Alla vigilia del vertice dell'Aia NATO, CON FUCILE E COLTELLO AFFILATO
Sergio Ferrari, da Berna, Svizzera
Traduzione a cura del Gruppo Insegnanti
di Geografia Autorganizzati
Soffiano
i venti militaristi di uno tsunami unipolare che potrebbe ridurre il pianeta in
macerie. Tra pochi giorni, all'Aia, si sfodereranno mazze e si affileranno
coltelli.
L'incontro
si terrà il 24 e 25 giugno al Forum mondiale dell'Aia, nei Paesi Bassi, in una
città militarizzata (un vero e proprio simbolo) controllata da almeno 27.000
militari di diverse forze e per la quale il governo ha stanziato 95 milioni di
euro. Gli attori sono i rappresentanti dei 32 Paesi che compongono
l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), oltre a una dozzina di
suoi “partner globali”. L'obiettivo è moltiplicare i bilanci militari di tutti
gli Stati membri, in un'escalation militare che l'Alleanza giustifica guardando
negli occhi la Russia e i suoi *alleati* (come l'Iran) e con la coda
dell'occhio la Cina.
Sebbene non sia affatto nuovo, visto che
lo ripete da mesi, l'ultimo discorso del Segretario Generale della NATO Mark
Rutte, il 9 giugno, alla Chatham House[1] di Londra, aggiorna le
prospettive dell'organizzazione e anticipa gli obiettivi del vertice. In
sostanza, approvare quello che Rutte definisce il piano di trasformazione
dell'Alleanza e "costruire una NATO migliore... più forte, più equa e più
letale. In modo da poter continuare a tenere al sicuro i nostri cittadini e a
tenere a bada i nostri avversari" (https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_235867.htm).
Rutte, leader del Partito Popolare per
la Libertà e la Democrazia di destra dei Paesi Bassi dal 2006 al 2023 e primo
ministro per quattordici anni (2010-2024), analizza la geopolitica globale in
modo tanto semplicistico quanto lineare: "A causa della Russia, la guerra
è tornata in Europa. Dobbiamo anche affrontare la minaccia del terrorismo e la
feroce competizione globale". Egli osserva che la Russia si è alleata con
la Cina, la Corea del Nord e l'Iran, che stanno tutti “espandendo le loro forze
armate e le loro capacità”. In termini di munizioni, afferma, la Russia produce
in tre mesi quello che la NATO produce in un anno, e si prevede che la sua base
industriale di difesa produrrà 1.500 carri armati, 3.000 veicoli blindati e 200
missili Iskander solo entro il 2025. Secondo Rutte, “la Russia potrebbe essere
pronta a usare la forza militare contro la NATO entro cinque anni”.
Il segretario della NATO, Mark Rutte,
sostiene che anche la Cina sta modernizzando ed espandendo le proprie forze
armate a un ritmo vertiginoso: "Ha già la più grande marina militare del
mondo. Si prevede che la sua forza di combattimento crescerà fino a 435 navi
entro il 2030. Sta potenziando il suo arsenale nucleare. Mira ad avere più di
1.000 testate nucleari operative entro il 2030". E avverte che
"coloro che si oppongono alla libertà e alla democrazia si stanno
trincerando. Si stanno preparando per un confronto a lungo termine. E stanno
cercando di dominarci e dividerci". La conclusione di Rutte è senza mezzi
termini: “Non ci sono più Est e Ovest: c'è solo la NATO”.
Piano
apocalittico
Per il Segretario Generale della NATO
non c'è dubbio che “una NATO più forte significa spendere molto di più per la
nostra difesa”. Egli assicura che entro la fine del 2025 tutti gli Stati membri
della NATO raggiungeranno l'obiettivo iniziale di spendere il due per cento del
loro prodotto interno lordo (PIL) per la difesa - un obiettivo che è in linea
con l'impegno di consenso assunto nel 2014 al vertice NATO di Newport, in
Galles. Anche se in quell'occasione il consenso era non vincolante, cioè non
obbligatorio.
“Ora abbiamo un piano concreto per il
futuro”, ha dichiarato Rutte, aggiungendo che “sappiamo di cosa abbiamo bisogno
e sappiamo cosa fare”. Amplificando le nuove richieste dell'amministrazione
Trump, Rutte si aspetta che i leader alleati al vertice dell'Aia concordino di
destinare alla difesa il 5% del PIL dei rispettivi bilanci nazionali nel medio
termine. “Sarà un impegno per tutta la NATO e un momento decisivo per
l'Alleanza”, prevede Rutte.
Il suo piano si articola in due parti:
il 3,5% di questi fondi sarà destinato a quelle che considera esigenze militari
di base. Il resto sarà indirizzato agli investimenti legati alla difesa e alla
sicurezza, comprese le infrastrutture e lo sviluppo della capacità industriale.
