Reminiscenze e insegnamenti di un altro 14 luglio

 Reminiscenze e insegnamenti di un altro 14 luglio

Prima parte: 
Prolegomeni seri e bastardi 

Nel 1788 la situazione della Francia era disperata. 
A) La monarchia, quindi lo Stato, si era indebitata fino al collo per aiutare gli insorti statunitensi a liberarsi degli inglesi. 
E seppure anche un regime di merda può - per ragioni sue, e cioè per ragioni di merda - fare una cosa positiva, non bisognerebbe esagerare. Per verifica aggiornata su questa "teoria della solidarietà a gettoni", sentire i "patrioti" di ogni risma e latitudine.
Per evitare la dichiarazione di bancarotta, su consiglio del suo ministro svizzero delle finanze, il 5 maggio 1879 Luigi XVI nominava gli "Stati generali" composti ad ampia maggioranza dell'aristocrazia e dal clero. 
L''assise dominata da questi fiori dello sterco doveva diluire le proprie responsabilità: "Tutti colpevoli, nessun colpevole". 

B) Malgrado le casse dello Stato fallito non contenessero i soldi necessari per far cantare un cieco, il re e la sua combriccola diversamente floreale continuavano a concedere smisurati privilegi al clero e alla nobiltà. 
Poiché l'attuale "grandeur" non è né improvvisata né frutto della modernità, non erano solo modesti o grandi "condoni fiscali alla leghista", ma esoneri del pagamento delle tasse. D'altronde, lor signori non praticavano, come continuano a non praticare, taĺi volgarità. 

C) Nemmeno il clima aiutava i derelitti. 
Perché nel 1788 la combinazione grandine, venti, pioggia aveva dimezzato i raccolti, nel 1879 a Parigi il prezzo del pane era duplicato e, per dirla con  "un moderno accento alla cinese", le città vivevano assediate dai poveri, interni ed esterni.
Forse per lontane influenze orientaleggianti, Maria Antonietta troverà la formula magica: "Non c'è pane da distribuire? E date loro delle brioches". Ma, la storia racconta che questo richiamo ad Aladino e alla sua lampada meravigliosa "in premoderna chiave caviale" non funzionò granché.
Forse per ciò, questa formula tutto sommato dolciastra, è stata tradotta da eredi ed epigoni della leggiadra sovrana, seguaci di Bava Beccaris e di Pinochet per intenderci, in un altro motto e ben più pratico "Gli affamati chiedono pane? Date loro del piombo". 

D) Detto altrimenti, il tutto era aggravato dalla diffusa sordità delle classi "dirigenti" che, a conti fatti, non erano adatte nemmeno a risolvere angosciosi problemi come quello dell'accumulo della merda da cavallo prodotto dal sempre maggiore traffico di carrozze o quello degli scarichi di escrementi sia sui disgraziati abitanti dei piani inferiori che sui malcapitati pedoni in trasferta nelle città.
D'altronde, con tanti fiori di sterco bipedi, cosa volete che fosse qualche fiore di sterco quadrupede?
Ma la cecità non si limitava a questo aspetto né la vista era il solo senso compromesso.
Ad esempio, anche se i Giorgio Armani ed i Benvenuto Cellini dell'epoca producevano a getto continuo bellissimi vestitini, gioielli e monili da esibire in continuazione in ogni Versailles ed in ogni corte e nonostante l'influenza araba avesse cercato di diffondere l'uso dell'acqua, la stragrande maggioranza dei fiori di sterco europei conservavano la loro ancestrale inimicizia per l'igiene.
Ciò valeva per tutti gli europei ma, tra i fiori di sterco, le sofferenze dell'olfato e della vista e la legge delle compensazioni gli faceva annodare una stretta amicizia con l'eau de Cologne, la polvere di tabacco da aspirare (rapè), pinzi, merletti e parrucche ...
Insomma, i fiori di sterco puzzavano di sudore e merda, ma percepivano di meno i cattivi odori grazie al  tabacco e ai camuffamenti derivati dagli effluvi del profumo. Per di più, da precursori di Berlusconi già disponevano di "capelli per tutti". 
Viceversa, i sansculotte puzzavano senza ritegno e sfoggiavano, quando madre natura lo imponeva, brutte teste nude. 

Charles Dickens riassunse il tutto con la solita genialità nell'incipit del suo "Racconto tra due città":

"Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori; era un’epoca di saggezza, era un’epoca di follia; era tempo di fede, era tempo di incredulità; era una stagione di luce, era una stagione buia; era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione. Ogni futuro era di fronte a noi, e futuro non avevamo; diretti verso il paradiso, eravamo incamminati nella direzione opposta. A farla breve, era quello un tempo così simile al nostro che alcune tra le voci più autorevoli strillavano e insistevano a giudicarlo, nel bene e nel male, solamente attraverso superlativi.
Un re c’era, allora, sul trono d’Inghilterra, un re con la mascella quadrata che aveva una regina con una faccia comune. 
Un re c’era, allora, sul trono di Francia, un re con la mascella quadrata e con una regina dal viso leggiadro. 
In entrambi i paesi era chiaro come il sole ai signori dello Stato preposti alla distribuzione dei pani e dei pesci che, in genere, le cose, erano state stabilite una volta per sempre". 

In questo contesto martedì 14 luglio 1879 i cittadini francesi si presero la Bastiglia, una vecchia fortezza trasformata in carcere che albergava sette (7) prigionieri e conteneva, soprattutto, un consistente deposito di polvere.
Dei 7 prigionieri, 4 erano falsari, 2 erano pazzi e il settimo era il vociferante marchese de Sade.
I 4 falsari scomparvero subito, i due pazzi finirono in manicomio una settimana dopo, il marchese finì quasi subito in un'altra prigione.
Fu l'evento culminante della prima fase della Rivoluzione francese in quanto la Bastiglia era il simbolo dell'Ancien régime, l'avvenimento in sé era poco importante sul piano pratico tanto che il re ne venne informato solo in serata.
Assunse, infatti, un tale significato simbolico da essere considerato il vero marchio della rivoluzione. 

Nella seconda parte di questo piccolo "racconto storico" intendo parlare della democrazia, frutto in buona parte non voluto dalĺe classi dirigenti e, comunque un frutto tardivo ed effimero-

Nel terzo e conclusivo capitolo, intendo occuparmi del suo odierno stato comatoso. 

A mo' di epilogo (ma anche di prologo) chiudo con una citazione tratta da un famoso libro del brasiliano Jorge Amado ("Donna Flor e i suoi due mariti"):

"Dal momento che lo chiede con tanta buona grazia, giovanotto, io le dico: con le disgrazie basta incominciare. E quando sono incominciate, non c’è niente che le faccia fermare, si estendono, si sviluppano, come una merce a buon mercato e di largo consumo. 
L’allegria, invece, compare mio, è una pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede cure costanti e terreno concimato, né secco, né umido, né esposto ai venti, insomma una coltivazione che viene a costar cara, adatta a quelli che son ricchi, pieni di soldi".

Rodrigo Rivas

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