La Nato va alla guerra
La Nato va alla guerra
Lo
scarno comunicato finale dell’Alleanza Atlantica dopo il summit a Washington
meriterebbe maggiore attenzione di quanta riservatale dalla stampa mainstream.
I
paesi aderenti alla Nato ormai guardano all’Indopacifico come area di interesse
nevralgico, prova ne sia l’incontro con i Capi di Stato di Australia, Giappone,
Nuova Zelanda, Corea del Sud per affrontare le sfide di sicurezza condivise
e approfondire ulteriormente la cooperazione.
La cooperazione della quale si parla viene tradotta in termini militari con aumento sensibile delle spese militari di questi paesi impegnati da tempo in lunghe esercitazioni militare davanti alla Cina. Del riarmo giapponese ne parlano da tempo innumerevoli riviste, basti pensare a sistemi di arma di ultima generazione ormai prossimi a entrare in gioco, la spesa militare del Giappone è aumentata del 5,9% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo i 46 miliardi di dollari e altrettanto crescerà nel prossimo biennio.
Oltre
agli aiuti decisi consideriamo anche gli accordi bilaterali di sicurezza
stipulati da vari paesi con l'Ucraina coordinati dal Centro congiunto
NATO-Ucraina per l'analisi, l'addestramento e l'istruzione in Polonia.
E
nel frattempo la prima risoluzione del Parlamento europeo vede il Pd allineato
con Fdi e FI, tutti insieme allegramente, si fa per dire, a votare l’utilizzo
delle nuove armi date all’Ucraina per attacchi al territorio russo con una
escalation militare destinata ad alimentare e allargare la guerra in corso.
In
questi scenari si fa strada una nuova economia di guerra con tagli allo stato
sociale per accrescere le risorse destinate ad uso militare e con enormi ricavi
per le aziende produttrici di armi i cui titoli azionari sono in rapida e
perenne ascesa.
Ma
nella strategia della tensione non poteva mancare l’accusa della Nato alla Cina
di fornire aiuti alla Russia ma ironia della sorte le componentistiche cinesi,
in prevalenza elettroniche, sono assai più numerose nei sistemi d’arma Usa .
Il
protezionismo e i dazi commerciali imposti da Washington riguardano anche il
militare tanto che da tempo ormai le strategie sono state all’insegna della
reinternalizzazione della produzione di tutta la filiera produttiva nel territorio statunitense, basti
pensare che il 40% dei semiconduttori indispensabili per i sistemi
d’arma Usa arriva direttamente dalla Cina e la catena dei fornitori dell’industria
della difesa statunitense nel corso degli anni è quadruplicata, la dipendenza del Pentagono
dall’elettronica cinese si è trasformato in un problema per un paese che si
prepara ad allargare le aree di conflitto.
La
decisione dopo il covid di reinternalizzare la produzione dei semiconduttori
non era pensata solo a fini militari ma anche per evitare la dipendenza della
manifattura dalla componentistica orientale visto che a produrre i semi
conduttori sono anche altri paesi come
Corea del Sud e Taiwan.
Resta
il fatto che, mentre gli Usa accusano la Cina di fornire alla Russia strumenti
di difesa e componentistica elettronica a fini militari, sono proprio gli Usa a
dovere fare i conti con la dipendenza dai semiconduttori orientali
Argomento
non banale ma utilizzato sapientemente a fini di propaganda bellica della Nato
dimenticando che la riorganizzazione delle aziende belliche Usa nel corso dei
decenni passati ha premiato operazioni speculative e finanziarie rifornendosi
per alcune componenti dall’Oriente dove certi prodotti tecnologicamente
avanzati costavano decisamente meno. E alcuni produttori orientali hanno
intanto costruito sinergie e alleanze commerciali con multinazionali Usa e non
ci meraviglieremmo a trovare qualche fondo di investimento tra gli azionisti
delle imprese orientali.
L’attacco mediatico alla Cina occulta quindi una realtà assai più complicata quella di un paese in crisi, gli Usa, che per ragioni capitalistiche hanno evitato di sostenere maggiore capacità produttiva a proprie spese e nel tempo hanno preferito esternalizzare alcune produzioni dedicandosi a operazioni finanziarie che hanno rafforzato sensibilmente il valore azionario delle imprese di armi.
Occultare
la realtà è ormai dirimente per giustificare le guerre e falsificare i dati è
arma diffusa per le strategie di guerra .
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