Il rapporto ILO confuta i luoghi comuni del populismo reazionario e sovranista

 I lavoratori migranti sono la forza trainante dell'economia capitalistica

 


Da settimane subiamo una informazione a senso unico mirante a costruire le condizioni per l'ennesima operazione securitaria nei quartieri popolari.
 
I fatti del Corvetto, a Milano, liquidano le questioni urbanistiche e sociali a un problema di mero ordine pubblico, non ci sono narrazioni opposte per dimostrare come la situazione nei quartieri popolari sia oggi frutto di scelte urbanistiche ed economiche iniziate 40 anni or sono.
La progressiva espulsione dei ceti popolari dai centri storici, gli appartamenti, venduti a prezzi irrisori in alcune aree delle città, nell'arco di 20 anni sono diventati immobili di pregio e a costi inaccessibili, destinati spesso al turismo mordi e fuggi o a sedi di aziende e istituti finanziari.
 
Lo spostamento dei proletari nei quartieri periferici è frutto di politiche urbanistiche ben precise, se poi mancano i fondi per la manutenzione degli alloggi popolari il tanto deprecato degrado arriva a manifestarsi con forza favorendo la lettura di luoghi abbandonati alla piccola criminalità.
 
Sarebbe sufficiente riflettere sulla mancanza di una politica edilizia popolare, è di oltre 60 anni fa l'ultimo piano casa dello Stato Italiano, del lavoro precario e mal pagato che spinge tanti proletari a subire ricatti continui e a dividersi anche l'affitto degli appartamenti, condannati a una esistenza senza dignità, questi elementi di analisi risultano determinanti per capire come i mancati interventi sociali ed urbanistici siano il prodotto di politiche liberiste e speculative.
 
Se la narrazione si limita all'esistente ingigantendo fatti di cronaca letti per altro in maniera parziale e a uso e consumo dei dominanti, risulta difficile comprendere che la condizione di vita dei migranti e degli autoctoni viene determinata dalle stesse politiche di cui entrambi sono vittime.
 
Questa breve, ma indispensabile, premessa ci permette di analizzare un rapporto appena uscito sul lavoro migrante giusto a ricordare che la presenza di un esercito industriale di riserva sia indispensabile per la gestione capitalistica del mercato del lavoro e della crisi sociale. 
 
I fautori di queste scelte poi hanno buon gioco ad allontanare la attenzione pubblica dalle cause dei processi in atto leggendoli solo con la lente dell'ordine pubblico.
 
L'economia globale ( stime globali dell'ILO sui lavoratori migranti internazionali ) si regge sul lavoro migrante concentratosi nei paesi ad alto reddito verso i quali avviene la stragrande maggioranza dei fenomeni migratori pari al 68,4% del totale (114,7 milioni di persone), seguiti dal 17,4% (29,2 milioni) nei paesi a reddito medio-alto.
 
 
La  forza lavoro migrante si concentra in Europa, nel Nord America e anche negli Stati arabi (sarebbe utile guardare alla costruzione di strade e infrastrutture), un vasto esercito industriale di riserva impiegato per lo più nei servizi con percentuali di disoccupazione e di precarietà maggiori degli autoctoni.
 
Il rapporto ILO parla  dei 167,7 milioni di migranti nella forza lavoro nel 2022, 155,6 milioni erano occupati, mentre 12,1 milioni erano disoccupati. Persistevano significative disparità di genere, poiché le donne migranti avevano un rapporto occupazione/popolazione di solo il 48,1%, rispetto al 72,8% degli uomini migranti.
 
I migranti hanno affrontato un tasso di disoccupazione più elevato (7,2%) rispetto ai non migranti (5,2%), con le donne migranti (8,7%) che hanno registrato livelli di disoccupazione più elevati rispetto agli uomini (6,2%). Questa disparità può essere determinata da fattori quali barriere linguistiche, qualifiche non riconosciute, discriminazione, opzioni limitate di assistenza all'infanzia e aspettative basate sul genere che limitano le opportunità di lavoro, in particolare per le donne.
 
Le nostre società del presunto benessere negli ultimi 40 anni hanno devastato lo stato sociale, se pensiamo all'Italia mancano residenze per anziani e una rete di cura e di assistenza progressivamente esternalizzata al terzo settore, il ricorso a badanti e baby sitter scarica sulle famiglie il costo della assistenza di cui dovrebbe farsi carico una società attenta alla cura della propria popolazione ormai avanti negli anni e in assenza di un welfare universale, pensato come è ancora  per le famiglie monoreddito.
 
Ma da decenni il secondo stipendio in famiglia è una necessità oggettiva e non una gentil concessione di genere, eppure se guardiamo ai servizi locali degli asili nido comprendiamo che i posti offerti, gli orari di apertura sono ben poco attinenti alla realtà del lavoro
 
La risposta non può essere quella di ampliare, con lo stesso personale, gli orari di apertura dei nidi o demandare la soluzione al privato sociale, il Governo Meloni intanto dimezza la percentuale dei posti nido in rapporto alle nascite da coprire nei prossimi anni, ci si allontana da quella media europea del 31 per cento che gli investimenti del PNRR avrebbero dovuto assicurare.
 
Se le scelte politiche e sociali mirano ad altri obiettivi è del tutto evidente che la cura delle persone diventi un problema a carico delle famiglie e le strutture pubbliche si limiteranno alle politiche dei bonus invece di farsi carico della gestione diretta dei servizi necessari al welfare.
 
Sempre il rapporto ILO ricorda che  il 28,8 per cento delle donne migranti e il 12,4 per cento degli uomini migranti erano impiegati nell'economia dell'assistenza, rispetto al 19,2 per cento delle donne non migranti e al 6,2 per cento degli uomini non migranti.
 
L'accesso a un lavoro dignitoso e il rafforzamento della protezione sociale non riguarda quindi solo la forza lavoro migrante ma anche quella autoctona, dovremmo capirlo prima di addentrarci in letture sociologiche securitarie che prendono di mira i migranti per salvare i Governi di turno dalle loro responsabilità 
 
E sempre il rapporto ILO ( la ricerca si riferisce ai dati raccolti nel 2022 e pubblicati pochi giorni or sono) precisa che 
 
«I lavoratori migranti sono indispensabili per affrontare la carenza di manodopera a livello globale e contribuire alla crescita economica», ha affermato il Direttore Generale dell'ILO, Gilbert F. Houngbo. "Garantire i loro diritti e l'accesso a un lavoro dignitoso non è solo un imperativo morale, ma anche una necessità economica".

bibliografia
 

 

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