Vietiamo le armi nucleari: l'Italia firmi il tratto di non proliferazione
Uniti
pretendiamo che il governo firmi il Trattato che vieta le armi
nucleari!
di Angelo
Baracca, Marinella Correggia, Giovanna Pagani
Si
accumulano segnali e analisi, anche autorevoli, che lanciano
l’allarme che il rischio dell’uso delle armi nucleari, o di una
vera guerra nucleare, sta aumentando in modo sempre più minaccioso.
Non sembra che in Italia il grosso dell’opinione pubblica
percepisca questa minaccia (che peraltro gli organi di
dis-informazione occultano), distratto da beghe nazionali o fobie
securitarie o negazioniste. Assai più grave il fatto che sembra che
la variegata, e spesso divisa, galassia pacifista non riesca a
trovare le forme e i canali idonei, per trasmettere informazioni
adeguate su questo rischio, tali da mobilitare le persone.
Oggi
potrebbe presentarsi una grande opportunità, se ci unissimo davvero
tutti e fossimo capaci di coglierla.
La
piattaforma e appello della giornata di mobilitazione internazionale
per la pace, indetta il 25 gennaio in molte città italiane da un
ampissimo gruppo di organizzazioni, rispondendo alla proposta del
Global
Day of Protest No War on Iran
promosso dal movimento pacifista statunitense contro la guerra,
comprendeva un obiettivo specifico: «Chiediamo al governo italiano
di aderire al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari
eliminandole dalle basi in Italia»1.
È
la prima volta che una piattaforma comune a una serie di
manifestazioni nazionali evidenzia
in modo inequivocabile unitario la richiesta che l'Italia firmi il
Trattato. E la prima volta che questa richiesta unisce la miriade di
comitati e organizzazioni pacifiste con le confederazioni sindacali
Cgil-Cisl-Uil, le quali nel mese di settembre 2019 avevano inviato
una lettera al presidente del consiglio e al ministro degli esteri
per chiedere «la
firma del Trattato di messa al bando delle armi nucleari – Tpnw –
adottato alle Nazioni Unite da 122 Stati il 7 luglio 2017 alle
Nazioni unite»2.
Per
entrare in vigore, il trattato – il primo accordo internazionale
vincolante che proibisce il possesso, l’uso, e anche la minaccia
delle armi nucleari, con l’obiettivo di procedere alla loro totale
eliminazione – richiede la ratifica di almeno 50 Stati. Finora ha
ottenuto 80 firme e solo 35 ratifiche, ma i segnali di progresso sono
promettenti: entro l’anno probabilmente il Tpnw dovrebbe entrare
ufficialmente a far parte del diritto internazionale.
Dei
57 Stati membri dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa), finora solo sei hanno firmato il trattato:
Austria, Vaticano, Irlanda, Kazakhstan, Lichtenstein e San Marino, ma
come si vede vi sono Stati importanti, e l’Italia ne è
letteralmente accerchiata (la Svizzera non fa il pesce in barile come
noi, c’è un dibattito trasparente, sta prendendo in modo serio in
esame il trattato per prendere una decisione3).
Lo scorso mese di luglio, riunita per l’incontro annuale,
l’Assemblea parlamentare dell’OSCE (Osce
Pa)
ha adottato la Dichiarazione di Lussemburgo Advancing
Sustainable Development to Promote Security: The Role of
Parliaments4,
e ha rivolto ai paesi membri un appello alla firma del trattato. La
decisione, pur non vincolante per i paesi membri dell’Osce, ha
sorpreso molti, perché in passato i parlamentari avevano sempre
respinto a grande maggioranza le proposte di firma del trattato.
Il
16 gennaio scorso il Parlamento belga – primo paese della Nato –
per un pugno di voti (74 a 66) ha respinto, malgrado il voto a favore
di socialisti, verdi, centristi e partito dei lavoratori, una
risoluzione per la rimozione delle armi nucleari presenti nel paese e
per la firma del Tpnw.
E
in Italia, che fa il governo «del cambiamento»? Gran parte
dell’opinione pubblica ignora non solo il Tpnw, ma perfino la
presenza di decine di testate nucleari sul nostro territorio.
Il
contesto è di estrema urgenza, più di quanto l’opinione pubblica
(del resto gravemente disinformata) possa pensare.
