L'intelligenza per la pace nel "volto dell'altro"
L'intelligenza per la pace nel
"volto dell'altro"
di
Laura Tussi
La negatività assoluta interioristica porta alla disumanizzazione e deumanizzazione dell'altro da noi che quindi diventa nemico da sottomettere, da schiavizzare, da annientare, da dimenticare come avviene negli attuali conflitti armati imposti in tutto il mondo dai poteri forti
E’
davvero evidente che la demonizzazione del nemico costituisce un meccanismo di
difesa rispetto al negativo che rifiutiamo dentro di noi, come persone, ma
anche come gruppi sociali, in quanto l’altro e gli altri si configurano come
una realtà separata di deumanizzazione e distruttività.
La responsabilità della scuola nel
processo di deumanizzazione dell'altro a partire dalle leggi razziali e
dall'atroce indottrinamento balilla del tragico periodo fascista che è poi
trasmutato orrendamente nel nazifascismo più abominevole
Anche
la scuola ha dato inconsapevolmente, forse, il proprio contributo al processo
di deumanizzazione quando ha esaltato il concetto di “identità nazionale”,
dimenticando che siamo tutti cosmopoliti, cittadini del mondo, figli di madre
terra.
E' evidente la necessità di riconoscersi
nel "volto dell'altro" per attivare processi di pace e percorsi di
nonviolenza attiva e efficace per superare l'odio atavico e la violenza degli
attuali genocidi in primis in atto a Gaza e in Cisgiordania e in Libano. Fecero
il deserto e lo chiamarono pace e regno di dio...
Il
riconoscimento dell’altro come simile a sé transita attraverso la condivisione,
lo scambio, la comunicazione delle emozioni e dei sentimenti. Per esempio
all’interno del gruppo classe è possibile aiutare il bambino a riconoscere nel
compagno, con cui spesso litiga, il proprio stesso vissuto, come questa
comunicazione deve essere facilitata tra i gruppi sociali, soprattutto i
contesti che il bambino vive come nuovi, diversi e pericolosi.
Per risolvere il processo di
deumanizzazione occorre facilitare le occasioni di condivisione, di scambio, di
incontro, sottolineando tutte le cose che uniscono, anziché ciò che divide
nell'amore e nella condivisione e nell'accoglienza dell'altro
I
mezzi di comunicazione di massa negano implicitamente per i loro messaggi
l’umanità dei singoli e dei gruppi sociali, facilitando ostacoli che si
frappongono all’incontro tra i bambini, tra le donne, tra gli uomini, tra i
gruppi sociali.
L'educazione è 'arma' o meglio strumento
di pace per educare al dialogo per creare e costruire contesti e ambiti di
pace, nell'incontro con l'altro da sé, e non per scadere nella competizione
sfrenata, nella comparazione perché ogni persona è un unicum, è una
intelligenza, è una identità che diventano il volto dell'altro
Un’educazione
alla pace si deve proporre di facilitare l’acquisizione di atteggiamenti
cooperativi e non competitivi, oltre a favorire le condizioni per un uso non
lesivo, ma adattivo dell’aggressività nella sicurezza, la possibilità di
affermazione di sé, l’identificazione con l’altro.
E' necessario fare proprie e far
diventare prossimo le esigenze dell'alterità nelle implicite diversità e nelle
innate differenze che distinguono ogni persona dall'altra e nel soggetto
persona che diventa irripetibile nel suo essere e umano e animale
Gli
studi sull’acquisizione dei comportamenti cooperativi e non competitivi e sulla
genesi di atteggiamenti costruttivi indicano che queste caratteristiche non
lesive della relazione sono strettamente correlate con la capacità di
allontanarsi, sia emotivamente, sia cognitivamente, dall’impellenza delle
situazioni frustranti e conflittuali, al fine di trovare una risoluzione
complessa e mediata, tenendo presente l’esistenza e le esigenze dell’alterità.
La risoluzione pacifica del conflitto va
ricercata nell'amore per se stessi e per gli altri, superando i limiti
dell'egoismo, dell'egocentrismo e della volontà competitiva di primeggiare e
imporsi sopra il tutto
La ricerca di una soluzione pacifica,
cooperativa e collaborativa comporta un impegno di decentramento cognitivo
dalla situazione emotiva che deve essere analizzata in un’ottica decentrata,
appunto dall’esterno, per ritrovare soluzioni ulteriori, più complesse e mature
che richiedono una ristrutturazione del campo cognitivo, ossia una
rivalutazione degli elementi complessivi della situazione, in una prospettiva
globale, dove emergano connessioni e collegamenti innovativi.
La rapidità con cui si intuiscono queste
risoluzioni non deve trarre in inganno sulla complessità del processo di
ristrutturazione cognitiva e di distanziamento e decentramento emotivo dal
proprio ego narcisistico
Sussiste
un diretto collegamento tra capacità collaborativa e facoltà di
simbolizzazione, attraverso cui il bambino e l'adulto realizzano il distacco
dall’immediatezza della realtà, rendendo possibile la ristrutturazione
cognitiva. Collaborare significa trovare un percorso comune complesso e
difficile, che tenga conto delle esigenze complessive nella soluzione di
situazioni di opposizione. Educare alla pace significa anche stimolare la
capacità di simbolizzazione del bambino.
La scuola deve porsi l’obiettivo di
insegnare a dialogare anche quando sorge il conflitto, sostando in esso come un
valore, una risorsa, un ideale che può giungere ad una pattualità collaborativa
e di dialogo tra più parti
Una
delle più importanti manifestazioni della capacità simbolica è il linguaggio,
per cui il primo compito della scuola consisterà nell’aiutare i bambini ad
esprimere personali emozioni, sentimenti e stati d’animo come l’aggressività,
in forma verbale, tramite lo scambio verbale e la discussione, tramite cui
risulta attuabile un processo di pattualità e negoziazione che consente di
vagliare ed esaminare i punti di vista altrui, fino a giungere ad una soluzione
cooperativa e collaborativa.
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