Questo programma, con proposte che Rutte considera già “decisioni”, si basa sui
piani di battaglia e sugli obiettivi di capacità dell'Alleanza, cioè sulle
dimensioni delle forze e delle capacità che gli alleati si aspettano. Rutte è schietto:
"I dettagli esatti sono riservati, ma abbiamo bisogno di un aumento del
400% della difesa aerea e missilistica... I nostri eserciti hanno anche bisogno
di migliaia di veicoli blindati e carri armati in più. Milioni di proiettili
d'artiglieria in più. E dobbiamo raddoppiare le nostre capacità di supporto,
come la logistica, i rifornimenti, i trasporti e il supporto medico. Gli
alleati investiranno in un maggior numero di navi e aerei da guerra. Ad
esempio, acquisteranno almeno 700 caccia F-35 [della multinazionale
statunitense Lockheed Martin]. Investiremo anche in più droni e sistemi
missilistici a lungo raggio. E aumenteremo i nostri investimenti nelle capacità
spaziali e informatiche.
L'altro
punto di vista
Il movimento pacifista globale si oppone
da tempo in modo molto critico alla NATO, che definisce un'alleanza militare
che basa la sua ragion d'essere sull'uso (o sulla minaccia) della violenza.
Diverse delle principali organizzazioni partner che compongono la Coalizione
contro il Vertice e per la pace e la giustizia hanno indetto un'iniziativa
mista di riflessione e mobilitazione all'Aia il 21 e 22 giugno. Questa
coalizione, composta da organizzazioni e attivisti che si oppongono alla
militarizzazione dell'Europa e del mondo, afferma che mentre “i leader della
NATO pianificano maggiori spese per la difesa, si sente un forte
contro-messaggio: i miliardi spesi in armi aggravano l'insicurezza, minano la
giustizia sociale e accelerano la crisi climatica”.
Tra le sue argomentazioni, la TNI
sottolinea che la scelta dell'alleanza militare per la violenza mette in ombra
“altre angolazioni e vie, come la diplomazia, la prevenzione dei conflitti e il
dialogo”. Ricorda che la NATO si concentra sugli interessi dei suoi Stati
membri, che “vanno oltre la difesa collettiva del territorio comune”. E
sostiene che cerca di mantenere ed espandere la posizione (di potere) dei Paesi
della NATO a livello globale e la competizione con i suoi concorrenti
geopolitici (Cina e Russia), nonché di assicurarsi l'accesso alle materie prime
(fossili). In questo senso, sottolinea il documento del TNI, la NATO
costituisce “principalmente il braccio militare del capitalismo occidentale”.
Il documento del TNI ricorda che le
guerre e le altre operazioni militari in cui è coinvolta la NATO “causano molti
morti, feriti, traumi, distruzione e danni ambientali” e che “Paesi come
l'Afghanistan, l'Iraq e la Libia sono lasciati in rovina e sono un terreno di
caccia per le aziende occidentali in settori come la ricostruzione, lo
sfruttamento delle materie prime e la sicurezza”. D'altra parte, sostiene che
l'espansione ad est e lo scudo missilistico aumentano le tensioni. Dopo la fine
della Guerra Fredda, quando molti Paesi dell'ex Patto di Varsavia si sono uniti
alla NATO, la Russia ha percepito questa espansione verso est come una
minaccia. Il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sui missili antibalistici
con la Russia e la costruzione di uno scudo antimissile hanno aumentato le
tensioni. L'accettazione dell'Ucraina come potenziale candidato alla NATO è
citata come una delle cause dell'invasione russa.
La TNI sostiene che invece di spingere
per il disarmo nucleare, “la possibilità di dispiegare armi nucleari è una
parte centrale della strategia militare della NATO”, sapendo che “le armi
nucleari sono le armi più distruttive al mondo”. A livello climatico, sostiene
il documento pubblicato da TNI, gli effetti nocivi di una simile strategia
militarista sono notevoli perché “il complesso militare-industriale
contribuisce in modo significativo alle emissioni di gas serra, rappresentando
il 5,5% del totale globale”. Inoltre, il complesso militare-industriale “è
fuori da tutti gli accordi sul clima”. Per quanto riguarda l'espansione
territoriale della NATO, la TNI parla di “militarizzazione delle frontiere
esterne dell'Europa, nel Mediterraneo e nel Mar Egeo” e sostiene che “questa
sorveglianza delle frontiere contribuisce alla violenza e alle violazioni dei
diritti umani contro i rifugiati e li costringe a utilizzare rotte più
pericolose e i servizi dei trafficanti di esseri umani”.
