Lettera aperta di un ex militante sindacale
riceviamo e pubblichiamo
Volevo intanto comunicarvi il mio personale smarrimento per le troppe amnesie collettive, la società liquida a lungo idealizzata, nel senso di una continua mutabilità delle relazioni sociali, istituzionali e delle identità umane, mi sembra una illusione in un paese ove la mobilità sociale è ferma da decenni e intravedo in sostanza il vecchio trasformismo della classe politica e sindacale. Io sono andato due anni all'università, poi davanti al posto fisso ho rinunciato ma mio padre avrebbe potuto mantenermi agli studi, dieci anni fa invece ho dovuto scegliere chi tra i due figli far laureare perchè i soldi non c'erano.
Le relazioni sociali non sono mutate, è piuttosto cambiata la società dopo decenni di vittoria ideologica della reazione, i valori di 30 o 50 anni fa sono stati travolti perchè faceva comodo distruggere quel tessuto sociale che poteva rappresentare un ostacolo oggettivo ai piani del capitale. Rispetto ad anni fa se sei operaio hai meno opportunità di passare ad impiegato, i figli frequentano le stesse scuole dei padri, la società è come se si fosse fossilizzata attorno alle vecchie e sempre valide disuguaglianze.
Sono da poco in pensione dopo 40 anni di lavoro nel privato, piano piano ho visto stravolto il potere di contrattazione, se prima potevi discutere dei processi organizzativi aziendali ora invece li subisci passivamente, se prima davanti a un pericolo per la nostra salute e sicurezza scendevi subito in sciopero o in agitazione oggi invece devi aspettare il grave infortunio e il morto. Ma in questo modo anche lo sciopero diventa un rito senza efficacia alcuna.
Incidenti e omicidi sul lavoro ci sono sempre stati ma è venuta meno la consapevolezza di potere in qualche modo fermare i processi di sfruttamento, la intensificazione dei ritmi e il ridursi dei tempi necessari per la produzione.
Una macchina difettosa portava gli operai a chiedere subito il blocco della produzione per gli interventi necessari, in questi ultimi anni ho visto la produzione andare avanti anche con l'assenso dei sindacati.
Cosa è cambiato? Intanto la paura si è impossessata dei nostri corpi e delle nostre menti, siamo letteralmente terrorizzati all'idea di perdere il posto o di finire nel girone infernale della cassa integrazione. Mio fratello da 16 anni è in cassa integrazione, se va bene lavora un mese e mezzo l'anno, un tempo gli chiedevano ogni giorno di fare gli straordinari, mia moglie per pulire gli uffici di una azienda aveva sei ore a disposizione, oggi con 4 deve fare lo stesso lavoro e a 61 anni non ce la fai più, accetteresti anche la pensione anticipata con grandi decurtazioni.
Avevamo un circolo aziendale che organizza 3 gite all'anno, due in musei che non avrei mai visto, una settimana in estate a prezzi contenuti nelle città d'arte, siamo stati in mezza Europa. Oggi quel circolo si limita a proporre dei bonus da spendere in palestre, ambulatori privati o negozi, organizza due cene sociali all'anno dove si parla di poco o di nulla. Il dopo lavoro era anche un luogo di discussione, organizzavamo la giornata mensile della solidarietà per raccogliere fondi, ne hanno beneficiato in tanti perchè alla fine si raccoglievano soldi a fini sociali e anche politici come quando mandavamo assegni per favorire l'agricoltura in Nicaragua, acquistavamo strumenti medici da inviare in Africa o a Cuba.
I pensionati non erano abbandonati alla solitudine o relegati in casa ad assistere i nipoti, almeno due volte alla settimana erano al circolo per iniziative sociali o per ascoltare qualche relatore, per giocare a bocce o a biliardo ma anche a vedersi un film e discutere davanti a un caffè.
Gli intellettuali erano parte del popolo, oggi il popolo lo guardano con sospetto. Avevamo una piccola biblioteca che ogni anno riceveva 100 libri in donazione, gli operai leggevano o almeno ci provavano, oggi quella biblioteca è stata donata al Comune.
Molti dei miei compagni oggi votano a destra, pensano che gli immigrati ci abbiano rubato il posto e i diritti, eppure i miei vicini di casa del Pakistan lavorano 11 ore al giorno per 1200 euro, hanno orari spezzati in un ristorante, chi di noi accetterebbe una paga da fame per questi orari? Ma tra pochissimi anni gli orari dei Pakistani saranno anche i nostri, se vuoi lavorare devi sottostare ai ricatti del padrone. Poi ci sono anche quelli che non lavorano e spacciano ma lo stesso potremmo dire per gli italiani, a 100 metri dal circolo c'è una sala corse dove da decenni vedo sempre le stesse facce e vi assicuro che sono italiani doc.
Avevamo fiducia nel sindacato ma ci ha girato le spalle, ricordo ancora quando hanno sottoscritto l'accordo che cancellava la scala mobile, da allora tutto è cambiato. A lungo abbiamo vissuto una vita ricca di esperienze e soddisfazioni come acquisire una casa con il pezzo verde dietro dove fai l'orto e tieni 4 galline, negli ultimi 15 anni tutto è cambiato, i soldi non bastano mai, devi fare sacrifici, nei posti di lavoro domina un clima di paura e di rassegnazione, si ricordano di noi solo per ratificare intese già sottoscritte e ogni protesta si scontra con un muro costruito con i padroni per tenerci chiusi nella nostra miseria ed ignoranza.
Io credo che andare avanti in queste condizioni non sia possibile ma rispetto a 30 o 40 anni fa non c'è la voglia di lottare, ce l'hanno fatta passare o siamo noi ad averla persa pensando che ogni cambiamento sia impossibile. Quale mondo consegneremo ai giovani? Non lo so, penso un mondo peggiore, senza solidarietà e senza speranza di cambiare le cose
Commenti
Posta un commento