Se perdi casa perdi anche lavoro. Tra valori immobiliari e disvalore umano

Ormai il bisogno di casa non fa piu' notizia, se non fosse per i movimenti dell'abitare e per Unione Inquilini l'argomento sarebbe da tempo caduto nel dimenticatoio. Eppure stiamo parlando di uno dei piu' gravosi problemi sociali che riguarda da tempo anche chi un lavoro lo ha già. Sono molte le famiglie con reddito insufficiente tra basse pensioni, contratti part time e una precarietà che da lavorativa si è trasformata in precarietà sociale ed esistenziale. 

Un vecchio detto degli anni settanta diceva che perdere lavoro determinava anche la perdita di casa e con essa l'inizio di una debacle familiare con nuclei costretti a situazioni di emergenza e soluzioni ben poco dignitose. La perdita di una casa porta con sè, squilibri, sofferenze, problematiche relazionali e anche un senso di vergogna che spesso e volentieri determina problemi di salute.

La stessa nozione di emergenza abitativa  oggi adottata è fuorviante, è ristrettivo parlare di nuclei familiari in possesso dei requisiti di legge, bisognosi di un alloggio popolare da reperire con celerità e in tempi decisamente piu' rapidi di quelli previsti per accedere alle  assegnazioni ordinarie di edilizia popolare. Perchè l'emergenza abitativa riguarda un platea decisamente piu' estesa, si va da chi abita in case che non andrebbero definite tali , le famiglie numerose costrette a convivere in pochi metri quadrati, i nuclei ospitati da genitori e parenti, quanti sono costretti alla coabitazione tra diversi nuclei familiari per sostenere le spese dell'affitto , le famiglie monoparentali che possono permettersi solo una stanza dentro un appartamento con piu' affittuari, il bisogno reale di  casa non riguarda insomma solo quanti si trovano sotto minaccia di sfratto.

Nelle città storiche il valore immobiliare delle abitazioni è aumentato con l'arrivo degli affitti Airbnb, allo stesso tempo i costi di un canone  o lo stesso acquisto di una casa sono arrivati a livelli insostenibili per le classi sociali meno abbienti spinte verso le periferie o i piccoli comuni vicini alla città.
Il valore immobiliare è cresciuto nei paesi liberisti dove le privatizzazioni hanno prodotto maggiori danni, sono le nazioni nelle quali l'acquisto di una abitazione è diventato proibitivo. 
Ma il valore immobiliare è decisamente aumentato anche nei centri storici a seguito di processi avvenuti in silenzio per oltre un ventennio. Parliamo della espulsione dei ceti popolari dai centri storici, case private senza manutenzione per decenni, la loro fatiscenza costruita ad arte e prodotto anche della scarsa attenzione riservata dalle Giunte locali di un tempo verso queste aree.

Fatto sta che a partire dalla fine degli anni ottanta molti centri storici hanno iniziato a spopolarsi, gli abitanti spinti verso i quartieri dormitorio periferici, le piccole attività artigianali e commerciali chiuse in fretta e furia, interi palazzi venduti e subito ristrutturati per acquisti lussuosi o canoni locativi decisamente alti.

Al resto ha pensato la bolla immobiliare del 2008, in tanti potevano permettersi l'acquisto di una casa salvo poi non riuscire a pagare le rate del mutuo cedendo di fatto l'immobile all'istituto di credito o venduto per quattro soldi all'asta.

Al resto ha pensato il processo avviato negli Usa con gli affitti brevi, i cosiddetti B&B che hanno determinato un aumento del valore immobiliare con affitti e prezzi schizzati alle stelle.

In questo modo hanno ridisegnato la mappa dei centri storici, la stessa composizione sociale ha subito delle profonde trasformazioni con le classi popolari praticamente espulse, l'arrivo di tanti locali ad uso e consumo di turisti (parliamo dei centri storici delle città appetibili dal turista straniero o italiano che sia)

Un intreccio, spesso invisibile ma onnipresente, tra speculazione finanziaria ed edilizia ha determinato cambiamenti profondi ma anche reso impossibile per molti l'affitto o l'acquisto di una casa.

E cosi' l'emergenza abitativa ha riguardato anche classi sociali che si credevano immuni dal rischio, la crisi economica, l'aumento della precarietà e la perdita dei posti di lavoro, i tanti part time imposti dalla azienda hanno abbattuto il potere di acquisto di salari e pensioni proprio quando il valore degli immobili aumentava vistosamente.

La questione abitativa è strettamente connessa alle problematiche del lavoro, chi perde lavoro spesso è costretto a vendersi casa o a cederla ad un istituto di credito per la impossibilità di pagare il mutuo. Sulla difficoltà di acquisto pesa proprio la precarietà salariale e lavorativa, gli stessi mutui vengono accordati con richieste di credenziali sempre piu' difficili da presentare.

Gli ultimi dieci anni hanno forse contenuto l'aumento dei costi per i canoni locativi e l'acquisto di case ma non nei centri storici dove gli affitti Airbnb hanno alimentato la spirale speculativa ridisegnando le geografie umane degli autoctoni. Centri storici vetrina e per turisti, classe sociali meno abbienti in periferie, scarsa manutenzione del patrimonio di edilizia popolare pubblico con palazzi spesso fatiscenti e sinonimo di degrado anitativo e sociale.

E in questi ultimi 25 anni non ci si è occupati del recupero del patrimonio di edilizia popolare, si è osteggiato l'autorecupero proposto dai comitati degli inquilini, la casa diventa cosi' il terreno di scontro sociale ma anche il terreno di lotta di movimenti che hanno subito feroci repressioni.

Ecco le ragioni per le quali il nesso tra casa e lavoro è piu' che mai di attualità



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