Povertà relativa e assoluta: l'Italia affonda nella miseria
La povertà assoluta nel 2020 colpisce più di 5 milioni e mezzo di persone
Che la povertà sia un problema sociale è cosa risaputa ma i mille risvolti dell'impoverimento sono ancora attribuiti al destino, alla crisi economica, alla pandemia e alla guerra, a cause di forza superiori indipendenti dalla nostra volontà.
La miseria crescente è invece il risultato di scelte economiche e finanziarie, delle scelte politiche operate negli ultimi 40 anni, il frutto dei processi di ristrutturazione capitalisti determinati dall'avvento del neo liberismo.
Nell'immaginario collettivo la miseria, come del resto la disoccupazione, sono attribuibili a colpe individuali, nella società della presunta efficienza e competizione le storture sistemiche diventano responsabilità dei singoli senza che la società si faccia carico di correggere il tiro affrontando collettivamente il problema.
La povertà odierna è per altro fotografata anche dai dati statistici dell'Istat che da anni, inascoltata, analizza le disuguaglianze sociali tra povertà relativa e povertà assoluta, entrambi in continua crescita.
Le famiglie italiane per i consumi, per acquistare beni e servizi, spendono sempre piu' soldi , se pensiamo alle classi sociali meno abbienti il 70\5 per cento del loro reddito è impegnato per pagare mutui, tariffe o fare la spesa. La soglia di povertà varia in base al numero dei componenti della famiglia ma la spesa media per consumi è incontrovertibile e sancisce la disuguaglianza crescente e la perdita del potere di acquisto di salari e pensioni iniziata da 40 anni fa e particolarmente presente in Italia rispetto ad altri paesi Ue.
La crisi del potere di acquisto in Italia è sancita dalla cancellazione della scala mobile, dal pareggio di Bilancio in Costituzione e dalla tendenza al ribasso dei contratti nazionali con il secondo livello di contrattazione destinato alle deroghe continue rispetto al ccnl applicato, barattando irrisori aumenti contrattuali con la detassazione degli utili.
E cosi' operando anche le risorse destinate al welfare diminuiscono mentre i salari elevati beneficiano di una tassazione favorevole frutto della cancellazione di tante aliquote contributive crescenti in rapporto al reddito percepito.
Se la povertà relativa fotografa le disuguaglianze, quella assoluta è data dalla impossibilità di una famiglia di acquistare i servizi e i beni essenziali per la mera sopravvivenza e anche in questo caso i nuclei in grande sofferenza stanno aumentando.
Oggi si diventa poveri, relativamente, anche in presenza di un lavoro stabile, è sufficiente una spesa straordinaria (il dentista ad esempio ormai fuori dal Servizio sanitario nazionale), la necessità di ricorrere ad una prestazione sanitaria privata (le liste di attesa nel SSN sono infinite per i tagli accordati alla spesa sanitaria nel suo complesso), il cambio delle gomme ad un'auto, il guasto del motorino, per trovarsi in una condizione di grande difficoltà, non arrivare insomma alla fine del mese.
Da anni le famiglie italiane stringono la cinghia tagliando spese "superflue" o rinunciando a mandare i figli all'università, le spese per formazione e cultura (dalle quali dipende anche la qualità della vita e l'accrescimento di opportunità lavorative) sono tra le voci oggetto di maggiori tagli.
La società odierna è sempre più diseguale, crescono le differenze economiche tra i vari ceti sociali e l'ascensore sociale, in continuo movimento negli anni neokeynesiani, è fermo da lustri.
L'autonomia differenziata rischia di acuire disuguaglianze e disparità tra le regioni del Nord e quelle del Sud ma il problema di fondo è sempre lo stesso: a pagare la crisi economica, l'esponenziale aumento delle spese militari, le conseguenze degli embarghi con il rincaro, 5 volte tanto, dei costi energetici, sono le famiglie italiane meno abbienti, i ceti popolari e proletari a seconda di come si vogliano definire.
La società dei consumi alimenta a sua volta una falsa morale etica, quella del consumatore, in realtà il lavoratore indebitato non viene mai visto come espressione della perdita di potere di acquisto del salario o della pensione ma criticato come inutile spendaccione .
Il crollo del potere di acquisto è stato accompagnato nel tempo da provvedimenti atti a favorire lo strapotere delle elites dominanti mortificando al contempo i subalterni, di questo e di molto altro dovremmo occuparci tutti\e senza esclusione alcuna.
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