Basi italiane e attacco USA all’Iran

 Basi italiane e attacco USA all’Iran (giugno 2025)

Contesto normativo e accordi



di Fabio Marcelli

L’uso di basi militari italiane da parte di forze straniere è regolato da accordi bilaterali e dal quadro NATO, nel rispetto della Costituzione. L’art. 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come strumento di offesa, consentendola solo in caso di difesa o per adempiere a obblighi internazionali. Inoltre, l’art. 80 prevede la necessità di autorizzazione parlamentare per trattati internazionali di natura politica o che comportino impegni rilevanti. Ciò significa che un coinvolgimento dell’Italia in operazioni belliche richiede un chiaro mandato legale. Nel caso di un conflitto con l’Iran, non è invocabile l’art. 5 del Trattato NATO (difesa collettiva) poiché l’Iran non ha attaccato un membro dell’Alleanza (in questo scenario, è Israele – non membro NATO – ad aver lanciato per primo attacchi, seguiti da una risposta iraniana) . Di conseguenza, l’Italia non ha alcun obbligo automatico di intervento e “deve far prevalere l’art. 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra” , come sottolineato dal costituzionalista Gaetano Azzariti.


Accordi sulle basi: Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ricordato che la presenza di basi USA in Italia è disciplinata da un accordo dei primi anni ’50 (il NATO Status of Forces Agreement del 1951 e intese bilaterali successive) che consente agli Stati Uniti di utilizzarle solo previa spiegazione degli obiettivi e con autorizzazione del governo italiano  . “Le basi aeree americane in Italia… possono essere utilizzate soltanto spiegando per cosa le vogliono utilizzare e soltanto dopo l’autorizzazione del governo italiano”, ha dichiarato Crosetto, aggiungendo che finora nessuna autorizzazione straordinaria è stata richiesta dagli USA  . In pratica, l’eventuale via libera all’uso delle basi per operazioni belliche è competenza del governo (Ministero della Difesa), che può concederlo informando poi il Parlamento, ma senza una deliberazione parlamentare formale (necessaria invece per dichiarare lo stato di guerra o impiegare contingenti italiani)  . Questo punto è stato ribadito da fonti parlamentari citate sulla stampa: non vi è obbligo di un voto preventivo delle Camere per autorizzare sorvoli o rifornimenti da basi in Italia in operazioni alleate, essendo materie regolate da trattati e demandate al potere esecutivo . Tuttavia, il governo italiano ha assicurato (per voce del ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani) che “qualsiasi coinvolgimento passerà da un voto in Parlamento” , a indicare la volontà politica di coinvolgere le Camere qualora l’Italia dovesse essere direttamente trascinata in azioni di guerra.


Va evidenziato che molte installazioni in Italia rientrano nel circuito NATO e sono “basi NATO” formalmente sotto comando dell’Alleanza, oppure basi italiane con presenza USA. Ad esempio, Aviano e Sigonella sono considerate basi a utilizzo USA (con status NATO), mentre Ghedi è un aeroporto italiano che ospita armamenti USA; Solbiate Olona ospita un comando NATO . In questi casi la giurisdizione è complessa: la Convenzione di Londra del 1951 (NATO SOFA) prevede che il paese ospitante ceda alcune prerogative giurisdizionali sulle forze alleate presenti . In altre parole, all’interno di basi NATO in Italia vige la giurisdizione statunitense per quanto riguarda l’attività delle forze USA, riducendo il controllo diretto dello Stato italiano . Secondo Azzariti, “le basi NATO sono fuori dal nostro controllo. L’Italia non ha alcuna sovranità su queste basi”, il che può creare il rischio di un loro uso improprio o non autorizzato da parte degli Stati Uniti, con possibili gravi violazioni della legalità costituzionale italiana . Alla luce di ciò, il costituzionalista avverte che “gli americani potrebbero far partire i loro aerei senza alcuna autorizzazione italiana” se l’Italia non esercita in pieno la propria sovranità su tali infrastrutture . Questa prospettiva alimenta il dibattito sulla necessità di rinegoziare l’uso delle basi per garantire trasparenza e rispetto della Costituzione .


