Panama: le proteste continuano e il governo inasprisce la repressione
Chiquita Panama licenzia anche i 1.600 lavoratori a tempo indeterminato
Approfondimento
La formazione dello stato di Panama con storia del Canale interoceanico
Gli scioperi a oltranza e le
proteste iniziate il 28 aprile scorso a seguito dell’approvazione della legge
462 di controriforma del Fondo di previdenza sociale, nonostante la
dichiarazione dello Stato di emergenza nella provincia di Bocas del Toro, proseguono
radicandosi in tutto il paese.
Chiquita Panama, la
multinazionale statunitense proprietaria di varie piantagioni di banane che aveva
già licenziato circa 4.800 braccianti giornalieri in sciopero, con
l’approvazione del presidente di destra Josè Raul Molino, ha dato il benservito
ai restanti 1.600 lavoratori a tempo indeterminato e dismesso la produzione nel
Distretto di Changuinola della provincia di Bocas del Toro.
Come avevamo ventilato in
precedenza, la dichiarazione dello Stato di emergenza ha in effetti aperto
scenari dagli sviluppi imprevedibili con la crisi che va avvitandosi su se
stessa senza che al momento si prospettino possibilità di risoluzione.
Infatti, agli scioperi e alle
proteste di contrasto alla controriforma pensionistica portate avanti
soprattutto da alcune categorie di lavoratori dipendenti, si sono aggiunti ampi
settori sociali, trasformandosi in lotta popolare generalizzata. Tant’è che
alla motivazione sindacale iniziale si sono sommate rivendicazioni contro: l’Accordo
con gli Stati Uniti che permette lo schieramento di truppe nel paese per
“proteggere” la zona del Canale, i nuovi invasi artificiali per l’alimentazione
del Canale e la riapertura della miniera di rame “Cobre Panama” nella provincia
di Colon a beneficio della multinazionale canadese “First Quantum Minerals Ltd”[1]. Ciò nonostante nel 2023
fosse stata emessa, a seguito di massicce proteste[2], una dichiarazione di
incostituzionalità a carico della concessione di sfruttamento per l’ampliamento
dell’attività estrattiva.
Il giornalista Giorgio
Trucchi, corrispondente dall’ America Centrale, riporta in un suo articolo del
4 giugno[3], un’intervista all’ambientalista
e anch’esso giornalista, Olmedo Carrasquilla, sulla situazione in corso nel
paese, nel cui contesto ha dichiarato: “Panama sta affrontando una grave crisi
sociale, economica e politica. E’ in corso uno sciopero a tempo indeterminato a
cui hanno aderito varie sigle sindacali, studenti, contadini, popolazioni
indigene, donne e giovani e la popolazione non organizzata in generale”.
Prosegue Carrasquilla: “A queste richieste (quelle sopra enunciate, ndr) se ne
aggiungono altre come ad esempio il miglioramento del sistema educativo,
sanitario e delle infrastrutture stradali, la lotta alla corruzione e
all’arricchimento di pochi privilegiati, alla povertà e alla disuguaglianza
sociale”. Per poi concludere “Il governo non sembra voler cambiare il proprio
discorso di odio. Noi invochiamo una pace con giustizia sociale, con rispetto
per la natura e i diritti umani. Fermate la repressione subito”.
Mentre le proteste e gli
scioperi si ampliano in termini di partecipazione e rivendicazioni, il
presidente Molino rifiuta l’apertura di un negoziato e inasprisce la
repressione di polizia, in un muro contro muro che non sembra al momento aprire
spiragli di risoluzione negoziale.
Il processo
storico di fondazione dello Stato di Panama e del suo Canale
Dopo esser
stato raggiunto per la prima volta da Cristoforo Colombo nel 1502 durante il
suo ultimo viaggio, l’Istmo di Panama nel 1513 fu definitivamente conquistato
dagli spagnoli e annesso al nascente impero coloniale, con il toponimo di Castilla de Oro. Nel 1514 venne
inizialmente unito dal punto di vista amministrativo all’adiacente regione
colombiana per poi divenire parte del Vicereame del Perù nel 1542. Infine, fra
il 1717 e il 1819, costituì, insieme a Colombia, Ecuador e Venezuela, il
Vicereame di Nuova Granada. Fino alla metà del XVIII sec. godette di una certa
prosperità economica, oltre che per il commercio di schiavi provenienti dall’Africa,
grazie alla coltivazione di banane, alle risorse del sottosuolo e alla
posizione geostrategica che favoriva i commerci tra la Spagna e il Sud America.
Successivamente, iniziò una fase di declino a seguito dell’esaurimento delle
risorse minerarie e dei crescenti attacchi dei pirati inglesi.
La lotta
contro la dominazione spagnola guidata di Simon Bolivar portò nel 1919 all’indipendenza
del Vicereame di Nuova Granada, assumendo denominazione di Repubblica della
Gran Colombia, della quale, dopo la promulgazione della Costituzione nel 1821,
ne venne eletto presidente proprio “El Libertador”. Successivi contrasti emersi fra le varie oligarchie
locali sfociarono, dopo la morte di Bolivar nel 1830, nella disgregazione della
Gran Colombia e alla formazione di Venezuela, Ecuador e Repubblica di Nueva Granada (poi Colombia), della
quale Panama costituiva la provincia più settentrionale (Carta 1).
