Ragionando attorno a due libri tra banalità dell'impresa e malessere meneghino

 di Tiziano Tussi

Intervista a Manfredi Catella (COIMA). Intervista sul sito del Corriere della Sera. Bella discussone sulle banalità del nostro panorama imprenditoriale. Prendiamo ad esempio la sua estetica, di Catella intendo.  Un doppio petto antiquato su un viso post-moderno, milanese, anche se lui è nato a Livorno. Tutto in nuance. Tutto bene. Milano deve guardare, secondo lui, a quello che le accade attorno. Come se il resto del mondo già non lo facesse in ogni caso.



La domanda è sul “malessere di Milano”. Catella si dichiara imprenditore e patriota, qualunque cosa questa parola, qui, voglia dire. Ma avanti. Ricorda poi la Milano di Tangentopoli che risultava essere depressa dalla situazione, “non come il racconto successivo aveva narrato.” Già come aveva narrato? Non si sa. E perché? Non si sa. Come se solo lui avesse scoperto il pessimismo derivato da quella situazione. Il risveglio di Milano da quella stagione non deve essere “oggetto di una narrazione ideologica.” 

Cosa questo poi voglia dire non si sa e forse non allude alla difficoltà di viverci, perché Milano è la città più cara d’Italia, cona affitti impossibili e tragicamente alti. “L’Italia ha espresso con Milano una città distintiva in modo positivo.” L’uso delle parole italiane non pare troppo chiaro ma nel nulla dell’imprenditorialità, che non sa altro che il rifermento al profitto, anche la prosopopea nullista non guasta. Domanda: “…ma Milano è una città per ricchi?” Risposta: Catella rispolvera la vetusta e superata, in parte, dinamica domanda/offerta. Lui dice che sia prima del covid che dopo vi è stata la propensione a spostarsi nella città, quindi più domanda rispetto all’offerta di case. Non sapendo che nella città in questione il numero degli abitanti è stabile, con tendenza alla diminuzione, da qualche anno. Infatti, è l’hinterland che si sta sovrappopolando, ma la città, nei suoi confini storici, rimane secca.

 Ed in ogni caso si continua a costruire. Perciò la domanda non copre tutti gli spazi che rimangono sovente disabitati per anni. Altra cicca: “Le soluzioni a problemi complessi, come quello della casa, non sono mai puntuali (?) ma che problema c’è! Genova ha decine di migliaia di case vuote, con il treno ci si mette di meno di quanto a Londra ci si impiega per andare da una parte all’altra della città. Non importa se vivi a Genova a lavori a Milano, il treno, certo… con i problemi di linea, ritardi, scioperi, ecc. ecc. Ma questo a Catella sembra non apparire degno di riflessione, puntuale. Gli viene chiesto se sarebbe possibile un altro quartiere come quello di Porta Nuova – il bosco verticale con quello che gli sta attorno. Lui dice che il “quartiere e molto puntuale”. Si vede che l’aggettivo gli piace, evidentemente non sapendo cosa voglia dire, o comunque usandolo a sproposito. 

Dal sito Treccani

1. Che arriva all’ora stabilita, alla data fissata, senza ritardare; 

2. Fatto con precisione, esatto, circostanziato, prendendo, per es., in esame tutti gli aspetti d’uno scritto, d’un discorso, d’una situazione, e simile.: una critica puntuale; 

3. In economia, elasticità puntuale, elasticità in un punto della curva di domanda e offerta; 

4. In matematica e nelle sue applicazioni, relativo al punto. 

5 in linguistica, di aspetto verbale che esprime l’azione (detta azione momentanea) in un momento del suo sviluppo, nel suo inizio o nel suo compimento; si contrappone a durativo.

 Difficile dire quale di questi aspetti che ho preso dal sito della Treccani sia quello espresso da Catella. Termina proponendo la ristrutturazione di ciò che già c’è, questo alla faccia della dialettica domanda/offerta, e ingrandimento del costruito. Cita poi un altro quartiere di Milano, Porta Romana, villaggio olimpico, che naturalmente è “un’opera patriottica” e dice che è un “tassello di quello che è la città”. Molto logico e molto banale, dato che ogni quartiere di città fa parte della città. La domanda poi è sul prezzo delle case che a Milano si sta alzando da anni. Domanda: finirà questo rialzo?  Risposta “Indubbiamente una città per essere sostenibile deve essere inclusiva…” Tutto qui, risposta non risposta. Milano non deve avere una sola vocazione, e del resto Milano non cambierà la vocazione che ha sempre avuto (arzigogolo), quella culturale, università di punta, almeno così dice lui. Salvo poi non sapere che le università italiane non sono certo ai primi posti tra quelle mondiali. Sottolinea che a dirigerle vi sono “professionalità di punta”, ed insomma tutto va bene. Salvo gli affitti delle case agli studenti, lo scadimento di troppe facoltà rispetto al passato e certo anche la presenza di facoltà di rilievo. Ma è una situazione culturale generale che a Milano oramai fa acqua da tutte le parti: troppa moda, troppo lusso, troppa ignoranza. Con l’amministrazione in stretta commistione con gli imprenditori edili, la costruzione di palazzi ed affini – gli stadi ad esempio - e la cementificazione del suolo, che in città va sempre più aumentando. Cemento da ogni dove rispetto alle esigenze umane – respiro e tranquillità d’animo – con cantieri di ogni tipo, tutti messi all’opera assieme e poi la cura di ciò che è e che langue di cui si fa poca attenzione. In queste ultime settimane, ad esempio, c’è il problema delle buche per strada, veramente troppe e veramente profonde. 

Ma questo è un “bene” che Milano ha in comune con altre città in Italia e con buche ancora più profonde, voragini. Ma anche questo lascia la città di punta, quale il capoluogo lombardo, nella sua somiglianza con altre città, inclusiva. Inclusiva dei problemi irrisolti e di una amministrazione di facciata. Che poco amministra bene e che comunque, grazie al fatto di avere alle spalle una società dedita al lavoro, in qualche modo sta in piedi lo stesso. Così come sono state in piedi altre amministrazioni cittadine di segno politico opposto – legista, berlusconiano. Insomma, Milano potrebbe anche fare a meno del sindaco e degli assessori e cavarsela lo stesso. 

Nonostante tutti i Catella e le loro banalità. Che ben si amalgamano con le pubiche amministrazioni, di qualsiasi colore siano.


Due libri:

Lucia Tozzi, L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane, Cronopio, Napoli, 2023. Questo è un testo fortemente critico su come la città è governata e lavorata a livello contemporaneo. Da notare che la casa editrice è di Napoli. Evidentemente nessuna casa editrice milanese l’ha stampato, infatti…

L’altro testo necessariamente da leggere: Manfredi Catella con Luca Doninelli, Milano si alza. Porta nuova, un progetto pet l’Italia, prefazione di Mauro Magatti; fotografie di Gabriele Basilico, Vita in collaborazione con Feltrinelli, Milano 2013. Vita, di cui Doninelli è espressione, è un giornale, ora in rete, di un pool di sigle del settore no/non profit che mette l’accento sul tasto cattolico. Catella lo abbiamo conosciuto; Feltrinelli, speriamo che Giangiacomo non veda, che oramai pubblica di tutto, è di Milano. Il libro è tutt’ora reperibile molto comodamente. Ed anche questo è strano. Un testo di dieci anni, di poche pagine, di prezzo basso, è ancora sul mercato, quando sappiamo che i libri che hanno pochi anni vengono messi fuori catalogo. Mah?

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