L’attacco del giugno 2025 all’Iran e possibili coinvolgimenti delle basi italiane


L’attacco più recente contro obiettivi in Iran è avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2025. In quella data gli Stati Uniti – intervenuti a fianco di Israele – hanno sferrato un’operazione militare coordinata contro tre siti chiave del programma nucleare iraniano (le installazioni di Natanz, Isfahan e Fordow) . L’azione, confermata ufficialmente in un discorso alla Casa Bianca, ha combinato l’uso di bombardieri strategici B-2 Spirit stealth con un lancio di missili da crociera Tomahawk . In particolare, almeno sei B-2A avrebbero colpito gli obiettivi sganciando bombe penetranti GBU-57 “Massive Ordnance Penetrator” (armi da 14 tonnellate progettate per distruggere bunker in profondità)  . Questi bombardieri sono decollati direttamente dagli Stati Uniti (Whiteman AFB in Missouri), effettuando un volo di ~37 ore con rifornimenti in volo  . Contestualmente, circa 30 missili Tomahawk sono stati lanciati da un sottomarino americano in zona (probabilmente l’USS Georgia, un Ohio-class convertito al lancio di missili) contro gli altri bersagli iraniani . L’operazione ha quindi visto impiegati assetti a lungo raggio, potenzialmente senza necessità di far partire direttamente caccia o bombardieri dal suolo italiano. In effetti, la base di Aviano – unica in Italia con pista adatta ai B-2 – non risulta essere stata utilizzata per il decollo dei bombardieri verso l’Iran (come peraltro anticipato da analisi che indicavano nella base di Diego Garcia nell’Oceano Indiano l’opzione preferibile per gli USA)  . Gli attacchi aerei sono dunque partiti da fuori dall’Italia, evitando di coinvolgere attivamente il territorio nazionale nelle azioni cinetiche contro l’Iran.


Tuttavia, questo non esclude un ruolo di supporto delle basi italiane. Nelle ore e giorni precedenti l’attacco del 21-22 giugno, diverse fonti open-source hanno rilevato movimenti aerei militari statunitensi anomali in area Mediterraneo e collegati alla preparazione dell’operazione. Di seguito una cronologia dei principali voli militari USA associati al teatro di crisi e aventi attinenza con basi in Italia:

13, 15 e 16 giugno 2025: un velivolo da sorveglianza US Navy Boeing P-8A Poseidon è decollato dalla NAS Sigonella (Sicilia) e ha condotto prolungate missioni di pattugliamento nel Mediterraneo orientale, volando a quote molto basse (sotto 240 metri) al largo di Israele, Egitto e fino di fronte al Libano  . Queste missioni, documentate dall’osservatorio indipendente ItaMilRadar, avevano un profilo insolito, compatibile con operazioni di ricerca antisommergibile – probabilmente per individuare eventuali minacce subacquee iraniane o monitorare navi sospette nella zona  . ItaMilRadar osserva che non risultano sommergibili iraniani nel Mediterraneo, ed è plausibile che i P-8 da Sigonella stessero supportando indirettamente Israele, tenendo d’occhio unità navali potenzialmente pericolose (come cargo che potessero trasportare armi) in un momento di forte tensione  . In sintesi, Sigonella ha fornito capacità ISR (Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione) nelle fasi iniziali del conflitto, subito dopo l’attacco israeliano del 13 giugno ai siti iraniani.

16 giugno 2025: sempre ItaMilRadar ha segnalato un eccezionale movimento di aerocisterne USA. Oltre 20 aerei tanker dell’USAF (modelli KC-46A e KC-135R/T) sono stati tracciati mentre raggiungevano basi europee, in particolare gli aeroporti militari di Morón e Rota in Spagna, e Ramstein in Germania . Questi velivoli erano partiti da varie basi negli Stati Uniti (Tampa, Oklahoma City, Wichita, Wrightstown, Pittsburgh, ecc.) . Un tale dispiegamento di capacità di rifornimento in volo in Europa è altamente inusuale in tempi normali, e indica la volontà di Washington di predisporre un “ponte aereo” per sostenere operazioni nel Medio Oriente . I tanker posizionati in Spagna e Germania avrebbero potuto assicurare rifornimenti a più stadi ai bombardieri diretti in Iran . Non risultano, invece, atterraggi di questi tanker a Sigonella in quei giorni (sebbene Sigonella sia stata designata in ambito NATO come futuro hub mediterraneo per aerocisterne) . È probabile che gli Stati Uniti abbiano preferito utilizzare scali in paesi alleati dove l’autorizzazione politica fosse più scontata, evitando di coinvolgere direttamente l’Italia in questa fase preparatoria.

