Fondi pensionistici nordici: gli investimenti errati mandano dilapidano i risparmi dei lavoratori


Sul più grande fondo pensionistico danese, ATP  grava il già annunciato fallimento  della azienda svedese Northvolt, produttrice di batterie per il settore automobilistico, impresa leader nel nord Europa sulla quale il Fondo aveva investito ingenti risorse provenienti dai lavoratori danesi che oggi rischiano, se non interverranno Danimarca e Ue, di perdere la pensione.



Leggiamo della profonda crisi aziendale testualmente dal  loro sito 

Northvolt AB e alcune delle sue sussidiarie ("Northvolt") hanno presentato volontariamente domanda di riorganizzazione ai sensi del Capitolo 11 negli Stati Uniti. Consentendo all'azienda di ristrutturare il proprio debito, di ridimensionare opportunamente l'attività in base alle attuali esigenze dei clienti e di garantire una base sostenibile per la continuazione delle operazioni, queste domande di Capitolo 11 aiuteranno Northvolt a implementare le decisioni prese come parte della sua revisione strategica per ridefinire l'ambito dell'attività e dare priorità agli impegni verso i clienti.

https://northvolt.com/articles/chapter11/

Se investi nelle quote azionarie di una azienda i risparmi dei lavoratori (400 milioni di euro) e se la stessa va in bancarotta il disastro sociale è imminente.

E attenzione che  non sono in ballo sono le pensioni danesi ma anche di altri lavoratori del Nord Europa, infatti proprio in queste ore apprendiamo

 
ATP ha investito circa 2,3 miliardi di corone danesi (308 milioni di euro) in Northvolt e possiede circa il 5,3% delle azioni.
 
 
 
Un quadro esaustivo della situazione leggiamo direttamente da Scenari economici
 
L’ATP, nota anche come pensione integrativa del mercato del lavoro, è stata introdotta nel 1964 per integrare la pensione statale. Si tratta di un fondo integrativo che costituisce il “secondo pilastro” del sistema pensionistico svedese.
 
Tutti i salariati di età superiore ai 16 anni contribuiscono all’ATP attraverso il proprio datore di lavoro. I dipendenti a tempo pieno pagano 99 corone, circa 13 euro al mese, mentre i datori di lavoro contribuiscono con un importo doppio. La pensione viene erogata mensilmente una volta raggiunta l’età della pensione statale e continua per tutta la vita.
 
L’organizzazione investe la maggior parte dei fondi in titoli relativamente sicuri, con una quota minore destinata a investimenti più rischiosi, come quelli in società come Northvolt.
 
Altri fondi pensione danesi, PFA e Danica, hanno concesso prestiti per oltre 800 milioni di corone (107 milioni di euro), molto inferiori, per cui, pur registrando presumibili perdite,
 
 
 
Il fallimento di questa azienda potrebbe riguardare anche i risparmiatori e i lavoratori italiani?
 
Non direttamente ma la questione ci riguarda da vicino se pensiamo alle sirene assordanti della previdenza integrativa e agli inviti, perfino nelle linee guida sull'educazione civica della Pubblica istruzione, a trasformarci in abili risparmiatori educando le giovani generazioni agli investimenti (perchè la nozione di risparmio ben presto si traduce in cieca fiducia nei mercati azionari,
 
E' ormai evidente che il sistema previdenziale pubblico venga progressivamente indebolito anche con l'assenso dei sindacati e dei loro conflitti di interessi con la previdenza integrativa.
 
Se guardiamo ai risultati dei fondi pensione e dei piani individuali pensionistici (Pip) non possiamo stare tranquilli ragione per cui ancora oggi trattenere il Tfr risulta la soluzione migliore e più conveniente.
 
Meglio di noi ha analizzato il problema Beppe Scienza dalle pagine de Il Fatto Quotidiano e dal suo stesso blog
 
 
I dati per il 2022 sono eclatanti. Ragioniamo sui risultati lordi, non inficiati da favori e dispetti fiscali. La rivalutazione del Tfr dei lavoratori dipendenti è stata del 10%, negativi invece i rendimenti medi della previdenza integrativa; negativi già in termini nominali: dal -9,8% al -11,5% a seconda dello strumento. Come dire? Più 10 da una parte, meno 10 dall’altra. Anche per linee cosiddette garantite dei fondi pensione è stata una batosta: una perdita reale media del 15,6%.
 
Tutto ciò non è conseguenza di qualche evento inimmaginabile, bensì della più grave stortura della previdenza integrativa: la totale assenza di tutela del potere d’acquisto.
 
Chetatesi le acque, sindacalisti, bancari e promotori si sono attivati per ricondurre l’informazioni nei binari della loro convenienza a danno dei lavoratori. In particolare si affollano su Internet confronti fra Tfr e fondi pensione, in apparenza indipendenti. Ma tutti attenti a nascondere le storture strutturali dei fondi pensione chiusi (Cometa, Fonchim, Fon.Te ecc.) cioè la totale opacità, la mancanza di protezione contro l’inflazione, i subappalti nella gestione e i conflitti d’interesse con le associazioni padronali. E a spingere i lavoratori nella trappola della previdenza integrativa, da cui poi non possono poi più uscire.
 
 
Con la manovra di Bilancio in discussione al Parlamento la previdenza integrativa, lo scippo del Tfr con il silenzio assenso torneranno a manifestarsi con forza, i risparmi dei lavoratori fanno gola a tanti, troppi, e quanto accaduto nel Nord Europa dovrebbe suonare come campanello di allarme per i prossimi anni, per questo rinviamo direttamente ad alcuni scritti
 
 
 

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