DAL SUMMIT NATO ALLA MESSA A TERRA DELLE BASI
DAL SUMMIT NATO
ALLA MESSA A TERRA DELLE BASI:
LA FRUSTA USA SULL’UE E SUL MONDO
MOBILITARSI CONTRO LE GUERRE DELL’IMPERISLISMO
Le notizie uscite dal summit della NATO di giovedì sono sempre più preoccupanti: gli F16 all’Ucraina significano un ulteriore innalzamento del potenziale offensivo nel conflitto con la Russia, producendo un inasprimento della guerra e l’allontanamento di possibili, seppur difficili e ancora assai lontani, tavoli di trattativa tra Russia e Ucraina; le dichiarazioni bellicose rivolte a tutti i Paesi che non hanno condiviso la narrazione occidentalista dell’intera responsabilità russa nel conflitto (per quanto non sci dobbiamo nascondere le responsabilità della Russia per i pesantissimi episodi di bombardamenti contro i civili (scuole, ospedali, quartieri popolari, altrettanto ingiustificabili quanto quelli israeliani contro la popolazione palestinese di Gaza). La “scoperta” del DL per la costruzione della base militare di 140 ettari per un costo di 520 mln di euro conferma che il Governo Meloni è pienamente inserito in questa logica belliciste euro-atlantica, con i Paesi UE proni ai dettami statunitensi o con posture da improbabile grandeur come la Francia, ormai potenza regionale sub-imperialista (per quanto dotata di arma atomica).
La NATO a guida USA ha indotto i Paesi UE ad un coinvolgimento sempre maggiore nel conflitto russo-ucraino, con il doppio intento di costituire un fronte contrapposto lungo la linea di confine tra UE e Stati filo-russi, ma soprattutto di rompere ogni forma di relazione e collaborazione economico-commerciale tra Paesi UE e Russia. Per gli USA, l’UE deve innanzitutto mantenere politiche centrate sull’euro-atlantismo senza alcuna titubanza, ma soprattutto deve restare sostanzialmente in condizione di subalternità, vassallo integerrimo e fedele nell’alleanza nord-atlantica.
La NATO è ormai dalla fine del XX secolo il nuovo strumento del processo neo-coloniale dell’imperialismo occidentale euro-atlantico, a trazione statunitense: se durante i primi vent’anni del XXI vi sono state alcune fasi in cui, attraverso il processo di globalizzazione (pur con tutte le contraddizioni) si erano aperte prospettive per nuovi equilibri multipolari non belligeranti su scala planetaria, negli ultimi anni questo scenario rassicurante si è andato via via sgretolando per la volontà occidentale (non solo statunitense) di impedire l’ascesa economico-commerciale e politico-militare di nuove potenze, soprattutto la Cina; sul settore euro-asiatico, la tensione aperta con la Russia con l’espansione UE e NATO verso est (vicino al cuore del mondo slavo, ad esempio con la Georgia prima ancora dell’Ucraina) ha disarticolato i fragili equilibri post-sovietici provocando la collisione tra interessi euro-occidentali e quelli russi, con conseguenze disastrose per i primi: finora infatti, nonostante le previsioni del crollo dell’economia russa per le sanzioni, a soffrire sono soprattutto i Paesi europei UE, costretti ad acquistare sul mercato dominato dagli USA le risorse energetiche (gas) e materie prime.
Nel Summit di New York si è fato un ulteriore passo avanti nella destabilizzazione mondiale: la NATO ha dichiarato la Cina corresponsabile nell’escalation tra Russia e Ucraina, innalzando il
livello dello scontro politico-diplomatico già peraltro piuttosto compromesso dalla costituzione del patto militare tra Australia Regno Unito e USA (AUKUS) a cui potrebbe aderire anche il Giappone, vera e propria appendice asiatica della NATO in funzione di contenimento della Cina rispetto a Taiwan e non solo.
Il “gioco” su scala mondiale si sta velocemente inasprendo e le contraddizioni tra l’imperialismo aggressivo occidentale e la proiezione espansivo neocoloniale asiatica (detto in estrema sintesi) si vanno accentuando e approfondendo. Senza peraltro considerare il terzo polo economico-finanziario del mondo arabo, ancora fondato su principi sociali medievali e oscurantisti, ma destinato a giocare un ruolo fondamentale nelle dinamiche interimperialistiche e neocoloniali.
Come comunisti non possiamo che dissociarci e stigmatizzare quanto uscito dal Summit NATO di New York, che rappresenta uno scatto pericolosissimo verso il punto di non ritorno di una guerra devastante; al tempo stesso osserviamo con interesse la nascita di un nuovo blocco, per quanto non omogeneo e denso di contraddizioni interne, che può offrire prospettive di contenimento a contrasto del nuovo slancio bellico dell’imperialismo euro-atalantico pur non rappresentando di per sé (nonostante alcune componenti ideologicamente più vicine a noi comunisti) una prospettiva per il socialismo nel XXI secolo.
Costruire l’opposizione sociale e la resistenza militante alle guerre di oppressione deve diventare il nostro obiettivo immediato, innanzitutto costruendo un fronte con le forze di classe e anticapitaliste, per rinnovare e rilanciare la prospettiva di un governo popolare e socialista: parole d’ordine che oggi possono apparire lontane e utopistiche, ma la cui nettezza e chiarezza possono suscitare e far ritrovare l’entusiasmo, stimolando la mobilitazione, soprattutto nella fascia dell’astensionismo.
Giovanni Bruno
PRC – Fed. Pisa
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