Chi finanzia la Guerra di Israele?

 

Chi sono i finanziatori di Israele e fino a quando saranno disposti a sovvenzionare una guerra totale e permanente e l’inarrestabile militarismo che ha già provocato oltre 60 mila morti attaccando tutti i paesi dell’area Mediorientale?



Ce lo spiega Assopace in un articolo:

Goldman Sachs guida con ampio distacco il pool delle sette banche internazionali con 7,2 miliardi di dollari, seguita da Bank of America (3,6 miliardi), Citigroup (2,9), Deutsche Bank (2,5), BNP Paribas (2,0), JPMorgan Chase (0,69) e Barclays (0,5). È vero che il debito sovrano di un paese (Israele incluso) può “coprire” indistintamente le voci di bilancio in generale, ma sono stati i funzionari stessi del ministero dell’Economia di Tel Aviv nel febbraio 2024 a confermare che lo stato avrebbe dovuto vendere “una quantità quasi record di titoli” lo scorso anno proprio per continuare a finanziare il suo sforzo bellico

Le banche e i “Titoli di guerra” israeliani. Il caso dell’italiana BPER – Assopace Palestina


Una grande liquidità, oltre a proficui accordi commerciali tengono in piedi lo stato di Israele con migliaia di riservisti che a lavoro non vanno e hanno bloccato alcune attività commerciali ed industriali costringendo i datori ad assumere manodopera a basso costo proveniente dall’Asia, oltre alle attività legate al turismo ferme o quasi dal 7 Ottobre. L’industria del turismo ha giocato un ruolo importante nella promozione di Israele con flussi di turistici ai quali veniva offerta una visione falsa di quanto accade in Palestina o magnificando le case vacanze nei kibbutz e nelle aree confiscate con l’arbitrio e la violenza ai loro effettivi proprietari arabi e palestinesi.

Tra i grandi finanziatori di Israele non mancano banche tedesche e francesi, del Sud e Nord Europa, fanno quasi a gara a tessere le fila dei rapporti economici con lo Stato di Israele mostrando una non comune generosità che non si addice al capitalismo finanziario. Perfino i fondi pensione che raccolgono i risparmi dei lavoratori hanno investimenti, eppure dovrebbe essere il sindacato, anche il più moderato, a schierarsi concretamente contro la guerra. Una immane quantità di denaro, di prestiti e servizi senza i quali oggi Israele non sarebbe la potenza militare ed economica che conosciamo, eppure sono almeno quindici anni che le Nazioni Unite hanno diffuso rapporti eloquenti sulla sistematica violazione dei diritti umani e civili ai danni del popolo palestinese

Il Boicottaggio contro i prodotti israeliani non è riuscito in Italia, troppo debole, ignorato dalle realtà sindacali e sociali che potrebbero adottarlo con efficacia nei grandi ipermercati e molti investimenti europei ed occidentali vanno a beneficio di società direttamente coinvolte nel colonialismo da insediamento che anche a sinistra per decenni è stato ignorato o ridotto al romanticismo dei socialisteggianti e autogestiti Kibbutz.

 

Potremmo riempire centinaia di pagine solo riportando citazioni, documenti che attestano ad esempio il diretto sostegno alla tecnologia duale e ai sistemi di arma

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