19 giugno 2025: un aereo da trasporto strategico C-5M Super Galaxy dell’US Air Force è stato tracciato in partenza dalla base di Aviano (Friuli-V.G.) diretto in Arabia Saudita . Secondo i dati di volo di Flightradar24, il gigantesco cargo USA è arrivato in prossimità di Riyadh alle 22:26 ET di quel giorno . Il Dipartimento della Difesa americano, interpellato dai media, ha declinato di commentare la missione e non ha confermato il motivo dell’invio di questo aereo in Medio Oriente . L’evento è significativo perché il C-5M è l’aereo da trasporto più grande dell’arsenale USA, capace di trasportare carichi eccezionali: la sua presenza suggerisce il trasferimento di equipaggiamenti militari di elevata importanza. In assenza di conferme ufficiali, gli osservatori hanno ipotizzato che potesse trasportare ad esempio le bombe pesanti GBU-57 MOP destinate ai B-2 (ordigni rarissimi e di grandi dimensioni), oppure altro materiale bellico o logistico necessario per l’imminente attacco  . Il fatto che sia decollato da Aviano indica l’utilizzo di una base italiana per l’inoltro di armamenti verso la zona del Golfo, e ciò senza annunci pubblici né dibattito preventivo. (Va notato che Aviano ospita depositi di munizioni e assetti USA di rilievo, ed è possibile che l’Italia non fosse pienamente informata sul contenuto del carico, essendo un volo militare intra-alleato). Questo episodio è stato reso pubblico solo grazie a fonti open-source; ufficialmente non risultano NOTAM italiani né comunicazioni che segnalassero movimenti straordinari da Aviano in quella data.

20 giugno 2025: alla vigilia dell’attacco, gli Stati Uniti hanno ridislocato sul teatro medio-orientale capacità aggiuntive di superiorità aerea. In particolare, è stato completato il trasferimento di 12 caccia furtivi F-22 Raptor dell’USAF verso la base aerea Muwaffaq Salti in Giordania . Questi aerei sono partiti dagli USA e hanno fatto scalo in Gran Bretagna (RAF Lakenheath), proseguendo poi verso il Medio Oriente la mattina del 20 giugno  . Il loro trasferimento ha coinvolto operazioni di rifornimento in volo nello spazio aereo italiano: un tanker KC-46A decollato da Mildenhall (UK) ha rifornito gli F-22 sopra la Sicilia orientale, in un’area in asse con la base di Sigonella, prima di atterrare a Morón in Spagna  . Successivamente, un KC-135R partito da Morón ha scortato i caccia fino al Mediterraneo orientale . Questo indica che l’Italia ha consentito sorvoli e operazioni di rifornimento nel proprio cielo legati al dispiegamento (il volo tanker ha operato su/nei pressi del nostro spazio aereo). Al momento dell’attacco all’Iran, i 12 F-22 risultavano già posizionati in Giordania, pronti a garantire copertura aerea e difesa in teatro . Anche questa movimentazione è stata attuata senza annunci ufficiali, ma è tracciabile grazie a ItaMilRadar e altre fonti OSINT.

Notte 21–22 giugno 2025 (attacco USA all’Iran): come accennato, l’offensiva è partita da lontano. Sei bombardieri B-2 sono volati dal Missouri seguendo una rotta insolita: anziché attraverso l’Europa, hanno puntato a ovest sorvolando il Pacifico, sfruttando un ponte di aerocisterne dispiegato nell’oceano e in Asia  . In parallelo, altri B-2 sono stati trasferiti visibilmente a Guam (nel Pacifico) come diversivo per confondere l’intelligence iraniana e gli osservatori OSINT  . I bombardieri in missione reale avrebbero proseguito poi nell’Oceano Indiano e verso il Golfo di Oman, potendo effettuare una sosta tecnica per cambio equipaggio e ulteriore rifornimento all’isola di Diego Garcia . Nessun decollo di aerei da combattimento è avvenuto da basi in Italia durante l’attacco, né risulta che il nostro spazio aereo sia stato attraversato da vettori d’attacco in rotta verso l’Iran (la traiettoria seguita dai B-2 era meridionale, via Oceano Indiano)  . Da questo punto di vista, l’Italia non è stata punto di partenza di voli offensivi. Tuttavia, l’Italia ha continuato a svolgere un ruolo indiretto: basti pensare che il quartier generale della Sesta Flotta USA è a Napoli, e assetti navali nel Mediterraneo (come cacciatorpediniere americani dotati di difesa antimissile) erano in allerta per eventuali ritorsioni iraniane  . Inoltre, durante l’attacco, sistemi di comunicazione e controllo alleati basati in Italia (come il MUOS di Niscemi, o le stazioni di telecomando droni a Sigonella) con ogni probabilità sono stati utilizzati per coordinare le operazioni – aspetti su cui torneremo.