Infine, la TNI ritiene che la NATO sia
responsabile di sprecare denaro sostenendo l'industria degli armamenti,
stimolando lo sviluppo di nuove armi e tecnologie militari e promuovendo
l'espansione delle capacità di produzione di armi. E denuncia il sostegno della
NATO ai regimi autoritari, dal momento che, per promuovere i propri interessi,
coopera spesso con altri Paesi partner, ma senza prestare molta attenzione alla
natura di alcuni di questi governi, come l'Egitto, il Kazakistan, il Pakistan,
il Tagikistan e gli Emirati Arabi Uniti, così come Israele, un importante
alleato, nonostante anni di violenza, occupazione e oppressione israeliana
contro il popolo palestinese.
Voci
antimilitariste
Si moltiplicano le critiche e le
iniziative dissidenti contro la politica ufficiale europea e della NATO. Ad
esempio, l'Appello unitario contro il riarmo europeo e la continuità
della NATO, promosso da organizzazioni ambientaliste, per i diritti umani,
per la pace e per lo sviluppo, soprattutto spagnole, ma non solo (https://mundoobrero.es/2025/05/10/llamamiento-unitario-contra-el-rearme-europeo-y-la-continuidad-de-la-otan/).
L'iniziativa considera l'Alleanza
Atlantica parte di un sistema di sicurezza “che ha ripetutamente violato la
Carta delle Nazioni Unite, creando maggiore insicurezza in diverse aree
geografiche del mondo”. Si oppone “all'attuale dispiegamento militare degli
Stati Uniti con 750 basi in più di 80 Paesi”. Esprime preoccupazione per
“l'esistenza di un arsenale di armi di distruzione di massa, soprattutto
nucleari, che minaccia l'esistenza dell'umanità e della vita sul pianeta”. Si
ribella alle “guerre commerciali imposte dalle élite economiche a proprio
vantaggio e contro gli interessi delle maggioranze sociali su scala globale”.
Chiede un sistema di sicurezza basato sulla costruzione della fiducia e sulla
cooperazione tra Paesi e interessato a rispondere alle minacce globali come la
fame, la malnutrizione, la povertà, la disuguaglianza, le malattie, la
disoccupazione, l'emergenza climatica, le armi di distruzione di massa, il
mancato rispetto dei diritti umani e la sistematica mancanza di rispetto del
diritto internazionale.
Un'altra iniziativa, la Campagna
Stop al riarmo. Welfare invece di guerra, mira a diventare un
movimento continentale. Come affermano i suoi promotori, “ci opponiamo ai piani
dell'Unione Europea di spendere altri 800 miliardi di euro in armi”. E
aggiunge: "Saranno 800 miliardi di euro rubati. Rubati ai servizi sociali,
alla sanità, all'istruzione, al lavoro, alla costruzione della pace, alla
cooperazione internazionale, a una giusta transizione e alla giustizia
climatica [e che] andranno solo a beneficio dei produttori di armi in Europa,
negli Stati Uniti e in altri Paesi".
Questo concetto è ratificato da Jordi
Calvo, coordinatore del Centro Delàs per gli studi sulla pace, che ha sede a
Barcellona ed è presente in altre città della Spagna, firmatario dell'Appello
Unitario e membro di Stop al riarmo. “Il presunto aumento del 5% proposto dalla
NATO mira ad aumentare il denaro disponibile per l'industria militare”,
sottolinea Calvo. Insiste sul fatto che “le armi che verranno acquistate con
gli aumenti proposti saranno principalmente degli Stati Uniti, il principale
promotore e beneficiario”. Jordi Calvo definisce la priorità del movimento
pacifista lo sviluppo di “una visione critica delle proposte militariste della
NATO che potrebbero essere state decisive per riportare la guerra in Europa”.
Guerra o pace. NATO o stop alla
militarizzazione. Un'Europa in fermento (con decine di attività di mobilitazione,
come un altro contro-vertice che si terrà a Bruxelles e una Conferenza per la
pace a Madrid) propone un dibattito fondamentale sulla società. Le potenze
(governi e la stessa NATO) cercano di procedere in modo lineare, senza alcuna
consultazione, arroccando il Vecchio Mondo e lanciandolo nell'avventura della
guerra. Importanti settori sociali alzano la voce, si interrogano, chiedono una
diversa costruzione della sicurezza continentale e, soprattutto, ricordano le
devastazioni e l'alto prezzo che l'Europa contemporanea ha dovuto pagare per le
proprie guerre negli ultimi undici decenni.
[1] Chatham
House è la sede del Royal
Institute of International Affairs, storico e autorevole think tank britannico fondato nel 1920 con denominazione di British
Institute of International Affairs per poi assumere l’attuale nel 1926. Sin
dalla sua nascita opera sotto il patronato del Monarca Regnante del Regno
Unito.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chatham_House#Attivit%C3%A0
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