Purtroppo
i mezzi di (dis)informazione hanno pressoché ignorato anche
l’allarme che l’autorevole Bullein
of the Atomic Scientists
lancia dal 1947 con il messaggio esplicito del Doomsday
Clock,
l’orologio simbolico le cui lancette riportano la valutazione della
prossimità alla Mezzanotte
dell’Apocalisse: 10 giorni fa, il 23 gennaio, ha aggiornato la
previsione per il 2020 avvicinando le lancette alla distanza da
brivido di appena 100 secondi dalla Mezzanotte5
(da due anni era avvicinato a 2 minuti). La prossimità del pianeta
alla catastrofe si misura in secondi, ormai, benché il mondo appaia
distratto. I due pericoli sono gli armamenti nucleari e il
cambiamento climatico.
Pericoli
non disgiunti: si moltiplicano gli allarmi autorevoli che lo stress
provocato dall’aumento della temperatura terrestre possa aggravare
il rischio di conflitti mortali per le risorse critiche, mentre si
moltiplicano le analisi autorevoli che le nuove tecnologie,
nell’ubricatura che affidarsi ad esse eviti l’errore umano, renda
invece sempre più possibile lo scoppio di una guerra nucleare
incontrollata.
Sul
primo aspetto, più di due anni fa l’autorevole associazione
britannica Scientists
for Global Responsibility
denunciava come il cambiamento climatico aggravi i potenziali
conflitti per la terra, l’acqua, le scorte di cibo, tutte le
risorse, e incentivi le migrazioni, e tutto questo possa aggravare il
pericolo di ricorso alle armi nucleari6.
Il riferimento esplicito era il Pakistan,
dove piogge monsoniche e onde di calore estreme minacciano gravi
inondazioni, mancanza d’acqua, carestie, con il rischio di una
«disgregazione politica [che] porti estremisti a prendere il
controllo delle armi nucleari». E qui potrebbero esasperarsi le
storiche tensioni con l’India, più volte sfociate un scontri
militari, che con il tutt’altro che remoto sopravvento di gruppi
estremisti potrebbe degenerare in uno scontro nucleare7.
Il quale, oltre tutto, accelererebbe a sua volta lo sconvolgimento
del clima: sono molte le simulazioni che prevedono che l’inverno
nucleare
che seguirebbe un conflitto nucleare regionale fra India e Pakistan
(che possiedono circa 130 testate a testa) potrebbe causare
successivamente, oltre a gravissime carestie, un raffreddamento di 1
oC,
mentre fra Usa e Russia l’innalzamento potrebbe arrivare a 5 oC,
e una guerra nucleare globale a 8 oC.
Una guerra nucleare, anche se di dimensioni regionali, sarebbe in
grado di causare nel giro di pochissimi anni la catastrofe climatica
che avverrebbe invece in decenni o secoli in mancanza di
provvedimenti drastici8.
Recentemente
un articolo sulla rivista statunitense progressista The
Nation
riprende in dettaglio il problema che l’aumento della temperatura
globale può accrescere il rischio di una guerra nucleare9.
«Gli stress e le controversie sulle risorse legate al clima
accrescerebbero il livello di conflittualità globale e il rischio di
escalation
nucleare: la corsa alle armi nucleari avvelenerebbe le relazioni fra
gli stati e renderebbe impossibile la transizione energetica. Gli
alti ufficiali statunitensi riconoscono che lo sconvolgimento
climatico è già in atto [a differenza di Trump, potremmo dire], e
programmano misure eccezionali per evitare una spirale verso una
guerra nucleare. Uno scenario particolarmente preoccupante è che una
siccità estrema e piogge monsoniche anormali devastino l’agricoltura
e scatenino il caos sociale in Pakistan, aprendo potenzialmente la
porta a islamisti radicali legati ad
elementi delle forze armate per impadronirsi di qualcuna delle circa
150 bombe nucleari. Per scongiurare questo sviluppo potenzialmente
catastrofico lo US
Joint Special Operations Command
ha condotto esercitazioni per infiltrarsi in Pakistan e localizzare
le armi nucleari del paese. … Un tale attacco degli Stati Uniti
sarebbe un atto di guerra e comporterebbe enormi rischi di
escalation,
specialmente perché l’esercito pakistano – l’istituzione più
potente del paese considera l’arsenale nucleare come il possesso
più prezioso e resisterebbe accanitamente a qualsiasi tentativo
degli Usa per disattivarlo. … Una potenziale incursione
statunitense nel Pakistan dotato di armi nucleari è solo un esempio
di un aspetto cruciale ma poco discusso della politica internazionale
dell’inizio del 21o
secolo: come l’accelerazione del cambio climatico e la
pianificazione di una guerra nucleare possano rendere più ardue
disinnescare queste minacce alla sopravvivenza umana. Attualmente
l’intersezione fra cambio climatico e guerra nucleare può non
apparire ovvia,
ma forze formidabili stanno spingendo entrambe queste minacce verso i
loro esiti più devastanti.»
