Come ti depotenzio la Pubblica amministrazione rendendola subalterna al privato
Le dichiarazioni di
Zangrillo meritano riflessioni
Le
dichiarazioni del Ministro Zangrillo inducono a riflessione, se parliamo di “cambio
di indirizzo profondo nelle attività di controllo”, dovremmo prima fare un bilancio di quanto
avvenuto in questi anni e prendere atto che il depotenziamento di tanti uffici
e servizi ha rappresentato una scelta politica e gestionale tanto errata quanto
fallimentare. Ancora una volta si
privilegiano gli interessi delle imprese, dubitiamo si possa salvaguardare il
pubblico e i suoi interessi lasciando tanti uffici con pochi organici e miserrimi
strumenti a disposizione, con un sistema normativo atto a ridurre l’efficacia
reale dei controlli sul privato. Davanti alla strage nei luoghi di lavoro è
lecito parlare di salvaguardia delle attività economiche quando dominano
evasione fiscale, lavori insicuri e il nero? E, senza generalizzare, è palese
la volontà di salvaguardare , ancora, la supremazia degli interessi di impresa a
mero discapito della dignità umana e lavorativa, dei diritti umani e di quelli
sociali.
Zangrillo preferisce invece sgravare le
imprese di adempimenti e obblighi giudicati inappropriati ed eccessivi in una
ottica di mera subalternità alle imprese
Le
parole hanno un peso, davanti ai risultati dei controlli e delle ispezioni si
evince che il sistema produttivo italiano è assai poco attento al rispetto di
innumerevoli normative in materia di sicurezza, salute e sovente si aggirano i
contratti nazionali anche per la compiacenza dei sindacati rappresentativi, che
quei contratti in teoria dovrebbero difenderli, attraverso la contrattazione di
secondo livello.
Descrivere
l’operato del pubblico in termini irreali e secondo logiche prettamente liberiste
finisce con il depotenziare ogni effettivo ruolo di controllo e direzione esercitato
dal pubblico stesso. La normativa attuale in materia di sicurezza non ci sembra
frutto di culture sanzionatorie perché innumerevoli aziende oggetto di
provvedimenti e multe sovente hanno continuato imperterrite nel loro operato.
Piuttosto
dovremmo prendere atto come il sistema attuale non presenti norme efficaci e
quanti dovrebbero invece vigilare sulla
efficacia e sulla applicazione delle norme sono in numeri talmente ridotti da
effettuare solo rari e sporadici controlli.
Solo
nell’immaginario di Zangrillo il pubblico assume posizioni vessatorie verso il
privato , se poi si utilizzano termini e concetti ambigui come “efficacia” e
“razionalizzazione” la Pubblica amministrazione italiana finisce in un vicolo
cieco. Nel buon nome della efficacia si mira sempre al solito obiettivo ossia
depotenziare i controlli asserendo che la eccessiva burocrazia è solo
portatrice di problemi. Non saremo certo noi a difendere un carrozzone
burocratico che negli anni ha palesato la sua inefficienza ma al contempo nel
calderone delle norme da cancellare finiscono anche i ruoli e le funzioni di
indirizzo e di controllo spettanti proprio alla Pa.
Se queste sono le premesse per rivedere la legge
concorrenza della scorsa legislatura, la auspicata, dal Governo, collaborazione
con imprese e categorie potrebbe tradursi nella debacle del sistema pubblico
secondo i classici precetti neoliberisti.
La
logica della sanzione diventa lo
spauracchio invocato per aprire la strada a una sostanziale riforma della Pa,
lo spirito di collaborazione tra controllori e controllati nel tempo non ha
permesso di combattere l’evasione fiscale, il lavoro nero, il mancato rispetto
delle norme di sicurezza e l’applicazione di contratti, pirata e non,
sfavorevoli e funzionali solo ad abbassare il costo del lavoro, eppure proprio
questo spirito viene oggi invocato dal Ministero.
Ancora
una volta prevale la logica del pubblico subalterna a quella del privato, la
tutela dell’attività d’impresa determina alla fine il libero arbitrio dei
più forti, dei dominanti.
Innumerevoli norme oggi hanno dimostrato la
loro inefficacia perché funzionali ad un disegno articolato, quello di non
intralciare le attività private, eppure in anni ormai lontani ogni qual volta i
rapporti di forza erano a favore dei salariati sono state approvate leggi da
subito sabotate e svilite su pressione di lobby e associazioni datoriali,
emblematico resta il testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro .
Non
parliamo solo di quantità dei controlli ma anche degli addetti preposti a tale
scopo e dell’effettivo potere sanzionatorio che nel corso degli anni è stato
progressivamente alleggerito. Gli adempimenti formali in materia di indirizzo e
controllo spesso avvengono in maniera approssimativa e senza guardare alla
sostanza dei problemi, per farlo dovrebbero esserci organici adeguati in una Pa
che ogni anno perde migliaia di posti di lavoro. I controlli formali possono
avvenire nel rispetto delle norme ma da qui a ipotizzare la loro efficacia
corre grande differenza. Non accusiamo
la Pa di volere ridurre i controlli, ma razionalizzarli
per evitare fastidi eccessivi all’impresa significa assumere da subito un
punto di vista regressivo e un approccio subalterno alle associazioni
datoriali, l’assunzione poi, sbandierata come inversione di tendenza, di 403
funzionari all’Ispettorato nazionale del lavoro e 111 all’Inail resta solo una
goccia nel mare, basterebbe guardare al
numero reale dei controlli effettuati in rapporto alle ditte oggi esistenti per
capire quanto annoso e irrisolto sia il problema.
Spesso ci siamo imbattuti in controllo
formali, bisognerebbe capire cosa si
intenda per lesione effettiva degli interessi pubblici se la strada da
intraprendere è quella delle canoniche diffide e di sanzioni pecuniarie di
lieve entità.
Il
Ministero , nel buon nome della digitalizzazione richiesta dal Pnrr, parla di fascicolo elettronico d’impresa, non vorremmo
finire in una sorta di burocrazia 4.0 senza prendere atto dei problemi reali.
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