Fanno cassa sulle pensioni
Far cassa sulle pensioni
Arrivano i primi segnali di allarme
sulla tenuta del sistema previdenziale con il calo degli occupati.
All’orizzonte, ma non questo anno, provvedimenti ulteriori che alzeranno l’età
di uscita dal mondo del lavoro abbattendo il potere di acquisto dei pensionati
In un
articolo recentemente pubblicato sul portale Lavoce.info si lancia l’allarme
sulla tenuta del sistema previdenziale con il crescente squilibrio tra occupati
e pensionati senza per altro menzionare che molti dei contratti attuali sono
part time e portano all’Inps contributi di gran lunga inferiori a un full time.
La crescita
del numero dei pensionati rispetto alla popolazione attiva è un annoso problema
nei paesi a capitalismo avanzato occidentale alle prese con basse natalità e
restrittive politiche in materia di immigrazione, se poi aggiungiamo la
precarietà e il nero si acquisisce un quadro preoccupante per l’immediato
futuro italico.
Un’altra
argomentazione omessa è la perdita del potere di acquisto che riguarda i salari
e buona parte delle pensioni, i numeri di chi oggi percepisce un assegno
previdenziale mensile di poco inferiore ai 1000 euro mensili sono in continuo
aumento il che dovrebbe indurre a riflettere sulla bontà del sistema
contributivo, patrocinato dalle politiche di austerità con una massa di
pensionati a vivere con assegni di poco superiori al trattamento minimo
previdenziale.
Per
comprendere la situazione attuale dovremmo fare un salto indietro di oltre 30
anni con il progressivo allungamento dell’età pensionabile, la riduzione
dell’assegno previdenziale determinato dal calcolo contributivo e dai tagli
delle percentuali di indicizzazione all’inflazione.
Con
l’aumento dell’aspettativa di vita la pensione di vecchiaia arriverà presto a
68 anni di età, per la Pubblica amministrazione stanno pensando, su base
volontaria, di portarla a 70 anni, di certo assottigliandosi l’assegno
previdenziale la permanenza al lavoro diventa una necessità economica per non
trovarsi in condizioni economiche a dir poco precarie.
A parità di
contributi versati tra una pensione calcolata con il vecchio sistema
retributiva e una con il contributivo corre circa il 20 per cento, aggiungiamo che molti infortuni sul lavoro si
verificano ormai in una fascia di età vicina alla pensione a conferma che il
logoramento psicofisico determina anche condizioni di insicurezza e rischi
oggettivi per la salute.
Il centro destra aveva fatto campagna
elettorale promettendo la revisione della Fornero ma una volta andati al
Governo hanno letteralmente disatteso questo impegno.
L’anticipo
dell’uscita dal lavoro nella Legge di Bilancio 2023 già prevedeva forti
penalizzazioni che hanno spinto molti\e a rinunciare a questa opportunità
L’esecutivo
Meloni spinge quindi verso l’allungamento della vita lavorativa, prova a
calcolare i versamenti previdenziali secondo il sistema contributivo (gli anni
antecedenti al 1996 dovrebbero essere calcolati, in teoria, con il retributivo)
nell’ottica di scoraggiare uscite anticipate e ridurre i costi a carico dei
datori e della Previdenza pubblica. E prova ne sia l’allungamento delle
finestre di uscita da 3 a 6 mesi per i lavoratori del settore privato e da 6 a
9 per i dipendenti pubblici per cui al momento della maturazione del diritto
alla pensione trascorreranno mesi prima di lasciare il posto di lavoro (non
vale, almeno fino ad oggi, per la pensione di vecchiaia).
In attesa
della discussione, e successiva approvazione, della Manovra di Bilancio
possiamo asserire che interventi in materia previdenziale sono stati evitati
proprio per non incorrere nelle sanzioni Ue, del resto sta per iniziare un
lungo settennato in cui i conti pubblici italiani saranno sorvegliati da
Bruxelles. E quanti tuonavano contro la Ue oggi si mostrano invece assai
concilianti con quelle regole che volevano modificare.
La ignavia
del Governo è confermata dal fatto che perfino gli assegni previdenziali minimi
rimarranno invariati, si continuano a penalizzare gli assegni medio bassi, si
allungano le finestre per le pensioni anticipate per spostare in avanti l’età
di uscita dal mondo del lavoro. Meloni si muove in perfetta continuità con gli
esecutivi precedenti, è ormai un lontano ricordo il tempo in cui per la
pensione di anzianità era sufficiente aver maturato 35 anni di contributi a
prescindere dall’età anagrafica, tutti gli interventi legislativi succedutisi
negli ultimi lustri sono stati indirizzati a ritardare l’uscita dal lavoro
riducendo il potere di acquisto dell’assegno. Pensare allora che un domani si
possa andare in pensione, a prescindere dai contributi versati, non prima di 70
anni di età è una ipotesi tutt’altro che remota.
Ridimensionare
poi la quota di indicizzazione delle pensioni all’inflazione è un altro
strumento fin troppo abusato che ci fa perdere potere di acquisto, già oggi non
è consigliabile uscire dal mondo del lavoro troppo presto ma restare in
produzione fino all’ultimo giorno accettando magari di posticipare
ulteriormente la pensione.
Qualcuno ha
obiettato che il Governo non vuole indicizzare le pensioni elevate
salvaguardando invece quelle medio basse, è comunque deprecabile che un
lavoratore con versamenti cospicui effettuati nell’arco di una vita all’Inps
debba subire poi dei meccanismi iniqui che depauperizzano il suo assegno, sarebbe
invece logico far pagare le tasse in maniera progressiva assicurando equità
sociale e maggiore gettito.
Ironia della
sorte proprio il sistema contributivo era presentato come soluzione equa per
restituire, sotto forma di assegno pensionistico, i contributi versati, la
realtà stride invece con questa narrazione e confrontando l’importo
previdenziale con tutti i versamenti effettuati qualcosa non torna.
Sarebbe infine
nefasta l’approvazione di una norma, di cui il Governo sta parlando da
settimane, che permetterebbe alle imprese una riduzione ulteriore delle tasse
accrescendo invece l’Irpef per pensionati e lavoratori, insomma l’ennesima
beffa per i subordinati e un incredibile regalo per quel sistema
imprenditoriale che al rischio di impresa preferisce i generosi aiuti pubblici
salvo poi dimenticarsene al momento della distribuzione degli utili tra gli
azionisti
https://coniarerivolta.org/2024/09/18/la-solita-vittima-dellausterita-le-pensioni/
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