Che cosa accade in India? Un articolo di approfondimento e la lotta di studenti ed operai
India: battiti di ali di farfalle e uragani
[ di Stefano Battaglia, 31 Gennaio A.D. 2020]
L'India è un paese piuttosto grandino dove abita un
sacco di gente. Praticamente, più o meno, gli stessi numeri della
Cina. Stiamo parlando di millequattrocento milioni di abitanti. Per
intendersi, ci sono più di 23 indiani per ogni italiano a spasso.
Certo, è una questione di scala rispetto ai nostri
scarsi sessanta milioni di abitanti, ma ha anche una storia sua
decisamente particolare, caratterizzata dalla grandissima difficoltà
di tenere insieme persone dalle più disparate fedi religiose,
appartenenze etniche e così via. Tralasciando svariati imperi che ci
sono andati a zampettare, ovviamente.
L'Unione Indiana è uno stato di natura secolare e così
si definisce nella sua Costituzione dove viene reiterato il concetto
che nessun tipo di discriminazione è possibile su base religiosa,
razziale, di casta, genere o luogo di nascita (Art. 15).
La recente storia politica dell'India ha visto al potere
un governo che è fondamentalmente espressione del partito di
maggioranza, il Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo
Indiano: BJP). Volendo fare conversioni spericolate, più o meno
corrisponde ad un partito popolare europeo, ma la cifra che
caratterizza questa maggioranza di governo e la sua azione è
sicuramente almeno un eufemico pochetto di destra.
La tenuta, comunque sia, della compagine e dell'azione
governativa, è assolutamente legata a filo doppio al sostegno di
frange di estrema destra che si esplicitano in partiti politici veri
e propri e movimenti che a noi italici spettatori sinceramente
ricordano assai cose già viste in passato, come la Rashtriya
Swayamsevak Sangh (Organizzazione Volontaria/Patriottica
Nazionale: RSS).
Se questo è stato vero agli esordi di questa soluzione
politica, sicuramente con l'andare del tempo e soprattutto adesso,
sta diventando sempre più improbabile pensare alla tenuta della
maggioranza a guida BJP senza l'appoggio di partiti e movimenti
sostanzialmente fascistoidi (se non propriamente fascisti) come la
RSS.
La questione che sta infiammando l'Unione Indiana negli
ultimi tempi è legata ad una misura legislativa che si chiama
Citizenship Amendment Act e sarebbe la Legge di Emendamento
sui diritti di Cittadinanza Indiana. Tale legge, abbreviata in CAA, è
entrata in vigore il 10 gennaio scorso e non specifica esplicitamente
una discriminazione nei confronti di una comunità o un'appartenenza,
ma stabilisce dei criteri di assegnazione di cittadinanza favorevoli
(rispetto all'atto precedente, del 1955) a coloro che appartengono ad
alcune confessioni religiose.
La cosa significativa però è che esclude dalla platea
dei possibili beneficiari i musulmani, tra altri soggetti. La legge
esplicita che coloro i quali appartengono alle comunità religiose
Hindu, Sikh, buddiste, giainiste, parsi (mazdeisti) e cristiane e
sono oggetto di persecuzione in tre paesi limitrofi (Pakistan,
Afghanistan e Bangladesh), si possono avvalere di un diritto di asilo
esteso al punto di concedere la cittadinanza con grandi facilitazioni
rispetto alle norme vigenti in precedenza.
Per farvi capire le dimensioni del problema, citando una
celebre hit musicale del
tempo che fu, provate a gestire una situazione in cui -solo in India-
ci sono centottanta/centonovanta milioni di musulmani. E questi sono
solo loro. Nel senso che al di fuori dei confini dell'Unione ci sono
subito tre paesi dove i musulmani sono maggioranza indiscussa. Per la
cronaca, a braccio, una quarantina di milioni di abitanti in
Afghanistan, centosettanta in Bangladesh, duecento in Pakistan.