Carta 1: la carta storica della Gran
Colombia fra il 1819 e il 1824, con ripartizione in province
Nel corso del
XIX sec. Panama acquisì nuova centralità commerciale grazie alla penetrazione
britannica nell’area caraibica e ai vari progetti di taglio dell’istmo, il
primo risalente addirittura al 1829 da parte inglese. Dopo vari proposte si
arrivò al 1881 con l’inizio del tentativo francese di realizzazione del canale
interoceanico promosso da Ferdinand de Lesseps, già realizzatore del Canale di
Suez, che fallì definitivamente, nel 1889, per i costi esorbitanti e vari scandali
di corruzione. I francesi fondarono quindi una nuova società nel 1894 che di lì
a poco, di fronte alle difficoltà di realizzazione dell’opera, entrò anch’essa in
crisi finanziaria.
Gli Stati Uniti
che da tempo premevano per la realizzazione di un collegamento interoceanico,
dopo aver minacciato di realizzarlo in Nicaragua, nel 1901 ottennero dal
governo della Colombia il permesso per la costruzione del canale attraverso
l'istmo di Panama e la sua gestione per 100 anni.
Nel gennaio
del 1903 il governo della Colombia e degli Stati Uniti sottoscrissero il nuovo
Trattato Herran-Hay, ma, a seguito della mancata ratifica, decadde nel
settembre dello stesso anno. Di lì a poco scoppio una rivolta armata appoggiata
dagli Stati Uniti che portò all’indipendenza di Panama dalla Colombia il 3
novembre 1903 e all’emanazione della costituzione l’anno successivo.
Il neo
costituito stato centroamericano entrò nella sfera di influenza statunitense,
divenendone, al pari di Cuba, una sorta di Protettorato. Pertanto Washington
ebbe gioco facile a riscattare per una cifra corrispondente a 200 milioni lire
i diritti della società francese e ad ottenere in uso perpetuo una striscia di
territorio per la realizzazione del canale, dietro un indennizzo immediato di
10 milioni di dollari e, dopo nove anni, di una sorta di affitto pari a 250
mila dollari annui.
I lavori per
la costruzione del canale ripresero nel 1904 per terminare, dopo una modifica
del progetto iniziale che introdusse le chiuse, nel 1914, allor che il 15
agosto, con il passaggio della nave Ancon, venne aperto alla navigazione.
Tuttavia, l’inaugurazione ufficiale del Canale avvenne solo al termine della
Prima Guerra Mondiale il 20 giugno 1920. Per la realizzazione della nuova via
d’acqua lunga 81,1, km, gli Stati Uniti sostennero una spesa complessiva
corrispondente a 2 miliardi di lire dell’epoca
Il controllo
della “Striscia del Canale” ha dato, successivamente vita ad un lungo
contenzioso fra i due paesi, poi risolto tramite i trattati Torrijos - Carter
del 1977 che ne prevedevano la restituzione a Panama il 31 dicembre 1999, come
poi avvenuto.
Da allora i
pedaggi delle navi in transito hanno rivestito importanza fondamentale per
l’economia del paese, visto che da quel momento costituiscono la principale
voce di ingresso di valuta pregiata per le casse panamensi.
L’espansione
del traffico marittimo mondiale innescato dalla globalizzazione e l’incremento
del tonnellaggio dei cargo porta contanier ha indotto il governo panamense ad elaborare
un progetto di ampliamento del canale, poi approvato tramite Referendum
popolare, con il 78.6% dei voti, il 22 ottobre 2006. I lavori iniziati l‘anno
successivo si conclusero nel 2016, consentendo così il transito delle navi cosiddette
“Neopanamax” aventi dimensioni massime di 294 m. di lunghezza, 32,3 m. di
larghezza ed un pescaggio di 12,04 m.
Dalla fine
del 2023, a seguito di una lunga siccità indotta dai cambiamenti climatici che
ha ridotto il livello dell’acqua del Canale, il traffico dei mercantili è stato
temporaneamente ridotto del 36%, con una perdita per le casse statali stimata
fra i 500 e i 700 milioni di dollari annui.
Proprio per
ovviare alla carenza idrica, il governo panamense ha varato il progetto dei
nuovi invasi artificiali per alimentare le acque del Canale, la cui contrarietà
è divenuta un ulteriore punto programmatico della piattaforma di rivendicazioni
della lotta popolare in atto nel paese.
Sin dal
momento del suo secondo insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump, ha
avanzato rivendicazioni sulla “Striscia del canale” minacciando di riprenderne
il controllo nel caso le navi statunitensi non vengano esentate dai pedaggi di
transito. Inoltre, ha esercitato forti pressioni per indurre la vendita a società
statunitensi dei due porti posti agli imbocchi del Canale, Cristobal sull’Atlantico
e Balboa sul Pacifico (carta 2), posseduti dalla società Ck Hutchinson di Hong
Kong, lamentando un presunto “controllo cinese sul canale”.
Carta 2: carta geografica del canale di Panama con i 5 porti lungo il suo percorso
Note
[1] https://first-quantum.com/English/our-operations/default.aspx#module-operation--cobre
[2]
https://www.osservatoriodiritti.it/2023/10/18/panama-attivita-mineraria/
[3]
“Repressione a Panama (con video). Cresce la mobilitazione di ampi settori
della società” di Giorgio Trucchi
Andrea Vento
6 giugno 2025
Gruppo insegnanti di Geografia Autorganizzati
Il video pubblicato da Giorgio Trucchi riporta due momenti della repressione contro le mobilitazioni sociali a Tolé (Chirqui) e a Ipeti (Danén) https://youtu.be/EGrA9jWWIOg?si=ZYZU1WraR48mSVYN
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