisce come il mercato e la libera concorrenza in realtà siano solo slogans che stridono con la realtà. Il potere assoluto datoriale sulla forza lavoro e l'assenza di una legislazione in materia di lavoro che assicuri effettive tutele. E certe regole vengono a cadere quando non servono più perchè sono cambiate le necessità per il sistema produttivo, magari si è passato da un regime di monopolio alla necessità di riconvertire settori produttivi sulla spinta della crisi energetica.



Oggi negli Usa si inizia a fare marcia indietro su queste restrizioni per favorire la libera circolazione delle merci e del capitale umano o per impiegare la forza lavoro già formata in aziende con il vento in poppa (in nome della mobilità e la flessibilità della forza lavoro tanto care al capitale), non sono certo i principi di giustizia o l'attenzione ai diritti umani e sociali a muovere la critica delle istituzioni Usa.

Già 7\8 anni fa era noto che quasi il 20 per cento della forza lavoro sanitaria pubblica e privata era soggetta a clausole contrattuali che impedivano la non concorrenza, questa era una richiesta storica del capitale monopolista che non voleva perdere la propria forza lavoro specializzata e proprio in virtu' di questi accordi la teneva legata a sè attraverso il ricatto e i bassi salari.

il dietro front negli Usa è anche legato alla mancanza di forza lavoro specializzata (pensiamo ad ingegneri e laureati) che una volta terminato un rapporto di lavoro non potevano essere impiegati in una azienda concorrente creando alla fine un danno al sistema capitalistico.

Ancora una volta non sono le ragioni umanitarie o la giustizia sociale a spingere verso l'abrogazione di norme liberticide, per limitarne gli effetti è sufficiente che risultino inutili o non convenienti alla divinità assoluta del Mercato.



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