Oppure immaginate di gestire la simpatica situazione dell'India
meridionale discriminando i Tamil. Atei/agnostici, anybody?
Tranquilli, sono solo una quindicina di milioni.
L'attuale presidente dell'Unione Indiana, Modi, deve il
suo successo politico alla gestione dei fatti del Gujarat, uno Stato
indiano dove ci sono state violenze di massa nei confronti delle
comunità islamiche, con migliaia di morti. Non che queste ultime
siano state a guardare, ma non c'è stata praticamente partita. Come
quando ti capita di giocare in campionato contro i cocchini del
palazzo.
Per questioni squisitamente numeriche, ovviamente la
comunità islamica indiana riveste un ruolo molto particolare. Andare
a sostanzialmente escluderla da questa operazione comporta rischi
gravissimi.
Di questi tempi per far capire un briciolino alla gente
cosa significa la guerra e i suoi collegati, gli devi spiegare che
sostenerla porta a pescare nelle sue tasche e altro. Allora proviamo
così. Provate un secondo ad immaginare se, destabilizzando l'area
con queste misure discriminatorie di cui abbiamo parlato, si mette in
moto l'uno per cento delle persone interessate.
In Italia venti-trentamila migranti all'anno sono
bastati a metterci in ginocchio. Nel quadro tracciato qui sopra, a
braccio parliamo di duemila milioni di persone. Il cui uno per cento
fa -a spanne- venti milioni. Che sono all'incirca mille volte il dato
dell'Italia-in-ginocchio. Mille volte tanto.
Qualcuno ha tenuto a mente limiliardidieuri che gli
europei hanno sganciato all'amico Recep,
come viene affettuosamente soprannominato Erdogan nella blogosfera
russofona, quando ha minacciato di aprire i cancelli ai potenziali
migranti frutto della giudiziosa gestione occidentale del conflitto
siriano? Mettete in relazione quegli importi di pecunia a quegli
importi di gente che poteva andare a zonzo. Poi provate a fare una
moltiplicazione con i possibili importi dei nuovi possibili zonzandi
all'orizzonte. Per caso qualcuno riesce a mettere in relazione tutto
questo alla nobile accelerazione dell'interesse del parlamento
europeo (sei mozioni al momento se non erro) per questioni di
politica interna indiana?
Immagino Bonvi avrebbe commentato con un “Ach.”.
Le cose non si fermano qui, perché in realtà per tutta
una serie di meccanismi assolutamente pertinenti alla particolare
storia recente indiana e che coinvolgono l'intera sua regione del
cosiddetto nord-Est, il cui caso più spinoso è quello dell'Assam,
in realtà questo provvedimento legislativo andrebbe ad innescare
discriminazioni che andrebbero a colpire anche comunità con
identificazione etnica. Nel caso non fossero bastate le
discriminazioni su base religiosa, eh.
Il punto nodale della questione è che per la prima
volta da quando l'Unione Indiana si è data una Costituzione
(ratifica: Novembre 1949, in vigore: 26 Gennaio 1950) si introduce un
criterio di discriminazione che è assolutamente contrario proprio a
quei principi costituzionali enunciati nel preambolo della stessa.
Poi, ad essere un goccino più pignoli, si passa ripetutamente col
trattore sopra all'articolo costituzionale numero 15: No citizen
of India shall be discriminated on the basis of religion, race,
caste, sex or place of birth [“Nessun
cittadino dell'India sarà discriminato sulle basi di religione,
casta, sesso o luogo di nascita”].
Per il momento diciamo che sembra proprio che il
bordellimetro sia già messo abbastanza sotto sforzo. Ma se siete
stoicamente sopravvissuti alla lettura sin qui, immagino vi spetti
almeno un minimo sindacale di ulteriore suspance.
