La farsa democratica e i rinnovi contrattuali nella Pubblica amministrazione

 

La farsa democratica e i rinnovi contrattuali nella Pubblica amministrazione



Il sindacato firmatario di contratti presenta piattaforme rivendicative i cui contenuti sono poi smentiti dal testo finale del CCNL. La consultazione della forza lavoro diventa una autentica farsa democratica perché a decidere atti di indirizzo è solo il Governo e la sua agenzia ossia l’Aran. Urge cambiare il sistema della contrattazione, senza una rottura radicale degli attuali equilibri perderemo solo potere di acquisto e di contrattazione.

 

Consigliamo vivamente la lettura degli atti di indirizzo governativi relativi ai contratti dei quattro comparti in cui è suddivisa la Pubblica amministrazione, da questi atti si capisce quanto sia vana e messianica l’attesa della sottoscrizione di contratti che non risponderanno mai, economicamente e normativamente, alle aspettative della forza lavoro ma perfino ai reali fabbisogni degli Enti.

Veniamo da anni nei quali le materie oggetto di contrattazione sono ridotte ai minimi termini e a tal riguardo citiamo un documento Aran

Si afferma, infatti, che le progressioni orizzontali avvengono “in funzione delle capacità culturali e professionali e dell'esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell'attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito”.

Non sono le Rsu a decidere le progressioni orizzontali o differenziali economici come ormai sono definiti ma sentenze della Corte dei Conti che hanno sostanzialmente circoscritto la platea dei beneficiari a meno della metà degli aventi diritto. In nome del contenimento della spesa pubblica anche le possibilità di miglioramento economico sono soggette a mille vincoli e su questa materia i contratti nazionali non hanno preso alcuna posizione.

Di solito la Ragioneria dello Stato assegna un budget per i rinnovi contrattuali dei 4 comparti calcolando il costo della vita sul codice Ipca che sappiamo quanto sia inadeguato a recuperare il potere di acquisto perduto, poi arrivano gli atti di Indirizzo con i quali inizia la fase di  contrattuale che si conclude con anni di ritardo rispetto alle scadenze previste, anni compensati con una dozzina di euro al mese in virtu' di accordi sindacali mai rimessi in discussione.

Gli atti di indirizzo sono assai lontani dalle piattaforme rivendicative, farlocche per altro, sulle quali vengono chiamati ad esprimersi i lavoratori, un mandato formale a trattative che solitamente verteranno su ben altre questioni.

In sostanza siamo davanti a una democrazia fittizia, i testi contrattuali definitivi sono assai diversi dalle piattaforme sulle quali è stato ottenuto il presunto mandato alla contrattazione, se cerchiamo pratiche di democrazia reale non le troveremo certo nel sindacato confederale e men che mai nella Pubblica amministrazione.

Prendiamo ad esempio l'atto di indirizzo per i contratti degli enti locali, sono anni che la forza lavoro rivendica potere contrattuale maggiore e gli stessi sindacati firmatari si sarebbero detti, a parole,  concordi se non fosse che sono già seduti ai tavoli senza far parola dei contenuti dell'atto stesso.

Citiamo testualmente

Si conferma l’attuale struttura della contrattazione integrativa disciplinata dal titolo II del CCNL del comparto delle Funzioni Locali del 16 novembre 2022.
Pertanto, sono sottratte alla contrattazione integrativa le materie relative alle determinazioni per l’organizzazione degli uffici, le misure inerenti alla gestione del lavoro, l’articolazione dell’orario di lavoro, comprese turnazione e reperibilità, l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici, i sistemi di valutazione, i poteri di delega dirigenziale, il sistema della formazione per tutti gli aspetti non direttamente connessi al rapporto di lavoro, gli aspetti organizzativi del lavoro e la destinazione delle risorse del salario accessorio connesse agli istituti di cui sopra.
La contrattazione collettiva nazionale disciplinerà le modalità di articolazione delle sessioni negoziali di contrattazione integrativa, prevedendo che le stesse si svolgono in modo unitario, evitando la frammentazione degli accordi.

Per chi non fosse avvezzo al linguaggio sindacale è bene sapere che la gestione del lavoro, degli uffici e dei servizi, le turnazioni, le valutazioni, la formazione, la gestione quotidiana del personale sono fuori da ogni contrattazione. Abbiamo letto l’atto di indirizzo per le Funzioni locali e possiamo asserire, senza timore di smentita, che non solo perderemo ulteriore potere di acquisto ma verrà rafforzata tanto la contrattazione decentrata di secondo livello quanto il welfare aziendale. Le materie oggetto di informazione e di confronto sono innumerevoli a mero discapito della vera e propria contrattazione. E in questi anni non c’è traccia di proteste dei sindacati firmatari di contratto per rivendicare maggiore potere di acquisto e di contrattazione, queste linee guida condannano il sindacato negli Enti locali a compiti ragionieristici, di co-gestore del welfare aziendale dentro un sistema di regole che ha ingabbiato la stessa iniziativa sindacale depotenziando nel tempo perfino il ruolo della Rsu a vantaggio delle sigle firmatarie.

In sostanza l'atto di indirizzo per le Funzioni locali conferma l'attuale impianto dei profili professionali già cambiati con l'ultimo CCNL e a favore solo della parte datoriale, del resto le cosiddette semplificazioni si traducono spesso in danni per la forza lavoro, prendiamo quindi atto una volta per tutte che la subalternità sindacale al linguaggio datoriale è anche espressione di una autentica resa politica ai dettami che governano la Pubblica amministrazione in nome del contenimento di spesa, della disuguaglianza salariale con indennità specifiche ad appannaggio di alcuni profili e con capitoli di spesa che dovrebbero gravare sul bilancio dell’ente e non sulla contrattazione decentrata.  