Occorre
dire altro sull’urgenza estrema di eliminare le armi nucleari, per
sempre, dal Pianeta?
Per
di più, numerosi allarmi autorevoli denunciano che l’esasperata
intensificazione delle innovazioni tecnologiche, nell’illusione
fallace che la tecnologia sia infallibile a differenza del controllo
umano, aggravi invece per le armi nucleari (ma non solo) i rischi di
un loro uso inappropriato. Sulla rete c’è solo l’imbarazzo della
scelta fra innumerevoli analisi e denunce autorevoli: anche se
occorre evidentemente tenere conto che la corsa all’innovazione
tecnologica è, ed è sempre stata, funzionale in primo luogo ai
colossali interessi del complesso militare industriale, e il pretesto
della “sicurezza” è solo una copertura per guadagnarsi il
consenso dell’opinione pubblica (al pari delle spese in armamenti,
che non ci rendono affatto più,
ma meno
sicuri). Intelligenza artificiale, cyber
war,
armi autonome, 5G, aumenteranno enormemente i nostri rischi.
Fra
tutte le analisi citiamo solo, perché è la più recente e viene da
una fonte direttamente impegnata per l’eliminazione delle armi
nucleari, l’informativa di ICAN10:
«Nel campo delle armi nucleari queste tecnologie [emergenti nel
campo della cyber
war,
intelligenza artificiale e tecnologie autonome offensive]
aggiungono un altro livello di rischio a un livello già
inaccettabile di rischi di uso delle armi nucleari. Misure di
mitigazione non sono una risposta adeguata … Per esempio, non c’è
modo di schermare completamente qualsiasi sistema da un attacco
informatico [cyber
attack]
... Solo
la condanna, il divieto e l’eliminazione delle armi nucleari
possono rispondere pienamente sia ai nuovi che ai vecchi rischi delle
armi nucleari e garantire che esse non verranno mai usate
[corsivo nostro]».
È
opportuno aggiungere ancora che l’Italia, nella sua condizione
attuale, è soggetta a ulteriori rischi che riguardano le armi
nucleari, con ovvie conseguenze per la popolazione (ignara!).
Da
un lato il 2018 si era chiuso con l’allarmante notizia che gli
Stati Uniti potrebbero avere l’intenzione di spostare 50 testate
nucleari attualmente schierate nell’ormai infida Turchia, dove?
Elementare Watson, in Italia, nella base statunitense di Aviano!11
C’è
di più. Trump ha disdetto lo scorso anno lo storico Trattato INF che
nel 1987 aveva eliminato le testate nucleari montate su missili a
raggio intermedio (50-500 km). Nel Far West nucleare che si è aperto
da anni con il metodico smantellamento del regime internazionale di
non proliferazione, la cancellazione del Trattato INF aprirebbe anche
la possibilità che in Italia, oltre alla settantina di bombe
termonucleari a caduta attualmente presenti, possano venire schierati
in futuro anche missili nucleari a raggio intermedio (Mosca dista
meno di 3.000 km).
La
subalternità di tutti i governi italiani alle imposizioni di
Washington non incoraggia certo la prospettiva di firma e ratifica
del Tpnw, ma questa è una ragione ancora più decisiva: solo
l’adesione al trattato è in grado di mettere l’Italia
definitivamente al riparo da soprusi nucleari che mettono gravemente
a repentaglio la sicurezza degli italiani! Il Parlamento abbia un
sussulto di orgoglio; un giorno da leone dopo tanti anni da pecora!
Questa
è la situazione, non esistono scorciatoie! Questa è l’ora.
Tutti,
uniti, al di là delle legittime specificità, dobbiamo cogliere
questa occasione dell’appello delle mobilitazioni del 25 gennaio,
«Chiediamo
al governo italiano di aderire al Trattato per la messa al bando
delle armi nucleari eliminandole dalle basi in Italia».