ZanZanZanZanZan... [incombere ansiogeno di archi su
registro grave]
Un'ulteriore misura enunciata dal governo indiano, non
ancora entrata in vigore ma su cui si sta lavorando alacremente, è
il cosiddetto National Register of Citizens (Registro
Nazionale dei Cittadini: NRC). Questo introdurrebbe
-stravolgendo gli atti legislativi predisposti in passato- l'onere
della prova storica sui cittadini affinché siano riconosciuti come
tali dalle autorità dello stato.
Il Signor Rossi, di punto in bianco, dovrebbe andare a
trovare le prove storiche della sua cittadinanza. Tipo da dove veniva
la nonna, e tutto il collegabile possibile.
E' subito evidente il costo persino probabilmente
insostenibile per intere masse di popolazione che vivono al limite
della sussistenza o anche al disotto di essa, ma la questione più
esplosiva è che questo significa giocoforza andare a disseppellire
tutti quegli eventi assolutamente laceranti che hanno portato alla
creazione dell'Unione Indiana sulle basi attuali.
Come non ricordare ad esempio la divisione archetipale
che ha portato a suddividere l'India britannica in India e Pakistan
con la più grande emigrazione della storia o la terribilmente
sanguinosa guerra che ha portato all'indipendenza del Bangladesh?
Insomma, queste due misure combinate sembrano
predisporre uno scenario più che temibile in una delle più popolose
aree del pianeta.
In India, piuttosto-tantina-gente non ha dormito e le
proteste sono iniziate dappertutto nel paese. Operai, contadini (eh
già, esistono ancora economie produttive di ciccia), movimenti di
donne, partiti politici si sono mobilitati su una scala numerica per
noi incomprensibile. Considerando che hanno recentemente fatto uno
sciopero generale con duecentocinquantamilioni di partecipanti, fate
voi.
Ci sarebbe da sfiorare il fatto che è anche diventando
incomprensibile per noi lo stesso mobilitarsi, ma sopravvoliamo con
magnanimità.
E lo Stato?
Eh.
Tanto per andare sul sicuro, si è messo a marzagrare
senza un domani. Chissà, forse ha preso spunto dall'opera di governo
di D'Alema. Ricordo che all'epoca sembrava volesse battere il record
di mazzulare tuttipropriotutti.
Proteste, botte. Più proteste, più botte. Conoscete la
progressione. Dalle botte alle pallottole, e vai coi funerali.
Ad un certo punto hanno cominciato a protestare per
benino le università indiane. Che oltre che essere parecchie, hanno
anche popolazioni studentesche che arrivano ad avere numeri di
considerevole entità.
Ovviamente la protesta nelle sedi universitarie è stata
percepita dal governo come particolarmente pericolosa. Ne consegue
che quest'ultimo non c'è andato di scartino. Prendete la Diaz e
moltiplicatela per enne fattori a vostro piacimento.
La variante locale si è arricchita della collaborazione
repressiva da parte di squadristi (avete presente la RSS di prima?)
che hanno agito indisturbati sotto gli occhi delle forze dell'ordine.
Un caso da manuale di outsourcing,
insomma, subappalto. A partire da almeno la metà del Dicembre
scorso, gli atenei indiani sono diventati teatro di una
manifestazione sportiva di picchiaemena (+ancheunpo'spara) su scala
subcontinentale. Ho provato pena per i nostri agonisti equivalenti
che devono accontentarsi di giocare in condizioni lillipuziane, al
confronto. Per quelli francesi meno, si stanno allenando con
profitto, mi pare.
Il marzagramento implementato (odio il barbarico
inglesismo ma qui secondo me si sposa bene con le violazioni al
principio di incompenetrabilità dei corpi tipico della cinetica
contundente) ha provocato una reazione molto lontano.
Sono iniziate
sporadiche proteste, da parte di studenti, ricercatori e residenti
indiani a giro per il mondo. Incredibilmente, senza agenzie straniere
istituzionali (tipo National Endowment for Democracy),
miliardari filantropi e fior di studi di PR, si è venuto a
costituire un movimento su scala europea: Voices against
CAA-NRC from Europe (“Voci
dall'Europa contro CAA-NRC).
