Cultura della prontezza o follia guerrafondaia?
Yesterday's Papers: NATO - follia guerrafondaia
Da un articolo del Financial Times apprendiamo che la proposta del prossimo vertice NATO (tarda primavera 2025), sarà quella di portare la spesa militare dei paesi aderenti ad almeno il 3% del PIL.
Nel 2014 la NATO decise di darsi un obiettivo: ciascun paese avrebbero dovuto investire almeno il 2% del PIL per il militare, con l’arrivo della presidenza Trump le spese militari a carico della UE sono destinate a crescere, anzi in molte nazioni sono già raddoppiate in meno di 3 anni.
Nella relazione al Parlamento italiano, quella dove si elogiava la cultura della prontezza riferendosi alla capacità dell’esercito italiano e UE di intervenire rapidamente e con efficacia in tutti gli scenari ove “erano messi in pericolo gli interessi nazionali e internazionali”, il Ministro Guido Crosetto si soffermava sui processi riorganizzativi delle forze armate precisando in sostanza che il nostro Paese non avrebbe raggiunto il fatidico 2% di spesa in rapporto al PIL.
La scelta era sostenuta dalle difficoltà economiche e dalla crisi, i cui effetti prolungati influiscono negativamente sulla capacità di investimento nel settore della ricerca e produzione di sistemi duali.
La relazione in Parlamento di Crosetto evidenziava anche la necessità di nuove forme di finanziamento della spesa militare da considerarsi non solo come acquisto di nuovi sistemi di arma, ma anche attraverso processi di reclutamento, di razionalizzazione della spesa, di accordo pubblico e privato per focalizzare l’attenzione sulle sfide industriali e tecnologiche alle quali il vecchio continente non potrà sottrarsi.
Ma nella relazione del Ministero non c’è traccia del latente conflitto intestino alla NATO con gli USA che spingono la UE a investire maggiori risorse in campo militare, nella ricerca e nella produzione di sistemi di arma che poi avranno bisogno di componentistica statunitense.
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