Dove sono i soldi per il rinnovo dei contratti pubblici?
I contratti per 3,2 milioni di dipendenti pubblici sono scaduti da 15 mesi ma non sono ancora chiari tempi, modalità e importi per la sottoscrizione dei nuovi CCNL
La storia si ripete, un copione alquanto noioso con la forza lavoro silente e passiva spettatrice anche quando si parla dei loro stessi soldi: il Governo non stanzia i fondi nella Legge di Bilancio, i sindacati complici iniziano a rumoreggiare giusto per riaprire qualche tavolo di trattativa finalizzato, mesi dopo , a cantar vittoria con la firma del contratto e aumenti irrisori.
Ma in realtà non esiste alcuna trattativa seria mirante a riscrivere i contratti nell'ottica di accrescere tutele e diritti, non c'è alcuna rivendicazione seria di aumenti contrattuali per recuperare potere di acquisto, una sorta di recita teatrale nella quale si consuma l'ennesimo attacco al potere di acquisto dei salari pubblici.
Rinnovare i contratti nel pubblico impiego costa piu' o meno circa 6 miliardi di euro ma parliamo di aumenti che saranno comunque in linea con l'ultimo contratto e quindi decisamente piu' bassi della cifra necessaria a recuperare anche minima parte del potere di acquisto perduto nei nove lunghi anni di blocco contrattuale.A cosa corrisponderà infatti l' aumento medio del 3,7%? Piu' o meno a 100 euro lordi al mese, parliamo degli statali perchè gli altri, regioni, enti locali e università, la stessa cifra dovranno trovarla nei propri bilanci, piu' o meno quasi 2,7 miliardi di euro. E il rischio che corriamo è quello di mettere in contrapposizione assunzioni di personale con rinnovi contrattuali, quando la coperta diventa troppo corta e i fondi insufficienti succede questo e ben altro.
Ma attenzione che la cifra lorda al mese non è quella netta, la cifra media poi è sempre foriera di brutte sorprese...
Tra i profeti di sventura, nostra, c'è chi raccomanda importi piu' bassi e in linea con la inflazione, gli stipendi pubblici aumenterebbero dello 0,7% in piu' della inflazione ( e da qui i sindacati firmatari potrebbero cantare vittoria asserendo di avere recuperato parte di cio' che abbiamo perduto nei nove anni di blocco contrattuale).
Dietro ai rinnovi dei contratti pubblici c'è sempre un mistero legato ai fondi e alla loro stessa disponibilità nelle casse statali e degli enti locali, alle finanze locali traballanti dopo anni di mancato gettito statale. Ma un mistero ancora piu' fitto è rappresentato dalla merce di scambio tra aumenti contrattuali e impoverimento dei servizi pubblici o minori assunzioni, un ricatto insostenibile se vogliamo migliorare, potenziare ed ammordernare la pubblica amministrazione. E una volta tanto investimenti nella Pa li chiederebbe l'Ue visto che la spesa media per la Pa in Italia è piu' bassa di quella di tanti altri paesi.
Sono in gioco interessi materiali (i rinnovi dei contratti con recupero del potere di acquisto), politiche assunzionali (l'ormai famoso ricambio generazionale per non parlare poi dei precari che andrebbero stabilizzati una volta per tutte) e la stessa dignità dei lavoratori e delle lavoratrici della Pa.
I prossimi mesi ci diranno se dignità, potere di acquisto, assunzioni e rilancio della Pa possano coesistere ed essere supportate da una iniziativa sindacale che da anni nel Pubblico è a rimorchio dei Governi e quindi del tutto inadeguata a compiti anche solo di natura sindacale.
La storia si ripete, un copione alquanto noioso con la forza lavoro silente e passiva spettatrice anche quando si parla dei loro stessi soldi: il Governo non stanzia i fondi nella Legge di Bilancio, i sindacati complici iniziano a rumoreggiare giusto per riaprire qualche tavolo di trattativa finalizzato, mesi dopo , a cantar vittoria con la firma del contratto e aumenti irrisori.
Ma in realtà non esiste alcuna trattativa seria mirante a riscrivere i contratti nell'ottica di accrescere tutele e diritti, non c'è alcuna rivendicazione seria di aumenti contrattuali per recuperare potere di acquisto, una sorta di recita teatrale nella quale si consuma l'ennesimo attacco al potere di acquisto dei salari pubblici.
Rinnovare i contratti nel pubblico impiego costa piu' o meno circa 6 miliardi di euro ma parliamo di aumenti che saranno comunque in linea con l'ultimo contratto e quindi decisamente piu' bassi della cifra necessaria a recuperare anche minima parte del potere di acquisto perduto nei nove lunghi anni di blocco contrattuale.A cosa corrisponderà infatti l' aumento medio del 3,7%? Piu' o meno a 100 euro lordi al mese, parliamo degli statali perchè gli altri, regioni, enti locali e università, la stessa cifra dovranno trovarla nei propri bilanci, piu' o meno quasi 2,7 miliardi di euro. E il rischio che corriamo è quello di mettere in contrapposizione assunzioni di personale con rinnovi contrattuali, quando la coperta diventa troppo corta e i fondi insufficienti succede questo e ben altro.
Ma attenzione che la cifra lorda al mese non è quella netta, la cifra media poi è sempre foriera di brutte sorprese...
Tra i profeti di sventura, nostra, c'è chi raccomanda importi piu' bassi e in linea con la inflazione, gli stipendi pubblici aumenterebbero dello 0,7% in piu' della inflazione ( e da qui i sindacati firmatari potrebbero cantare vittoria asserendo di avere recuperato parte di cio' che abbiamo perduto nei nove anni di blocco contrattuale).
Dietro ai rinnovi dei contratti pubblici c'è sempre un mistero legato ai fondi e alla loro stessa disponibilità nelle casse statali e degli enti locali, alle finanze locali traballanti dopo anni di mancato gettito statale. Ma un mistero ancora piu' fitto è rappresentato dalla merce di scambio tra aumenti contrattuali e impoverimento dei servizi pubblici o minori assunzioni, un ricatto insostenibile se vogliamo migliorare, potenziare ed ammordernare la pubblica amministrazione. E una volta tanto investimenti nella Pa li chiederebbe l'Ue visto che la spesa media per la Pa in Italia è piu' bassa di quella di tanti altri paesi.
Sono in gioco interessi materiali (i rinnovi dei contratti con recupero del potere di acquisto), politiche assunzionali (l'ormai famoso ricambio generazionale per non parlare poi dei precari che andrebbero stabilizzati una volta per tutte) e la stessa dignità dei lavoratori e delle lavoratrici della Pa.
I prossimi mesi ci diranno se dignità, potere di acquisto, assunzioni e rilancio della Pa possano coesistere ed essere supportate da una iniziativa sindacale che da anni nel Pubblico è a rimorchio dei Governi e quindi del tutto inadeguata a compiti anche solo di natura sindacale.
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