L'Hub Nato che spia il Sud

L’arte della guerra




Manlio Dinucci


Taglio del nastro il 5 settembre a Lago Patria (Napoli), dove ha sede il Comando della forza congiunta Nato (Jfc Naples): nel suo quartier generale (85000 metri quadri, con un personale di 2500 militari e civili in aumento) viene inaugurato l’«Hub di direzione strategica Nato per il Sud» (Nsd-S Hub). Fortemenre caldeggiato dalla ministra Pinotti, esso ha il compito di «raccogliere informazioni e analizzare una varietà di questioni relative a destabilizzazione, terrorismo, radicalizzazione e migrazione». È in altre parole un centro di intelligence, ossia di spionaggio, la cui attività «si concentra sulle regioni meridionali, comprendenti Medioriente, Nordafrica e Sahel, Africa subsahariana ed aree adiacenti».

Il Comando della forza congiunta Nato, di cui entra a far parte il nuovo centro di intelligence, è agli ordini di un ammiraglio statunitense nominato dal Pentagono – attualmente Michelle Howard della U.S. Navy – che comanda allo stesso tempo le Forze navali Usa in Europa (con quartier generale a Napoli-Capodichino e la Sesta Flotta di stanza a Gaeta) e le Forze navali Usa per l’Africa. Compito del JFC Naples è «pianificare e condurre operazioni militari nell’area di responsabilità del Comandante supremo alleato in Europa e al di là di tale area».

Il Comandante supremo alleato in Europa – attualmente Curtis Scaparrotti – è sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati uniti. Lo stesso generale è allo stesso tempo a capo del Comando europeo degli Stati uniti», la cui area operativa comprende l’intera regione europea e tutta la Russia (inclusa la parte asiatica), più alcuni paesi dell’Asia occidentale e centrale: Turchia, Israele, Georgia, Armenia e Azerbaigian.

Poiché il nuovo «Hub di direzione strategica Nato per il Sud» è sotto il comando dell’ammiraglia Howard e questa, a sua volta, è sotto il comando del generale Scaparrotti, esso è di fatto inserito nella catena di comando del Pentagono ed è funzionale prioritariamente alla strategia statunitense. In base alle informazioni raccolte (o fabbricate) dal Nsd-S Hub la Nato deciderà i suoi interventi militari in Medioriente, Africa e aree adiacenti.

Il centro di intelligence Nato si avvale della collaborazione, oltre che di università e think tank (come l’University College London e l’Overseas Development Institute), di organizzazioni delle Nazioni Unite (tra cui l’Unicef e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni) e di organizzazioni non-governative (tra cui Oxfam e Save the Children). Tali organizzazioni, oltre ad essere strumentalizzate quale volto «umanitario» del Nsd-S Hub, rischiano di essere coinvolte, attraverso agenti infiltrati, in azioni di spionaggio e altre operazioni segrete condotte dal centro di intelligence Nato in paesi mediorientali e africani.

Le questioni di cui si occuperà il nuovo centro di intelligence – destabilizzazione, terrorismo, radicalizzazione, migrazione – sono ben note al quartier generale di Lago Patria. È stata infatti la Nato a destabilizzare la Libia alimentando al suo interno terrorismo e radicalizzazione, per poi demolire lo Stato libico con la guerra provocando una migrazione forzata dalle conseguenze disastrose.

In questa e nella guerra coperta condotta in Siria, ha svolto e svolge un ruolo primario il Comando Nato di Napoli. Quello che nel 2011 ha diretto l’attacco aereo-navale che ha martellato la Libia con oltre 40 mila bombe e missili, e che ora viene definito dalla Pinotti «Hub per il Sud» con la missione di «ricostruire Stati falliti».

(il manifesto, 5 settembre 2017)


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