22 giugno 2025 (post-attacco): nelle ore successive al bombardamento, gli Stati Uniti hanno intensificato il monitoraggio delle reazioni iraniane. Un drone strategico MQ-4C Triton della US Navy (versione maritime del Global Hawk) è stato tracciato in volo a 48.000 piedi sullo Stretto di Hormuz la mattina del 22 giugno, compiendo pattugliamenti ISR (Intelligence, Surveillance & Reconnaissance) evidentemente per sorvegliare movimenti militari iraniani e garantire la sicurezza delle forze USA nell’area . Non è confermato da quale base operasse questo drone: i Triton possono essere rischierati sia in Medio Oriente (es. a Bahrain o negli EAU) sia a Sigonella stessa, che infatti ospita regolarmente droni RQ-4 Global Hawk e MQ-4C in transito o come nodo di controllo remoto  . In ogni caso, la presenza di assetti ISR americani così avanzati evidenzia il ruolo cruciale del network C4ISR alleato, a cui l’infrastruttura in territorio italiano concorre: Sigonella, ad esempio, è sede del comando NATO AGS (Alliance Ground Surveillance) e dispone di centri per la gestione di droni strategici e satelliti (JTAGS) essenziali per “vedere” eventuali lanci di missili  . È verosimile che dalla Sicilia vengano pilotati o coordinati alcuni droni e operazioni americane nel teatro di guerra mediorientale: figure istituzionali locali come l’assessore Fabio Granata (Siracusa) hanno denunciato che “è dalla Sicilia che gli americani guidano i droni e le operazioni militari in Medio Oriente… da qui arriva un supporto fondamentale a tutte le azioni di guerra degli USA e dei loro alleati” . Questa affermazione, seppur polemica, riflette un dato: le installazioni siciliane (Sigonella e il centro MUOS) costituiscono nodi strategici di comunicazione e comando per le forze USA, e quindi contribuiscono attivamente alle operazioni (anche senza che un singolo aereo decolli materialmente da esse verso l’obiettivo).


Mappa delle principali installazioni militari USA/NATO in Italia (Fonte: ISPI, rielab. La Sicilia) – Include basi a uso statunitense come Aviano e Sigonella, installazioni NATO e siti con presenza di forze USA.  


In sintesi, dalle informazioni disponibili non emergono prove che caccia o bombardieri americani abbiano lanciato l’attacco all’Iran direttamente dal territorio italiano: l’operazione aerea è stata condotta con assetti a lunghissimo raggio, partiti da basi extraeuropee, con sorvoli principalmente fuori dallo spazio aereo italiano. Tuttavia, vi sono molteplici evidenze di un impiego delle basi italiane come piattaforma di supporto alla campagna: ricognizione marittima e anti-sottomarina da Sigonella nei giorni precedenti , massiccio pre-posizionamento di aerocisterne su rotte di rifornimento trans-Mediterraneo (alcune delle quali hanno operato nei cieli siciliani) , voli cargo strategici da Aviano per trasportare equipaggiamenti chiave verso il Golfo , oltre al probabile utilizzo continuo delle infrastrutture di comando e comunicazione in Sicilia. Tutto questo senza una chiara comunicazione pubblica o autorizzazione parlamentare preventiva, ma presumibilmente gestito tramite i canali militari NATO/USA-Italia vigenti. Fonti parlamentari confermano che l’utilizzo delle basi e dello spazio aereo italiano per rifornimenti o supporto logistico in operazioni USA non richiede per legge un passaggio parlamentare formale ; di conseguenza, tali attività di supporto possono avvenire con un accordo a livello di governo (o addirittura solo tecnico-militare) e restare poco visibili all’opinione pubblica.


