Un paese di vecchi

Quali sono i cambiamenti  sociali e nell’organizzazione del lavoro?


 Difficile ricevere risposte come  invece sarebbe stato possibile un tempo quando nei luoghi di lavoro studiavano e discutevano per non farsi trovare impreparati davanti agli attacchi padronali. E al contrario del movimento dei lavoratori  la parte datoriale i cambiamenti continua a pensarli studiandone gli effetti e ogni fase di sviluppo anche attraverso fondazioni, centro studi e di ricerca che finanzia a vario titolo. 

Vogliamo fare alcuni esempi?

Siamo un paese di vecchi,  la dinamica demografica è chiara e infatti, visto che l'uscita per la pensione viene sempre più ritardata, iniziano a discutere di lavori adeguati per chi è troppo avanti negli anni ma che non ha i requisiti per la pensione.  Le statistiche dimostrano che molti infortuni e morti sul lavoro capitano a una forza lavoro anziana che fino a qualche anno or sono sarebbe stata a quell'età in pensione, è difficile reggere la intensificazione dei ritmi produttivi e se in passato favorivano la buona uscita (senza parlare di rinuncia del Tfr possiamo ricordare le decurtazioni previdenziali licenziandosi prima del tempo e in cambio della assunzione di un figlio con contratto di apprendistato), oggi parlano di part time. Insomma devi lavorare fino a tarda età e magari perderci anche parte della pensione con gli ultimi anni di part time.

E i sistemi di controllo intanto diventano sempre più asfissianti anche se ormai, rispetto al passato, non provocano rabbia, indignazione e men che mai opposizione..

Cambiano i modelli di consumo e gli stili di vita delle persone per cui anche il classico paniere degli Italiani subisce continue e radicali modifiche, si parla di stili di vita corretti da seguire come se la unica preoccupazione fosse quella di tenerci in salute abbattendo i giorni di mutua. Dopo il covid è stata la volta del lavoro  agile e della settimana corta, le strutture familiari hanno bisogno di modelli organizzativi e gestionali della vita diversi dal passato ma attenzione che non ci viene regalata una vita migliore.

 Il nostro welfare non è in crisi per colpa dei migranti  come strumentalmente viene fatto credere ma perché era stato costruito su una famiglia monoreddito nella quale la donna al massimo aveva un part time di poche ore settimanali e svolgeva a casa il lavoro di cura.  E quella famiglia oggi non esiste più, con due stipendi non si arriva a fine mese, immaginiamoci con uno e mezzo.

Soffermiamoci ancora sull’aumento dell’aspettativa di vita che già si traduce nella crescita degli anni lavorati in cambio di un importo pensionistico per altro in calo (l’intervento sui regimi pensionistici avviene sempre con anni di anticipo presentando un quadro dei conti economici volutamente drammatico) per ricordare che il ricorso strutturale al welfare aziendale è parte integrante di questo processo e non una conquista della forza lavoro. Welfare aziendale significa indirizzare crescenti risorse verso dei benefit che si accompagnano a sanità e previdenza integrativa.   Proviamo a riassumere quanto detto fino ad ora

  • Andremo in pensione sempre più tardi
  • l'assegno previdenziale sarà leggero
  • la previdenza integrativa anche se non conveniente viene presentata come la migliore soluzione fiscale possibile e tale da incrementare il futuro assegno pensionistico
  • a fine carriera, ove si renda necessario, vogliono farci lavorare in part time con meno contributi
  • gli aumenti contrattuali saranno in parte sostituiti dai benefit
  • i cambiamenti sociali e del mercato del lavoro vengono studiati in largo anticipo per imporre ai salariati il punto di vista, e l'interesse, datoriale

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