Prendiamo ad esempio il caso delle progressioni verticali in deroga che demandano alla contrattazione di secondo livello il compito di attuare appositi regolamenti che poi sono in realtà atti impositivi della parte datoriale essendoci solo il confronto tra Ente e sindacati su Regolamenti che in partenza di basano sulla performance (la ideologia meritocratica). Le progressioni verticali in deroga sono un campo di prova di come si possa scrivere un contratto nazionale in maniera sibillina per lasciare poi ampi, eccessivi, spazi discrezionale alla parte datoriale. Pensate allle educatrici, molte delle quali senza laurea ma transitate con l’ultimo contratto nazionale, scaduto da due anni e passa, nella fascia dove viene richiesta la laurea come requisito di accesso, le progressioni verticali in deroga vengono utilizzate erga omnes nei limiti di una spesa per altro assai contenuta. Le progr verticali in deroga dovrebbero avvenire con una analisi dei requisiti e senza colloquio ma la normativa è scritta a sommo studio per lasciare al datore ogni decisione in tal senso.

L'atto di indirizzo torna sull'argomento, allungando di un anno la possibilità delle progressioni verticali in deroga senza per altro chiarire se la anzianità di servizio è riferita all'area e al profilo, o senza escludere prove selettive concorsuali con tanto di colloquio che solitamente sono presenti invece per l'accesso ordinario ai posti di lavoro, ossia con il tradizionale concorso. Insomma la confusione regna sovrana e si persevera nell'errore di scrivere norme che al momento della attuazione lasciano alla parte datoriale troppi spazi di manovra

Leggiamo testualmente nell’atto di indirizzo:

Sezione personale educativo e scolastico  Il Comitato di settore esprime l’indirizzo di prorogare la facoltà di effettuare le progressioni previste dall’art. 13, comma 6, del CCNL 2019/2021, per il personale educativo, docente ed insegnante fino al 31/12/2026.
Il nuovo contratto consentirà altresì la possibilità di inquadrare in uno specifico profilo temporaneo nell’ambito dell’Area degli istruttori, il personale educativo privo del titolo di studio richiesto per l’inquadramento nell’Area dei funzionari e delle elevate qualificazioni.

 

Cosa avrebbe dovuto fare invece il sindacato? Inquadrare automaticamente il personale nella fascia superiore e magari rivedere l’intero sistema dei profili.

Cosa manca agli Enti locali?

 Risorse economiche, assunzioni a tempo indeterminato per migliaia di lavoratori e lavoratrici,incrementi stipendiali e un budget fisso destinato alla formazione, cancellazione del sistema della performance che è servito solo a dividere i lavoratori.

 

Ma Il Governo cosa intende fare?

Aumentare le risorse per il fondo per il lavoro straordinario e per le indennità di posizione e di risultato degli incarichi di «elevata qualificazione», oltre il tetto al salario accessorio del 2016. I soldi si trovano solo per quello che fa comodo all’Aran.

 

Aumentare il budget per lo straordinario dopo oltre 25 anni significa ammettere che gli organici sono ridotti ai minimi termini e invece di porre fine ai limiti in materia assunzionale si sceglie di aumentare lo straordinario implementandone il fondo e magari con ore a recupero obbligatorie?

 

Ma tra gli indirizzi del nuovo contratto ci saranno anche interventi sulla contrattazione decentrata magari per limitare ulteriormente il potere delle Rsu per riportarle sotto il controllo delle organizzazioni firmatarie di contratto.

 

Si annuncia poi un testo unico sulle norme contrattuali del comparto visto che la materia è così confusa da determinare interpretazioni differenti da Ente a Ente.

 

Chiudiamo sullo straordinario e sul welfare aziendale

Se negli ultimi 5\6 anni gli Enti locali hanno perso mediamente 10 mila unità all'anno, se oggi diventa un miracolo raggiungere gli obiettivi del Pnrr, la soluzione dovrebbe essere quella di favorire le assunzioni anche in deroga ai tetti di spesa in materia di personale. Una scelta del genere non passa per la mente dei sindacati ormai proni ai dettami dell’austerità salariale sanciti da Bruxelles.

Ma non sia mai che i dettami europei dell'austerità siano messi in discussione, quindi arriva una accomodante spiegazione del calo di personale ossia per la scarsa attrattività degli Enti locali che sappiamo essere il fanalino di coda, quanto a stipendi, di tutto il comparto pubblico.

Ci sentiamo derisi davanti ai giochi di parole, nei 4 comparti esistono differenze stipendiali marcate e prive di ogni logica, eppure il sindacato rappresentativo non ha mai pensato di riequilibrare l'andamento salariale per tutta la forza lavoro optando invece per soluzioni legate a singoli settori del comparto.

Invece di assumere personale stanno pensando ad incrementare il fondo degli straordinari e non ci meraviglieremmo se i contratti nazionali pubblici, al pari di quelli privati, stabilissero l’obbligo del singolo lavoro a prestazioni eccedenti le ore settimanali magari non retribuite e a recupero.

Chiudiamo sul welfare aziendale: siamo ancora convinti di sopperire al crollo del potere di acquisto con benefit e bonus? Il sindacato, trasformatosi in piazzista dei fondi pensione o della sanità integrativa, sarà forse un interlocutore credibile per la forza lavoro quando ci sarà da difendere il welfare universale, la sanità e la previdenza pubblica?

 

Non ci resta che prendere atto della irriformabilità dei sindacati concertativi e firmatari di contratto, rimettere in discussione il sistema contrattuale a partire dall’irrisoria vacanza contrattuale che compensa, si fa per dire, anni di ritardo con una dozzina di euro al mese che non consentono alcun recupero del potere di acquisto.

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