Il caos creato ad arte dell’autonomia differenziata
Il caos dell’autonomia
differenziata
Alcune regioni del centro
sinistra spingono per un referendum contro l’autonomia differenziata licenziata
dal Governo. Ma in sostanza siamo arrivati a questo punto di non ritorno
proprio a causa delle mire maggioritarie e federaliste del centro sinistra
Maggioranza e minoranza nel Parlamento italiano sono divisi
sull’autonomia differenziata ma anche all’interno dei vari schieramenti
esistono posizioni differenti e in taluni casi inconciliabili.
Siamo arrivati a un punto di non ritorno dopo anni di spasmodica
ricerca di soluzioni atte a soddisfare i desiderata dei centri di potere
economico e finanziario anche se sono
proprio i poteri forti oggi a manifestare dubbi e perplessità sulla riforma
dell’intero sistema. Quanti oggi difendono la Costituzione come baluardo della
democrazia hanno contribuito a modificarla nel corso degli anni giudicando il
controllo e la direzione dell’economia a fini sociali una aberrazione nella
dominante ideologia di mercato.
L’opposizione di centro
sinistra sta per raccogliere le firme a sostegno di un referendum
abrogativo proposto dalle 5 Regioni
governate e in attesa di conoscere il quesito referendario appare evidente che
alcune aree geografiche, dove il Pd continua ad avere consensi, sono tra quelle
ad avere spinto con maggiore forza verso un modello federalista senza ritorno.
Il federalismo e il presidenzialismo erano giudicati dai
Costituenti due modelli autoritari e funzionali agli interessi economici
dominanti, il potere del popolo era legato ad un sistema elettorale costruito
sul proporzionale che proprio il centro sinistra ha contribuito ad affossare.
Chi scrive non è certo fautore della democrazia borghese ma resta innegabile
che nel sistema elettorale attuale, il maggioritario, minoranze formate da
milioni di elettori, non abbiano voci in capitolo e rappresentanza, la esclusione dai consigli comunali e
regionali o dal Parlamento di cospicue minoranze è a nostro avviso tra le cause
della crisi stessa della democrazia.
Sono del tutto legittime le critiche delle regioni meridionali
consapevoli che l’autonomia differenziata andrà destinando maggiori risorse al
Nord a mero discapito del Sud arretrato economicamente, ostaggio del lavoro
nero e con servizi sanitari e scolastici pubblici decisamente lontani dagli
standard europei.
Se l’Italia è un paese in crisi economica, l’autonomia
differenziata non rappresenta certo la soluzione, alcune regioni necessitano di
fondi statali senza i quali il servizio sanitario nazionale sarà destinato al
collasso favorendo ulteriori, e nefasti, processi di privatizzazione.
Il Testo di legge approvato dal Governo in teoria stabilirebbe
il principio della “proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna
Regione” ma è proprio questo principio dettato da ideologie che non tengono
conto dei reali fabbisogni, per dirla in altre parole dubitiamo fortemente che la
distribuzione futura delle risorse possa rispondere ai requisiti di equità
sociale se pensiamo che a dominare la distribuzione del vil denaro saranno
principi di efficienza alquanto discutibili.
Si va costruendo un modello statale assai contorto, un insieme
di leggi destinate ad alimentare confusioni normative che potranno portare
alcune Regioni a rivendicare la gestione di risorse e di materie rilevanti come
il commercio con l’estero, la previdenza
integrativa, la protezione civile, le banche regionali, le politiche di
formazione e di orientamento in materia di lavoro. Se l’autonomia differenziata
nasce per ridurre il peso della burocrazia è assai probabile che partoriremo
l’effetto contrario. Pensiamo alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, alla
gestione di porti e aeroporti, alle reti
di trasporto e di navigazione, alcune Regioni potranno attrarre investimenti a
discapito di altre anche con normative favorevoli a possibili investitori, saranno
insomma acuite le differenze economiche e sociali tra le varie aree geografiche.
E stiamo parlando di materie che dovrebbero essere invece essere di competenza
dello Stato e non di singole entità Regionali, quanto poi alla contrattazione
politica tra governo e Regioni permangono innumerevoli criticità legate al peso
economico e politico dei vari interlocutori. Perfino settori del padronato
italiano sono alquanto scettici verso questo impianto normativo e legislativo,
temono l’ aumento dei costi e dell’ inefficienza proprio nella gestione dei
beni e servizi pubblici con effetti negativi sull’intero paese.
In queste ore la Regione Veneto ha chiesto alla presidente del
Consiglio il via libera per attuare l’Autonomia differenziata in tutte le
materie che non richiedono l’individuazione dei Lep (Livelli essenziali delle
prestazioni), la bagarre è appena iniziata e, ammesso che la Cassazione accolga
il quesito referendario delle Regioni del centro sinistra, ci attendo mesi di
caos istituzionale e di spinte destinate a disintegrare quanto resta della
democrazia nel nostro paese.
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