La cosa che mi lascia davvero basito è che sia avvenuto
senza ambasciate americane di mezzo. Sul serio!
Per circostanze a me
oscure, mi è capitato di esserci al momento zero, o meno uno, della
costituzione del movimento in quel della mia natale Pisa. Che fra
Università Statale, Scuola Normale, Sant'Anna et cotillons
ospita un buon numero di indiani in accademia. Tutto è stato
rapidissimo e gioiosamente anche goffo (me per primo: parlo del
goffo).
Il movimento è nato fra studenti ma sta integrando in
tempo reale residenti non accademici. Si è costituito come
democratico e totalmente inclusivo e non ha né cerca al momento
apparentamenti politici codificati. Conosce la retorica dell'attuale
governo indiano, che attacca qualsiasi elemento critico tacciandolo
come antinazionale.
Capisco che alle nostre italiche orecchie toccare cose
tipo patriottismo e simili, innesca meccanismi pavloviani legati al
sequestro di certa semantica da parte del ventennio. Però sarebbe
opportuno provare a capire il messaggio che portano avanti questi
ragazzi. Nel senso, se c'è qualcosa di interessante dal punto di
vista della sua utilità.
Il movimento europeo si è inizialmente espresso con un
documento unitario -a mio giudizio molto blando- che forse rischia di
cadere in una dimensione corporativa, da gilda.
L'esperienza pisana invece ha fatto un salto quantico.
Il documento finale prodotto in cui si è espresso e definito
localmente il movimento è una lettera aperta al governo indiano.
Comincia a guadagnarsi
il nome di Charter of Pisa,
la Carta di Pisa, e sta influenzando l'intero movimento su scala
europea.
Propone un'analisi politica in cui si evidenzia il ruolo
diversivo delle misure di CAA e NRC, volte a distogliere l'attenzione
pubblica dall'affrontare le pesanti realtà della crisi economica e
del fallimento delle politiche di governo. Consiglio di dare
un'occhiatina alla strage per suicidio dei contadini indiani. Non
propone semplicemente dei 'contro', ma insiste su 'per' cruciali.
Chiede Lavoro, Sanità, Istruzione e la fine della deriva politica in
corso.
Capisco, credo, (alcune del)le critiche che possono
sorgere in automatico. Tutto sommato, similitudini con l'acqua calda.
Ci sarebbe un però.
Questa analisi, critica e proposta politica viene
espressa da giovani che non hanno alcuna esperienza alle spalle in
questo senso. Che vengono da una cultura dove il rispetto della
gerarchia e dell'autorità sono vissute in modi a noi
incomprensibili, e vivono la minaccia di una repressione governativa
che può tranquillamente avere una portata oltre i mari. Che
appartengono ad identità anche profondamente diverse, nonostante
provengano dallo stesso paese.
Se ho avuto ed ho un ruolo in tutto questo, è quello
del testimone. Più di tutto, di un'esperienza vissuta in diretta, in
tempo reale, di quell'apprendistato della politica nel senso intimo
del termine, quello dello scegliere, del prendere decisioni per se
stessi *E* in relazione ad altri. E farlo nel suo senso -per me-
nobile del termine, quello del dopo, quello dei costruttori che
pensano a quelli che ci saranno dopo di loro. E non quello dei
predoni, che razziano un bottino immediato a spese degli altri e del
futuro di tutti.
Sabato 1 Febbraio il movimento pisano Voices against
CAA-NRC from Europe-Voci
dall'Europa contro CAA-NRC terrà la sua manifestazione a Pisa in due
momenti. Dalle 15.00 in Piazza Garibaldi per poi trasferirsi in
Piazza dei Miracoli dalle 16.30, davanti a quel complesso monumentale
che nel suo sincretismo è forse il più noto esempio al mondo di un
messaggio universale rivolto all'essere umano.
Saremo quelli che saremo, ci sono cose (che non sono
cose) che non si misurano a chili.
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