Dichiarazioni ufficiali e reazioni in Italia


Dal punto di vista ufficiale, il governo italiano ha mantenuto una linea prudente e formale. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, già prima dell’attacco USA, aveva definito “prematuro” parlare dell’eventuale uso delle basi italiane . Nei giorni immediatamente precedenti l’azione americana, sia il ministro della Difesa Crosetto sia il ministro degli Esteri Antonio Tajani hanno più volte rassicurato sul fatto che l’Italia non sarebbe entrata in guerra con l’Iran e che fino a quel momento gli Stati Uniti non avevano avanzato richieste di usare diversamente le basi sul nostro territorio  . “Sicuramente l’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran… Non penso ci saranno mai soldati o aerei italiani a bombardare l’Iran, è costituzionalmente impossibile e non c’è la volontà”, ha dichiarato Crosetto il 19 giugno . Riguardo alle basi USA in Italia, ha confermato l’esistenza dell’accordo “antico” sopra citato e ribadito: “[gli USA] possono utilizzarle soltanto dopo l’autorizzazione del governo italiano. Non è stata ancora chiesta, non è mai stata chiesta questa autorizzazione” . Tajani, da parte sua, il 19 giugno ha dichiarato alla stampa: “non abbiamo notizie di basi militari USA in Italia coinvolte nell’escalation tra Iran e Israele, anche se non sappiamo cosa vorrà fare Washington” , riferendo di non avere evidenze di un coinvolgimento diretto delle nostre installazioni. Questa affermazione è giunta in risposta a indiscrezioni (rilanciate da media internazionali dell’opposizione iraniana) secondo cui Meloni avrebbe discusso con l’intelligence dell’eventualità che gli USA utilizzassero basi in Italia per attaccare l’Iran . Tajani ha smentito seccamente tali voci, cercando di ridimensionare l’allarme.


All’indomani dell’attacco del 21-22 giugno, il governo ha espresso preoccupazione per l’allargamento della crisi ma non ha confermato alcun uso specifico delle basi italiane. Anzi, il 22 giugno Crosetto ha commentato in TV che il bombardamento USA “apre uno scenario completamente diverso, una crisi molto più grande” e che bisognerà attendersi “una risposta molto più forte da parte dell’Iran, che rischia di allargarsi a tutti gli obiettivi americani” . In parallelo, le autorità italiane hanno innalzato le misure di sicurezza attorno alle installazioni statunitensi sul suolo nazionale (ambasciate, basi, ecc.), temendo di poter essere bersaglio di ritorsioni iraniane o di organizzazioni filo-iraniane. Ad esempio, a Roma è stata rafforzata la tutela dell’ambasciatore USA e la vigilanza su obiettivi sensibili americani . Queste misure indicano che, pur non essendo ufficialmente cobelligerante, l’Italia si considera potenzialmente esposta come retrovia delle forze USA.


Sul piano politico e parlamentare interno, il tema ha suscitato un vivace dibattito. L’opposizione di centrosinistra ha chiesto massima trasparenza e coinvolgimento parlamentare su qualsiasi utilizzo delle basi. In un confronto televisivo del 19 giugno, il senatore PD Michele Fina ha dichiarato che “se le basi USA in Italia saranno usate contro l’Iran, chiediamo un passaggio parlamentare”, invocando quindi un dibattito e un voto in Parlamento prima di autorizzare operazioni di questo tipo  . Esponenti della maggioranza hanno replicato che l’uso delle basi non implica automaticamente l’entrata in guerra dell’Italia. Il deputato Pierantonio Zanettin (Forza Italia) ha sottolineato che “le basi sono già operative” nell’ospitare forze USA e ciò “non significa per l’Italia entrare in guerra” , lasciando intendere che un utilizzo logistico delle installazioni rientrerebbe nella normalità degli accordi vigenti e nelle attività di alleanza, senza bisogno di ulteriori atti formali. Questa posizione riflette quanto sostenuto anche da fonti governative: ovvero che prestare supporto (es. scalo, rifornimento) agli alleati USA non configura un atto di guerra italiano e può avvenire in base agli impegni esistenti. Ciononostante, dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle sono arrivate richieste al governo Meloni di riferire urgentemente alle Camere sulla crisi Israele-Iran e sul ruolo dell’Italia. Parlamentari di opposizione hanno depositato interrogazioni per sapere se siano transitati armamenti o missioni dalle basi italiane nei giorni del conflitto e se il governo abbia autorizzato in qualche forma operazioni USA dal nostro territorio senza consultare il Parlamento (le interrogazioni risultano annunciate attorno al 17-18 giugno, secondo fonti di stampa) .


