Possono esistere appalti intelligenti? Per noi i soli appalti buoni sono quelli che tutelano forza lavoro e cittadinanza
La Pubblica amministrazione spende circa 150 miliardi all'anno per forniture e servizi. La domanda da porci qual'è? Costano troppo in rapporto ai servizi effettivamente erogati, puo' esserci qualche altro modo per ottenere servizi migliori e a minor costo, si dovrebbe lavorare di piu' sulla trasparenza e sulla anticorruzione per scongiurare fenomeni corruttivi? Oppure bisognerebbe riflettere su quanti posti di lavoro ogni anno vanno perduti, o sulle perdite di ore contrattuali con salassi retributivi e previdenziali?
Tutte domande lecite e bisognose di risposta e sicuramente tra loro non in contraddizione, da parte nostra vorremmo focalizzare l'attenzione su alcune questioni irrisolte. Andiamo per gradi...
- Da anni esistono migliaia di appalti al ribasso anche se mascherati. In teoria dovrebbe essere premiata l'offerta tecnicamente migliore e piu' economica, tutto dipende non solo dall'analisi della offerta ma da come sono realmente costruiti i bandi.
- Il codice degli appalti premia l'autonomia di impresa e alcuni criteri dettati dalla trasparenza e dall'anticorruzione, gli enti pubblici sono tenuti a contrarre i costi , le clausole sociali presenti nei contratti risultano facilmente aggirabili proprio in virtu' dell'autonomia di impresa e dalla facoltà dell'appaltatore di intervenire organizzativamente e cosi' evitare l'assunzione della forza lavoro alle stesse condizioni di prima.
- Innovazione e concorrenza non sono stimoli a prescindere, la innovazione dovrebbe essere finalizzata a costruire appalti di qualità e in condizioni lavorative migliori ma sovente, anzi quasi sempre, non è cosi'. Tutto dipende dall'uso che si fa della innovazione e quali fini.
- Molti appalti prevedono solo fornitura di servizi e di manodopera, alla fine tutto si riduce in operazioni ragionieristiche, il Pubblico dovrebbe partire in largo anticipo con una ricognizione dei servizi richiesti ma la mancanza di personale e di tempo, di strumenti idonei a tale scopo, non lo permettono.
- Qualcuno invoca la ricerca e la tecnologia (rinviamo ad esempio alla ricerca del Cnr http://www.dsu.cnr.it/relazione-ricerca-innovazione-2019/) ma gli Enti pubblici sono con la canna del gas tra mancati finanziamenti statali, carenze croniche di personale, mancata formazione ed aggiornamento della forza lavoro che poi è la piu' vecchia della Ue.
- L'approccio agli appalti è sempre quello classico, si prova a contrarre il costo della forza lavoro e le ditte appaltatrici provano a rientrare nei costi aumentando margini di profitto riducendo a loro volta le ore contrattuali e accrescendo i carichi di lavoro. E' questa la logica ricorrente e a rimetterci sono i lavoratori e le lavoratrici degli appalti con sempre meno tutele e salari da fame.
- Innovazione e aggiornamento sono problemi reali che da anni non beneficiano di investimenti e di attenzione, è quindi impensabile che l'attuale Pubblica amministrazione possa uscire dall'impasse degli appalti al ribasso che poi riguardano anche forniture e servizi destinati al settore pubblico
- La società digitale è presente sui libri ma negli uffici pubblici si continua a cercare collegamenti diretti e on line con semplici banche dati , tutti strumenti indispensabili a erogare servizi di qualità.
Non vorremmo che con la scusa della innovazione e dell'ammodernamento (che ripetiamo sono problemi reali e dovrebbero rappresentare una priorità) si tornasse ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro di quanti operano negli appalti.
Un uso errato dei sani principi di innovazione ha già prodotto danni nefasti con quella metrica del lavoro che nella meccanica ha cancellato migliaia di posti aumentando a dismisura i processi di sfruttamento. Un altro uso errato di certi principi potrebbe indurre a contrarre ulteriomente i costi della forza lavoro magari peggiorando i contratti nazionali e il codice degli appalti.
Scenari già visti, del resto ogni qual volta si parla di modernizzazione, si cerca solo di contrarre il costo del lavoro accrescendo i profitti di pochi, non certo per migliorare la qualità e la quantità dei servizi erogati, sicuramente non per migliorare le condizioni lavorative e retributive nel settore degli appalti.
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