Garantiti o esclusi? Ma è questo il problema nel mondo del lavoro?

E' di pochi giorni fa la Sentenza della Suprema Corte, in data 20 gennaio, che riconosce tutele maggiori ai riders. Di sicuro la Sentenza è di grande aiuto ma solo se riusciamo a guardare all'intera gig economy e ad una sterminata platea di lavoratori precari e senza diritti.

Il problema non è nell'antitesi, costruita ad arte, tra i lavoratori garantiti e i precari senza tutele, negli anni scorsi c'era perfino chi invocava la riduzione di tutele per i primi a favore dei secondi, come se i diritti sociali, clasuole sociali e tutele collettive non riguardassero la totalità del mondo del lavoro almeno come rivendicazione unitaria da sostenere con forza. In realtà le tutele sono sempre piu' basse, le clausole sociali facilmente aggirabili, pensare di togliere qualche diritto o porzioni di salario ad alcuni per favorirne altri non funziona soprattutto se parliamo di lavoratori con redditi annui medio bassi. Altro discorso andrebbe fatto per i redditi da capitale ma la patrimoniale nel nostro paese è un tabu'.

Ad oggi l'Inail assicura oltre 20 milioni di lavoratori, per l'esattezza 20,8, ma sicuramente sono tanti quelli esclusi, parliamo di migliaia di lavoratori escludendo vigili del fuoco e forze dell'ordine che hanno un regime di tutele a parte o i quasi due milioni di commercianti titolari di imprese individuali. Ma siamo capaci di individuare tutte le figure escluse dalle coperture Inail e prive in toto di coperture ? Quanti sono i lavoratori al nero e cosa comporterebbe una copertura Inail in toto? E quando parliamo di tutele non sarebbe il caso di includere quanti non hanno soldi per le cure sanitarie?

 E'  forse possibile continuare a pensare ai ciclo fattorini come lavoratori autonomi quando il loro lavoro è a tutti gli effetti dipendente dalle piattaforme? 

Il problema non riguarda solo l'Italia ma tanti altri paesi europei, in materia di lavoro esistono normative differenti e spesso in contraddizione tra di loro, un variegato panorama di tutele, o di mancate tutele, che alla fine favorisce i paesi dove il costo del lavoro è minore o ove è piu' facile aggirare controlli e regole. E attenzione che il problema non riguarda solo i ciclo fattorini ma innumerevoli altre figure professionali, per questo anche le tradizionali distinzione tra subordinazione e autonomia vanno profondamente riviste alla luce del ruolo delle piattaforme.
Il riconoscimento dello status di lavoratori subordinati comporta non solo riconoscimento di diritti e tutele ma è anche fonte di spesa per lo Stato.

E cosi' il riconoscimento di tutele e diritti si trasforma , e non solo nel caso dell'Inail, in una sorta di rebus dipendente dalla disponibilità economica o meglio dal rispetto di tetti di spesa.

I diritti sociali e inalienabili diventano una variabile dipendente dai parametri europei e da quelli nazionali, possono essere conquistati in caso di lotta del movimento operaio ma all'occorrenza venire negati con valutazioni giuridiche dietro alle quali si agitano in realtà interessi economici o la paura dell'effetto domino (dopo un diritto esteso ad una platesa piu' grande arriveranno altre rivendicazioni...).

In Italia sono pochi i veri garantiti ma numerosissimi gli esclusi e i senza tutele, basta ricordare chi è senza casa, chi senza lavoro o ha lavori con retribuzioni cosi' basse da determinare continui indebitamenti. Forse dovremmo chiederci cosa voglia dire essere tutelati in un paese nel quale i salari perdono potere di acquisto e in cui i licenziamenti avvengono senza opportunità di reintegra. Sarebbe gà un buon inizio.

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