Anche nella società civile e nelle amministrazioni locali ci sono state reazioni critiche. In Sicilia – regione che ospita le due principali strutture USA, Sigonella e il centro MUOS di Niscemi – esponenti politici hanno manifestato preoccupazione. Fabio Granata, assessore alla Cultura del Comune di Siracusa (ed ex deputato), ha invocato apertamente lo “smantellamento delle basi USA in Sicilia”. Il 19 giugno ha dichiarato: “La base americana di Sigonella e il MUOS rendono la Sicilia un bersaglio strategico per chi si oppone alla follia sanguinaria di Israele, follia sostenuta da America e UE”, aggiungendo che “mai come oggi… la battaglia per la sicurezza della Sicilia passa dalla battaglia contro basi militari che non vogliamo più sulla nostra terra” . Parole forti, che collegano la presenza militare straniera al rischio di coinvolgimento del territorio siciliano in ritorsioni belliche. Granata ha sottolineato come Sigonella sia “un hub strategico per tutte le operazioni militari USA nel Mediterraneo” (ospitando anche importanti sistemi come JTAGS per allerta missilistica e il NATO AGS) e come il MUOS fornisca comunicazioni satellitari critiche alle forze USA e NATO . Di conseguenza, sostiene Granata, la Sicilia di fatto supporta tutte le operazioni di guerra degli USA e alleati, diventandone potenziale bersaglio . Queste posizioni trovano eco in movimenti pacifisti e antimilitaristi, che in passato hanno protestato contro l’allargamento di Sigonella e la costruzione del MUOS. All’indomani dell’attacco all’Iran, tali movimenti hanno ribadito il timore che il coinvolgimento (anche indiretto) dell’Italia configuri una violazione della Costituzione e abbiano chiesto al governo di non fornire supporto a operazioni non sancite da organismi internazionali (come l’ONU). Finora non si sono registrate manifestazioni di piazza imponenti, ma la tensione resta alta a livello locale in aree come Sicilia e Friuli, dove la popolazione è consapevole della presenza di obiettivi militari strategici sul proprio territorio.


Valutazione conclusiva


In base alle informazioni raccolte, non vi sono prove ufficiali e incontrovertibili che gli Stati Uniti abbiano utilizzato basi italiane per effettuare materialmente gli attacchi offensivi contro l’Iran nel giugno 2025, ma esistono numerosi indizi di un impiego delle installazioni in Italia per attività di supporto all’operazione. Queste attività – dall’intelligence al trasporto di armamenti, fino al rifornimento in volo – sono avvenute senza una “chiara autorizzazione” pubblica o formale da parte del governo italiano, nel senso che non c’è stata alcuna deliberazione parlamentare né comunicazione esplicita ex ante. Ciò, peraltro, è in linea con il quadro normativo vigente: l’utilizzo delle basi alleate in Italia da parte degli USA rientra negli obblighi NATO e negli accordi bilaterali, che demandano al governo (e in particolare al Ministro della Difesa) il potere di concedere autorizzazioni caso per caso  . In questo frangente, il governo Meloni ha scelto di non dare pubblicità ad eventuali assensi logistici, mantenendo una posizione ambigua (ufficialmente: “nessuna richiesta dagli USA” ). È possibile che alcune operazioni di supporto siano state condotte in modo coperto: ad esempio, il Fatto Quotidiano ipotizzava che si potessero trovare “modalità di utilizzo delle basi che restino segrete”, proprio per non mettere in difficoltà l’Italia e non compromettere le relazioni con l’Iran, ove abbiamo canali diplomatici e d’intelligence delicati  . Questa opacità solleva interrogativi dal punto di vista della legalità costituzionale. Se infatti risultasse che infrastrutture in Italia sono state usate senza alcuna autorizzazione governativa esplicita (ad esempio dagli americani in autonomia, sfruttando la “zona grigia” del SOFA NATO), si configurerebbe una violazione della sovranità italiana e del dettato costituzionale (art. 11). Al momento, comunque, il governo nega che ciò sia accaduto.


