Il mito della crescita infinita del Pil

 Il mito della crescita infinita del Pil

Da almeno 70 anni un grande mito è rappresentato dalla crescita economica e dal prodotto interno lordo (PIL), un indice composito che utilizza la spesa dei consumatori, gli investimenti privati e la spesa pubblica per arrivare a una cifra che rappresenta la produzione economica di un paese .

vignetta tratta dal web

Il Pil è quindi il corretto indice con cui misurare la ricchezza di una nazione? 

Nutriamo dubbi in tal proposito, fatto sta che il Pil è divenuto il parametro con cui misurare lo stato di salute di un paese, in caso di segno negativo le sorti di una nazione sono compromesse e iniziano le speculazioni finanziarie destabilizzanti e mirate a imporre politiche economiche e sociali che poi si realizzano in tagli al welfare, ai salari e in aiuti smisurati a favore delle imprese.

Indistintamente governi tecnici, di centro sinistra e di destra mirano alla crescita del Pil e finiscono con l’intraprendere politiche sociali ed economiche talvolta indistinguibili. 

La crescita del Pil in alcuni casi comporta il declino degli standard di vita per le classi lavoratrici con l’attuazione di politiche di austerità salariale.

Sovente la crescita del PIL non determina il miglioramento delle condizioni di vita di gran parte della popolazione con l’acuirsi delle disuguaglianze economiche e sociali.

Un parametro da prendere in considerazione per misurare il benessere di un paese dovrebbe essere rappresentato dalla distribuzione del reddito e delle ricchezze, dalla misura di welfare, dal potere di acquisto dei salari e delle pensioni, dal livello dei consumi. I tempi di vita sono stati ridotti a beneficio dei tempi di lavoro, una esistenza precaria determina l’aumento dello sfruttamento. Anche quando il PIL è scomposto in una cifra pro capite, non tiene conto dei salari da fame e in prospettiva, con le attuali regole in materia pensionistiche, di un assegno previdenziale da fame, le risorse destinate al welfare, alla sanità e alla istruzione vengono progressivamente ridotte dentro per altro una dinamica salariale al ribasso.

Emblematico il caso degli Stati Uniti ove il PIL medio pro capite è superiore a quello della Germania, ma i lavoratori statunitensi hanno una qualità della vita decisamente inferiore, sono precari e in condizione di salute precarie, meno istruiti e con minore tempo libero a disposizione 

In alcuni paesi in via di sviluppo l’aumento del Pil non si traduce in sostanziale miglioramento della qualità della vita con una età media ancora assai bassa e un degrado ambientale e sociale preoccupante. 

La ricerca del profitto, la crescita economica infinita non sempre si traducono nel miglioramento delle condizioni di vita, in una esistenza migliore, prova ne siano le risorse irrisorie destinate al welfare, alla salute e alla istruzione.

Perseguire  l’obiettivo della crescita e del profitto da misurare con Pil non significa allora migliorare le condizioni di vita per gran parte della popolazione senza dimenticare che la crescita di alcuni paesi comporta l’impoverimento di altri fino alle politiche di guerra miranti a impedire ogni resistenza dei popoli oppressi

In alcuni paesi a capitalismo avanzato l’aumento del Pil è avvenuto con lo sfruttamento di parti considerevoli della popolazione acuendo il divario sociale ed economico 

E tra i divari ci sono anche quelli di genere a conferma che le donne continuano ad essere le vittime sacrificali di un certo modello di sviluppo.

La crescita economica diventa possibile acuendo le disuguaglianze sociali ed economiche favorendo il benessere di alcuni a discapito di molti, le differenze di classe sono i primi risultati tangibili della crescita del Pil. Se poi guardiamo ai consumi ci si accorge che nei paesi dell'OCSE, il PIL pro-capite è cresciuto del 3% tra il 1961 e il 1985 ma l'aumento della crescita dei consumi pro capite è rallentato dal 3% negli anni '70 all'1% dopo il 2000 .

Si capisce allora che l’aumento del Pil è avvenuto a mero discapito della ridistribuzione delle ricchezze, sono aumentati i divari economici e sociali a conferma che l’ideologia della crescita infinita del Pil è stata funzionale anche alla affermazione della ideologia capitalistica del libero mercato e con essa le condizioni dei salariati sono state ferocemente compromesse.


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