Uniamo
gli sforzi in una campagna per la
sopravvivenza, tutto il movimento
ecopacifista e sindacale italiano faccia uno sforzo di unità per una
rivendicazione urgente: il governo dimostri indipendenza e firmi e
ratifichi il Trattato.
Occorre
una vera campagna, alla stregua di Ican. Noi non intendiamo anteporre
proposte, che devono scaturire dal contributo di tutti, con il
concorso e il coinvolgimento attivo dei cittadini. Citiamo solo, per
non tirarci indietro, alcune possibili idee: costituire un gruppo di
lavoro unitario nazionale; chiedere ufficialmente un incontro urgente
ai presidenti del consiglio, della repubblica, delle camere; indire
un’autorevole conferenza stampa unitaria per annunciare
l’iniziativa, alla quale nessuno deve poter sottrarsi; attivare le
amministrazioni locali perché si uniscano a questa richiesta,
diffondendo l’informazione a tutti i cittadini; richiedere con
forza di poter fare interventi nelle scuole e nelle università per
informare adeguatamente i giovani.
È
l’ora di dimostrare che esiste davvero un fronte unitario che esige
la ratifica del Trattato di Proibizione e l’eliminazione delle
testate nucleari sul nostro suolo! Siamo fermamente convinti che gli
italiani lo vogliono!
3 .
Il Consiglio federale definisce
i prossimi passi in merito al Trattato sul divieto delle armi
nucleari, 03.04.2019,
https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/documentazione/comunicati-stampa.msg-id-74559.html.
5 .
A. Baracca, Per chi suonerà la
Mezzanotte? Se non ci muoviamo è prevista fra 1 minuto e 40
secondi!, Pressenza,
21.01.2020,
https://www.pressenza.com/it/2020/01/per-chi-suonera-la-mezzanotte-se-non-ci-muoviamo-e-prevista-fra-1-minuto-e-40-secondi/;
Manlio Dinucci, La politica 100 secondi a Mezzanotte, Il
Manifesto,
28.01.2020,
https://ilmanifesto.it/la-politica-100-secondi-a-mezzanotte/;
Alessandro Pascolini, A 100 secondi dalla fine, Odissea,
27.01.2020,
https://libertariam.blogspot.com/2020/01/a-100-secondi-dalla-fine-di-alessandro_27.html.
6 .
Stuart Parkinson, “Could
climate change lead to a nuclear war?”,
Scientists
for Global Responsibility,
14.10.2017,
https://www.sgr.org.uk/resources/could-climate-change-lead-nuclear-war.
E già 5 anni prima, Jűrgen Scheffran, Climate
Change, Nuclear Risks and Nuclear Disarmament, Global
Responsibility,
Issue 63, aprile 2012,
https://www.researchgate.net/publication/329973013_Climate_Change_Nuclear_Risks_and_Nuclear_Disarmament_Global_Responsibility.
7 .
Ad esempio, Will
India and Pakistan’s Conflict Go Nuclear?,
https://outrider.org/nuclear-weapons/articles/will-india-and-pakistans-conflict-go-nuclear.
8 .
Alan
Robock e Owen Brian Toon, Self-assured
destruction:The climate impacts ofnuclear war,
Bullein
of the Atomic Scientists,
04.11.2016, http://climate.envsci.rutgers.edu/pdf/RobockToonSAD.pdf.
9 .
Michael Klare, How
Rising Temperatures Increase the Likelihood of Nuclear War,
The Nation, 13.01.2020,
https://www.thenation.com/article/archive/nuclear-defense-climate-change/.
10 .
ICAN,
Briefing:
Emerging technologies and nuclear weapon risks,
https://www.icanw.org/briefing_emerging_technologies_and_nuclear_weapon_risks.
11 .
Manlio Dinucci, 50 bombe
nucleari Usa dalla Turchia ad Aviano, e Alberto Negri, Atomiche da
Erdogan: perché la notizia è credibile e fondata, Il
Manifesto,
31.12.2019,
https://ilmanifesto.it/50-bombe-nucleari-usa-dalla-turchia-ad-aviano/,
https://ilmanifesto.it/atomiche-da-erdogan-perche-la-notizia-e-credibile-e-fondata/.
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