In conclusione, le basi di Aviano, Sigonella e altre strutture italiane hanno svolto un ruolo nell’attacco all’Iran di giugno 2025 come “piattaforma logistico-strategica”, più che come rampe di lancio. I voli tracciati (P-8 da Sigonella, tanker su Sicilia, cargo da Aviano) e le attività di comunicazione indicano un coinvolgimento operativo del nostro territorio senza però che vi fosse un coinvolgimento bellico diretto dell’Italia . Questo ha permesso di tenere formalmente l’Italia fuori dal conflitto – coerentemente con la linea espressa dal governo (“l’Italia non entrerà in guerra con l’Iran” ). Resta però aperto il dibattito politico e giuridico: l’assenza di un chiaro mandato parlamentare e la gestione riservata di autorizzazioni alleate sollevano dubbi in merito alla piena aderenza allo spirito dell’art.11. Personalità autorevoli come Azzariti avvertono che “se non vogliamo trovarci davanti a fatti compiuti… sarebbe il caso di rimettere in discussione l’uso di queste basi” . In altre parole, urge un chiarimento: l’Italia può e deve pretendere di esercitare controllo sulle attività che partono dal suo suolo, per evitare di essere trascinata in guerra “per interposta base” senza un dibattito democratico. Il governo, dal canto suo, ha finora agito nei limiti delle prerogative esecutive, informando a posteriori il Parlamento (il ministro degli Esteri ha riferito alle Camere nelle settimane seguenti, confermando il non coinvolgimento attivo e aggiornando sugli sforzi diplomatici e umanitari, come l’evacuazione dei connazionali dalla regione ).


Prospettive: Nel quadro NATO, l’Italia può trovarsi di nuovo di fronte a richieste di utilizzo delle proprie basi in situazioni di crisi. La vicenda di giugno 2025 mostra che tali decisioni vengono prese in tempi rapidi e con discrezione. Una maggiore trasparenza – ad esempio stabilendo per legge un obbligo di informare preventivamente il Parlamento anche per l’uso logistico delle basi in operazioni belliche non coperte da mandati ONU/NATO – potrebbe essere auspicabile per allineare la prassi agli ideali costituzionali. Nel frattempo, i dati raccolti evidenziano chiaramente il ruolo strategico delle basi italiane: pur “dietro le quinte”, esse hanno contribuito all’efficacia dell’attacco USA all’Iran, senza il quale Israele difficilmente avrebbe potuto colpire infrastrutture nucleari così protette. Questo pone l’Italia in una posizione delicata di fronte al diritto internazionale: se da un lato non è belligerante dichiarata, dall’altro fornisce supporto cruciale a un’azione militare unilaterale, rischiando di essere percepita come parte del conflitto. È un equilibrio complesso che andrà gestito con attenzione sia sul piano diplomatico, sia su quello interno di rispetto delle nostre regole democratiche.


Fonti:

Ansa, “Crosetto: ‘l’Italia non entrerà in guerra contro l’Iran’” (19 giugno 2025)  .

Ansa, “Iran, Crosetto: ‘attacco USA cambia lo scenario’” (22 giugno 2025) .

Sky TG24, “Israele-Iran: dove sono e che ruolo avrebbero le basi USA in Italia in caso di attacco” (21 giugno 2025)  .

La Sicilia, “Da Aviano a Sigonella: la mappa delle basi NATO in Italia (ma per l’Iran gli USA preferiscono Diego Garcia)” (20 giugno 2025)  .

Il Fatto Quotidiano (cit. da Cinquantamila), “Guerra: basi americane in Italia fuori controllo” (20 giugno 2025)  .

Open Online, “Crosetto: ‘Basi USA? Trump deve chiederci il permesso’” (19 giugno 2025) .

Agenzia DIRE, “Medio Oriente: possibili missioni di supporto USA a Israele (ItaMilRadar)” (17 giugno 2025)  .

Pagine Esteri, A. Mazzeo, “L’ombra di Sigonella sui bombardamenti israeliani all’Iran” (17 giugno 2025)  .

InsiderTrend, “Attacco USA: Washington vuole le basi italiane, Tajani smentisce” (19 giugno 2025)  .

ItaMilRadar, “Raid on Iran’s Nuclear Sites” – analisi OSINT post-attacco (22 giugno 2025)  .

ItaMilRadar, “USAF F-22 Transfer to Jordan Completed” (21 giugno 2025)  .

Defcon Community (fonte Newsweek), “US sends world’s largest military aircraft near Iran’s border” (20 giugno 2025) .

La7, Coffee Break – dibattito Fina (PD) vs Zanettin (FI) sulle basi USA (19 giugno 2025) .

Ansa Sicilia, “Assessore Siracusa: smantellare basi USA in Sicilia” (19 giugno 2025)  .

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